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Non ci riuscì.
"Scusa Tsukki, ci ho provato".
Pensava questo, mentre saltava al collo del più alto fra le lacrime.
Il moro voleva solo ringraziare Tsukishima, per averlo ascoltato, per averlo capito e soprattutto per non averlo giudicato.
Tsukishima era imbarazzato, per quel gesto dell'amico così improvviso.
Il biondo ricambiò l'abbraccio, e Yamaguchi smise di piangere.
Sorrise, Yamaguchi sorrise, e questa volta era lui.
Quel dannato sorriso.
Tsukishima smise di abbracciare l'amico e gli mise le mani sulle spalle, allontanandolo da sé.
‹Yamaguchi...›
Non finì la frase, anzi non la iniziò nemmeno.
Pronunciò il nome dell'amico e lo guardò negli occhi.
Aveva smesso di piangere.
L'occhialuto senza quasi volerlo sorrise.
Anche lui.
Ed era così bello, vederli sorridere insieme, le scie delle lacrime che si potevano ancora scorgere sulle guance del più piccolo.
Da lontano sarebbero sembrati semplici amici dopo una litigata, o una coppia che si stava riconciliando o anche che stava nascendo.
Poi, un cielo blu contornava il tutto.
E fu il turno di Tsukishima.
Fu proprio il biondo a cedere stavolta.
In un istante il suo volto era a pochi millimetri da quello di Yamaguchi e i loro nasi quasi si sfioravano.
Yamaguchi sorrise, non era imbarazzato.
E così Tsukishima.
E poi, cedettero insieme.
Le loro labbra si sfiorarono, per solo un paio di secondi. Nulla di più, nulla di meno.
Fu questo breve e delicato contatto a far scattare la scintilla fra i due amici.
Anzi, credo che a questo punto non fossero nemmeno più semplici amici.
Cosa fossero non lo sa nessuno dei due.
Solo, non erano amici e nemmeno una coppia... erano loro.
Semplice, no? No.
‹stai bene?›
Nel silenzio più assoluto, il più alto rivolse queste parole al moro.
In tutta risposta, lui si limitò ad abbracciarlo.
Lo interpretò come un sì.
Sorrisero entrambi e si guardarono negli occhi per scoppiare a ridere come due scemi.
Poi, si alzarono dalle altalene e decisero che quello era il momento di lasciare il parco.
Si avviarono verso il cancello, e uscirono, l'uno di fianco all'altro.
Decisero di andare a casa del moro, dato che era vuota e non c'era rischio di venire disturbati e interrotti in qualunque cosa fosse successa.
Arrivarono davanti alla casa di Yamaguchi, che altro non era che una semplice casetta su un piano, non troppo grande e non troppo piccola. Insomma, perfetta per una persona che viveva da sola.
O quasi.
Il più basso aprì la porta, e diede modo al biondo di vedere un corridoio scuro e corto.
Entrò per primo, e accese la luce.
Le pareti erano bianche, scrostate in alcuni punti.
Le finestre avevano tutte le tapparelle abbassate, ma Tsukishima intuì che non fosse perché il padrone di casa era appena tornato.
Le porte, alcune non c'erano proprio, altre erano sfregiate e altre ancora scardinate.
Una cosa attirò l'attenzione del ragazzo con gli occhiali più di tutte; le pareti, le porte e in alcuni punti persino il soffitto, erano piene di disegni.
‹E questi? Cosa mi significano questi disegni?›
Yamaguchi sorrise di nuovo e guardò l'amico che stava guardando i disegni come se fossero l'opera d'arte più bella, spaventosa e misteriosa che potesse esistere.
‹Li abbiamo fatti insieme.›
Ovviamente, Tsukishima capì, si stava riferendo a sé stesso e a Nagatsuka.
‹Una cosa su cui io e lui siamo sempre andati d'accordo, è il disegno.›
Yamaguchi sorrideva nel pronunciare quelle parole.
E il più alto pensava a un modo possibile, che non fosse Yamaguchi , di racchiudere tutta questa bellezza e pericolosità in una sola cosa.
‹Infatti, prima che lui morisse, noi ci raccontavamo quello che facevamo attraverso i disegni.
È una specie di lingua complicata che capiamo solo noi, e oltre ai disegni usavamo un quaderno dove scrivevamo quello che facevamo per farlo leggere all'altro.›
Sorrise ancora.
‹E i quaderni che fine hanno fatto?›
‹Li ha bruciati.
Probabilmente sapeva di doversene andare, e sapeva anche di essere un criminale.
Quindi, per evitare che arrestassero me, ha bruciato le prove, comunque non ritenendo utile cancellare i nostri disegni.›
Fece un altro sorriso malinconico e guardò il biondo.
‹Ti mostro la stanza.›
Camminò per il corridoio e aprì una porta sgangherata, dove sopra c'era disegnato una specie di occhio triangolare, bello grosso e molto in vista.
‹E quello che vuol dire?›
Tsukishima alludeva al simbolo sulla porta.
Yamaguchi si guardo intorno e poi guardò Tsukishima.
‹Quello, Tsukki,lo faceva Shoya quando uccideva qualcuno.
Ne puoi notare tanti, anche più piccoli e sparsi ovunque.
Ma questo l'ha fatto ieri.›
Infatti, il segno era fresco.
Piccole gocce che cadevano e lasciavano scie stavano a segnare quanto fosse recente quel segno.
Era stato dipinto con della vernice rossa, e nel mentre si avvicinava alla porta per entrare, Tsukishima iniziò a sentire odore di...sangue.
Osservò il segno e capì che era da lì che proveniva l'odore.
Fece un mezzo sorriso ed entrò nella stanza.
C'era da aspettarselo.

SPAZIO ONIGIRIIIIIIIIIIIII

Hey hey Hey fragoline, non scrivo mai, che strano.
Eppure sono una chiacchierona maledetta.
Comunque.
Chi ha capito la reference me lo dica aw
Sono sempre felice se la gente capisce quello che dico :3
Ciao fragoline,al prossimo capitolo

<Yume

That damned smile /TsukkiYama/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora