Capitolo 1: Sabato 20

194 53 67
                                    

Era una tranquilla sera d'estate.
Matteo, stremato dall'allenamento, decise di tornare a casa con l'autobus. Tra mille pensieri che gli frullavano nella testa, era lì, in piedi, aspettando la corriera alla stazione. Toccò un attimo le tasche dei pantaloni: sì, aveva preso le cuffiette. Dopo aver sciolto quel groviglio di fili, inserì il jack nel telefono e mise gli auricolari. Sunset03, applicazioni, Spotify, Coldplay, Ghost Stories, Midnight... La canzone iniziava e arrivava l'autobus.

In the darkness, before the dawn...

Matteo salì, timbrò il biglietto. Ma è nuovo questo autista? Sotto gli occhi di tutti, percorse il corridoio e si sedette. Alzò il volume della canzone. Si guardò intorno: la corriera era più affollata del solito. Ma chi è quella laggiù? Dopo poco la ragazza si voltò distrattamente e lui la riconobbe: era Mary, la ragazza che gli piaceva. L'aveva vista la prima volta ad una festa in riva al mare il 16 giugno. Lei abitava nel suo stesso paese; era alta, capelli bruni, occhi chiari. Il suo viso, ma in generale il suo corpo, rispecchiava il suo essere: precisa e curata. Lei era l'unica persona che gli faceva provare le famose "farfalle nello stomaco": una sensazione dolceamara, secondo lui. Da una parte c'è imbarazzo, interesse, come se l'obiettivo del cuore mettesse a fuoco solo quella persona. Quant'è bella! Forse questo è l'amore. Dall'altra vi è quella sensazione agrodolce di fragilità e insicurezza che non gli piaceva tanto. Doveva assolutamente invitarla ad uscire.

Running round and with apologies...

Solitamente Matteo, in corriera, passava il tempo facendo un gioco: cercare di indovinare la personalità dei passeggieri intorno a lui. Quel giorno aveva molto materiale con cui divertirsi. Laggiù, in fondo a sinistra, dietro l'autista, c'era un cinese. Secondo lui aveva attorno i quarant'anni. Viso piccolo, vestito bene, capelli neri con un'acconciatura di giornata. Il costoso orologio al polso rifletteva, probabilmente, la volontà di mostrare la sua ricchezza. Ad un certo punto vide cadergli da una tasca dei jeans un bigliettino. Non si leggeva niente, solo un logo. Ah, aspetta. Aveva già visto quell'immagine: la gioielleria del centro. Uomo, quarant'anni, cinese, proprietario (?) di una gioielleria in centro città, fiero del suo aspetto fisico (come si deduce dal modo in cui siede, sfoggiando il nuovo taglio) e probabilmente molto freddo al primo impatto.

Milions are lost from home...

Il sole era calato da poco. Le calde luci dell'autobus riflettevano i volti dei passeggeri sui vetri. Ognuno, nella sua diversità, veniva immortalato lateralmente, facendo diventare i fianchi dell'autobus un'opera d'arte alla diversità del genere umano. Intanto Matteo continuava il suo gioco. A metà autobus c'era una donna, probabilmente italiana, capelli ricci e corti. Il viso era tondo e il naso piccolo. Portava anche degli occhiali. Poteva fare solamente un mestiere, la commessa. Molte cose lo facevano pensare a Matteo: il simbolo di un supermercato sulla maglia, la gobba e gli occhiali forse sono una conseguenza dello stare molte ore in cassa a leggere numeri. Secondo me si chiama Maria. All'apparenza sembrava essere una donna molto simpatica e amorevole, anche se le rughe sulla fronte davano l'idea di una donna molto seria. Un'altra persona analizzata!
Matteo alzò ancora il volume della musica, stava arrivando la sua parte preferita. Il ritmo cambiò per la prima volta, si aggiunse il piano, la voce di Chris che accompagnava come fosse uno strumento: semplicemente una gioia per le orecchie. Matteo chiuse gli occhi. Adesso non si trovava più nell'autobus. Stava viaggiando in una dimensione mistica, parallela, avvolto da luci colorate. Adesso fluttuava muovendosi ad alta velocità, ora si perdeva correndo felice in un campo di grano sotto un cielo rosso e viola.

