prologo

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Lo sguardo color ambra del ragazzo osservava attentamente tutte le facce dei suoi compagni di classe.
Quelle facce brutte, monotone e inespressive di cui,purtroppo,conosceva i tratti.
Era così stufo di tutte quelle persone, chi fossero importava poco.
Era come se vedesse tutto grigio, e gli unici colori che distingueva fossero stati il bianco e il nero.
Si era così stancato di tutto quello, il cielo sempre grigio di quella banalissima (e grigissima) prefettura dove abitava, lo sguardo vuoto che gli veniva rivolto dalle persone e, soprattutto, di quel grigio che lo avvolgeva come una spirale.
Poi, quella mattina.
Quando era entrato in classe, con fare quasi solenne e rassegnato aveva posato lo zaino sul banco e si era guardato intorno.
Beh? Tutto normale.
Non che effettivamente si aspettasse qualcosa.
Detestava ammetterlo, ma questa monotonia un po' gli piaceva.
Era sicuro che se fosse cambiato qualcosa, lui non sarebbe più stato lo stesso.
E aveva ragione.
Infatti, quando da lì a pochi minuti vide entrare in classe un volto nuovo, qualcosa in lui cambiò per sempre.
La cosa che lo colpì di più, a detta sua, furono le lentiggini che si potevano vedere sulle guance del ragazzo appena entrato in classe.
Pensò immediatamente che fosse una delle cose più belle che avesse mai visto, forse la più bella in assoluto.
Subito scacciò dalla mente questi pensieri, non era abituato a sentirsi pensare certe cose.
Fatalità volle che il ragazzo dalle lentiggini curiose si sedesse proprio vicino a lui.
Quasi senza volerlo, il ragazzo lentigginoso e dai capelli di un colore bizzarro, gli aveva dato una ragione per andare avanti.
Kei Tsukishima, finalmente, aveva un motivo per non mollare tutto nel mezzo della sua esistenza.
Il ragazzo, che Tsukishima scoprì chiamarsi Yamaguchi, ogni giorno sedeva vicino a lui ed era praticamente l'unico che Tsukishima non cacciasse brutalmente ogni volta che provava a rivolgergli la parola.
Yamaguchi, dal canto suo, era perfettamente consapevole di non dargli fastidio quando parlava con lui, ma era comunque intimorito dagli sguardi che il biondo scagliava agli altri, e l'idea che potessero colpire anche lui lo terrorizzava.
Quando Tsukishima disse a Yamaguchi quello che pensava riguardo alle lentiggini, il moro confessò che proprio era un aspetto di sé stesso che disprezzava.
Sono solo macchie della pelle, diceva.
Ma a Tsukishima piacevano tanto.
Soprattutto quando diceva qualcosa fuori posto o, al contrario, troppo azzeccato, le guance del moro si tingevano di un rosso vivo, cosa che, secondo Tsukishima, rendeva Yamaguchi veramente adorabile.
Tsukishima si era oramai abituato alla presenza del ragazzo lentigginoso, e non credo c'entrasse molto il fatto che fossero vicini di banco, o quasi.
Anche dopo la scuola i due ragazzi passavano molto tempo insieme, forse la maggior parte del loro tempo, e questo faceva piacere ad entrambi.
Che fosse stato al parco, in giro, a casa di uno dei due o in qualsivoglia altro posto.
Era come un incontro improrogabile, che si ripeteva giornalmente.
Che stessero in silenzio con il ronzio della musica di Tsukishima in sottofondo,ad ascoltare il cinguettio degli uccelli sdraiati su un prato o a guardare file di persone e macchine sfilare, loro stavano bene l'uno con l'altro.
Non che fosse qualcosa di troppo serio, certo.
Si conoscevano relativamente da poco e nonostante questo il loro legame era già solido come un cavo d'acciaio.
Non si sarebbe spezzato facilmente, anche se proprio questa sicurezza avrebbe potuto portare uno dei due ragazzi a compiere gesti sconsiderati.
Nonostante particolari e dettagli che sfumano ogni amicizia, la loro era una specie d'intesa;
si accettavano per quello che erano davvero, così, senza parole di troppo.

That damned smile /TsukkiYama/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora