Capitolo XXI

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La piccola Juliana, ancora in veste da notte, corse a tutta velocità verso Margherita, che si trovava circondata da tutti gli altri: Josh, Albert e i membri della lega. Il suo volto, di solito sereno, era segnato dalla preoccupazione. Un silenzio carico di apprensione calò immediatamente su tutti, mentre l'atmosfera si faceva tesa e grave.

«Hellionor è in pericolo. Dovete andare a cercarla!» urlò Juliana, con gli occhi lucidi di paura.

L'accampamento sembrò congelarsi per un attimo, e tutti rimasero immobili, confusi e allarmati dalle sue parole. La piccola, pur nel suo stato di agitazione, non sembrava disposta a fare marcia indietro.

«Juliana, come fai a sapere che Hellionor è in pericolo?» chiese Albert, lo sguardo colmo di incredulità, cercando di comprendere la veridicità di quelle parole.

«L'ho vista... la mamma... in sogno,» rispose la bambina, la voce tremante ma purissima. «Mi ha parlato, mi ha detto che veglia su Hellionor, che la protegge, ma che bisogna trovarla in fretta. È in attesa che voi la raggiungiate.»

Margherita, che nel frattempo aveva preso Juliana tra le braccia, la strinse a sé, avvolgendola con una coperta per confortarla. Le sue mani tremavano mentre cercava di offrirle un po' di calore e sicurezza.

I membri della lega, subito colpiti dalla gravità della situazione, si scambiarono sguardi rapidi e determinati. Uno ad uno, indossarono le loro maschere, i mantelli che svolazzavano in segno di pronta partenza. L'imminente missione era chiara: dovevano salvare Hellionor, a qualsiasi costo.

Josh, che fino a quel momento aveva osservato senza intervenire, decise all'improvviso di unirsi a loro. Si fece avanti, i suoi occhi fissi sulla bambina, che ancora tremava tra le braccia di Margherita. Il suo gesto fu deciso, la sua voce ferma mentre dichiarava: «Vado anch'io. Non lascerò che succeda nulla a Hellionor.»
« Josh mi spiace ma è meglio che ti rimanga con Margherita e i bambini. La troveremo.» disse Albert con sicurezza.

In un attimo, il gruppo si preparò a partire. La ricerca non sarebbe stata facile, ma la determinazione brillava nei loro occhi. La piccola Juliana, pur se fragile e innocente, aveva dato loro la spinta decisiva per lanciarsi alla ricerca che divenne una corsa contro il tempo.

-

Erano le quattro del mattino quando Hellionor aprì gli occhi, ma ci volle un attimo prima che la sua mente si riprendesse dalla nebbia che avvolgeva il suo corpo. La luce fioca che penetrava attraverso le sbarre della cella era fredda e distante, e l'aria umida sapeva di polvere e marciume. Le sue mani erano legate con catene di ferro, e il dolore ai polsi lacerava la sua pelle. La testa le pulsava, un dolore acuto che la riportò brutalmente al presente.

Davanti a sé, la fenice si librava silenziosa, quasi come se fosse un'illusione, una presenza che non apparteneva a quel luogo di buio e disperazione. Nonostante fosse intrappolata, Hellionor sentiva che qualcosa dentro di lei non si era spezzato. Forse era quella visione, forse l'idea che, da qualche parte, la vita fosse ancora possibile.

Poi le voci. Il capitano, la sua voce gelida e autoritaria, si fece sentire nell'angolo buio della cella, seguito dal tono obbediente del tenente.

«La figlia del conte Edward è mia,» disse il capitano, e Hellionor poté sentire la sua soddisfazione crudele in ogni parola. «Non dovrà avere nulla, né acqua né cibo. Vedremo quanto resisterà. Vi affido le chiavi, tenente.»

Il suo cuore si strinse, ma non c'era tempo per la paura. Sapeva che se avesse ceduto alla disperazione, quella sarebbe stata la fine. La cella era un incubo: l'odore di umidità stantia e la polvere che entrava nei polmoni la soffocava. Il freddo penetrava fino alle ossa, e nonostante il gelo, Hellionor sentiva un calore diverso crescere dentro di lei, un calore che non veniva dal corpo, ma dal cuore. Era la forza di un ricordo, di un amore che nessuna prigione avrebbe potuto cancellare.

La leggenda della Portatrice Di Pace [IN CORSO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora