Casa Ander, 11.54
Avevo dimenticato cosa significasse dover ripulire casa dopo una festa, soprattutto dopo una bella sbronza. Guardai l'ora e non potei non ridere pensando che quel giorno la scuola sarebbe stata sicuramente deserta. Mi fa ridere anche pensare al fatto che basti un po' d'alcool a convincere qualunque persona ad andare ad una festa anche se è di giovedì sera.
Sapevo che non sarei mai riuscito a pulire tutto da solo, così chiamai i miei cari amici, che se avevano ancora intenzione di essere definiti tali dovevano alzare i culi dai propri letti e venirmi ad aiutare, considerando che l'idea era stata loro. In quindici minuti me li ritrovai davanti casa, con delle facce da zombie che facevano paura. In due orette, contando le mille pause, riuscimmo a sistemare la mia umile dimora.
"Bella festa, Ander! Ma come ti è venuto in mente di organizzarla di giovedì, non potevi aspettare un giorno?" parlò Samuel. "No amico. L'idea non è stata mia chiedi ad occhi azzurri li giù" dissi indicando Polo "E' colpa sua se adesso non sei a scuola,ma a casa mia a pulire la merda degl'altri" conclusi ridendo. "Hey, io ho solo preso la palla al balzo. Ci hai detto che i tuoi non c'erano e quindi..." "E quindi hai pensato di dare una festa, a casa mia. No, no, mi sembra giustissimo Polo. Non volevo mica fare una cenetta tranquilla fra amici eh!" la mia ironia fece ridere tutti i presenti, tranne Polo, che fingeva un pianto. "Non disperare amico, faremo presto questa cenetta" dissi ancora più ironicamente di prima.
I ragazzi si fermarono da me a pranzo, era bello passare del tempo così, forse anche più di una stupida festa. Ogni tanto tiravano fuori l'argomento scommessa, alla quale presero parte anche Samuel e Valerio; continuavano a chiedermi novità o semplicemente più dettagli, ma io restavo sempre sul vago, rispondendo con frasi del tipo vi renderete conto di quanto sta andando bene non appena avrò vinto. Ovviamente ciò che dicevo non rispecchiava la realtà e non mi interessava neanche che la rispecchiasse, l'unica cosa che davvero mi importava era capire cosa passava per la testa a Carla la sera prima. Ad interrompere quei momenti di tranquillità e spenzieratezza tra amici ci pensò Lu, con un semplice messaggio.
Lucrecia:
Ho bisogno di parlarti. Possiamo vederci oggi pomeriggio?
Ander:
Emh...okay. Dove?
Lucrecia:
Al bar in cui andavamo sempre, verso le 5.
Ander:
Va bene
Verso le tre e mezza salutai i miei amici e dopo dieci minuti arrivarono i miei. Mia madre non perse tempo a raccontarmi tutti i dettagli della notte passata a casa dei suoi amici. Neanche avesse quindici anni. Parlammo un po' e lei volle rassicurarsi che non ci fosse stata alcuna festa in sua assenza, le tolsi ogni dubbio, anche se non sbagliava a non fidarsi considerando i trascorsi. Tornai nella mia stanza e cominciai prepararmi per incontrarmi con Lu, mi aspettava una lunga camminata.