Un brusco movimento della corriera lo risvegliò. Poco avanti a lui vide un uomo di colore che piangeva, accarezzando una foto di una donna, forse sua moglie. L'uomo era alto, attorno ai trent'otto anni, capelli corti e neri e il viso piccolo. Probabilmente lavorava in un cantiere edile, viste le mani un po' rovinate e qualche traccia di calce sul collo. Matteo continuava a fissare l'uomo, o perlomeno, le sue lacrime. Non erano tante, ma vere. Non erano accompagnate da singhiozzi, tuttavia sembravano essere provocate da una forte emozione. Le cristalline lacrime cadevano sullo stanco volto molto lentamente, tanto da suscitare in Matteo una forte tristezza. Decise d'interrompere "l'analisi" dell'uomo, rimanendo nel dubbio. Chissà cosa si celava dietro quegli occhi. Chi è la donna nella foto? Forse era meglio non pensarci. Ogni uomo ha una sua storia, fatta di sofferenza e felicità. Ogni uomo prova emozioni. Ogni uomo ha diritto a un suo mondo.

L'attenzione di Matteo fu catturata da una formica. Sì, una formica che gli camminava sotto il sedile. Strano. La osservava con molto interesse, cercando di immedesimarsi in lei. Come sarà l'autobus visto dal basso? Tutti quei volti, quelle storie, i problemi, erano estranei alla formica. Anche la realtà e l'esistenza, o perlomeno la consapevolezza di esse, le erano distanti. Nonostante queste differenze, le formica è molto simile agli umani. Entrambi per natura tendono a stare in gruppo e si gerarchizzano. Ognuno ha un mestiere nella società e quest'ultima elabora delle regole, delle leggi. Ma lei è un animale, un piccolo ed insignificante insetto.

In the darkness, before the dawn...

Ad un certo punto Matteo decise di uccidere la formica. Divertimento? Rabbia repressa? Forse per mostrare superiorità rispetto a quell'esile insetto a cui prima si era paragonato. Non si sa. Alzò il piede, e la guardò intensamente. Povera illusa, non conosce il suo destino. Il mondo per lei finirà da un secondo all'altro. Abbassò il piede, la formica era morta. Non cosciente ancora di dove si trovasse, senza motivo, morì.

In the darkness, before the dawn...

Improvvisamente Matteo sentì il suono del clacson della corriera. Poi un fascio di luce. L'ipotetica cassiera iniziò a strillare. L'autobus frenò bruscamente. Qualcuno cadde. Il cinese si coprì la faccia. Le calde luci si spensero. L'uomo di colore strinse forte la foto della donna. L'autobus sbandò verso destra. Un camion li aveva colpiti sul fianco ad alta velocità. Quello fu l'ultimo istante di Matteo. Non fece in tempo a strillare, a pregare, a togliersi le cuffiette. A piangere. Sirene, grida, fuoco. Perché proprio loro? Perché il destino ha voluto questo? Meglio non farsi troppe domande e riposare in pace.
Forse la fine della formica non era poi tanto male.

Leave a light, a light on...
-
Scusa lettore, scusa. So che in fondo ti eri un po' affezionato a Matteo. Anch'io devo riprendermi dalla sua morte. Ma il tempo scorre, la trama va avanti.
Questo "prologo", che hai appena letto, nasconde tanti messaggi utili per "assaggiare" i futuri sviluppi della trama.
Spero per te che la storia cambi in corso di scrittura, dato che ora come ora non è delle più positive.
Ma non perdere la speranza, perché c'è speranza tra le pagine.
Non viaggerai in mondi fantastici, ma scoprirai realtà parallele.
Forse avrai già capito il motivo del titolo, ma, in caso contrario, non disperarti, tutto ha suo tempo.
Tratto da un futuro verosimile.
Andrea Amore,
The ant game.

Ogni settimana un nuovo capitolo.

The Ant GameDove le storie prendono vita. Scoprilo ora