Bar, 17.03
Di lu non c'era traccia. Dopo cinque minuti la vidi arrivare, non aveva il solito sorriso. "Entriamo" mi disse senza neanche salutarmi. La seguii senza proferire parola, e mi accomodai al tavolo che lei scelse. Andò diretta al punto "Perché ieri sera Carla se n'è andata via piangendo? Che cosa diavolo è successo?" rimasi scioccato nel sentir dire quelle parole, non avevo la minima idea del perché stesse piangendo e non pensavo minimamente che potesse averlo fatto. Cosa avevo combinato ancora? "Non so perché stesse piangendo" risposi senza esitare. "Ander, l'ho vista uscire dalla tua stanza poco prima di andarsene in lacrime. Dimmi tutto!" non capivo perché stesse reagendo in quel modo, così le posi la questione che mi tormentava ormai da un po' "Le hai detto qualcosa di noi?" la vidi sbiancare "assolutamente no, Ander!" non mi sembrava che stesse mentendo, così le credetti sulla parola "adesso dimmi che cosa è successo." Nella mia testa c'era una lotta, tra il dirlo o non dirlo, ma a prevalere fu il raccontare tutto. Così le spiegai per filo e per segno l'accaduto, non trascurando nessun particolare. La vedevo cambiare espressione dopo ogni mia frase. Dopo che io ebbi finito di parlare lei restò un po' in silenzio, infine esortì "Io non credo che pensi sul serio tutto quello che ti ha detto. Per Carla l'acool funziona al contrario, non dice la verità, ma spara cavolate su cavolate." "Quindi sbaglia dicendo che tra me e te potrebbe esserci qualcosa?" Volevo capire se provasse davvero qualcosa per me, perché se così fosse stato prevedevo un macello. Puntò il suo sguardo nel mio "Io non lo so,Ander. È possibile che io provi qualcosa per te che va oltre l'amicizia, ma in ogni caso tu non ricambi e anche se tu lo volessi non potremmo concludere nulla, Guzmàn è tuo amico" "Io non voglio che tu stia male anche per me, capisci? Ho provato a consolarti i tutti i modi, ed ora sei nella stessa situazione di prima, solo che per me e non più per Guzmàn." le presi la mano, ma lei la ritrasse subito "non ho detto di amarti,Ander! Come non ho detto di stare male per questo." le lacrime cominciarono a rigargli il volto, bastò questo per farmi capire che in realtà pensava tutto il contrario di ciò che aveva appena affermato "Lu, andiamocene da qui. Ti porto in un posto" dovevo farla tranquillizzare, farle mettere un po' di pensieri da parte e non trovai soluzione migliore che portarla al lago dove andavamo sempre da piccoli. "Ander, non credo che dovremmo vederci ancora o andare da qualche parte insieme. Adesso vado a casa" fece per alzarsi ma la bloccai. "Lu, fidati solo di me, per favore!" Ci pensò un secondo e annuì.
Andammo a prendere la metro, in silenzio, nessuno dei due proferiva parola.
Arrivati a destinazione ci ritrovammo davanti ad un parco e lei si bloccò di scatto " ho capito dove vuoi portarmi, ma perché?" "Ti farà bene"
Ci addentammo nel luogo e dopo 5 minuti di camminata raggiungemmo il lago. Mi tolsi la felpa per farla sedere senza sporcarsi di terra.
"Allora, dimmi cosa ti ricorda questo posto"
rise e rispose "mi ricorda di quando non avevamo pensieri, e vivevamo di giocattoli e fantasie" risi anche io " Perché non provi a vivere di nuovo senza pensieri? Almeno le run po', almeno fin quando siamo qui. Parlami di tutto ciò che vuoi, basta che siano cose belle e positive. Allontana tutto ciò che ti causa preoccupazioni e ansia" fece un sospiro "d'accordo" ero contento che avesse smesso di farmi domande e che avesse accettato di provare a fare ciò che le avevo detto. "Se vuoi comincio io a parlare..." riflettei un secondo " ah cavolo! Ti ricordi di quando attaccammo una corda a quell'albero per riuscire a tuffarvi nel lago? Non finì tanto bene" ridevamo entrambi al ricordo di quei tempi "ti sei rotto un braccio, non finì bene proprio per niente" disse lei. " E quando abbiamo fatto il picnic dell'amore?" nel momento stesso in cui le riaffiorò quel ricordo di coprì la bocca con una mano e poi decise di proseguire lei con il racconto "oh mio dio! Avevamo undici anni e gli ormoni cominciavano a farsi sentire. Giocavamo al gioco della bottiglia per la prima volta e tu ti arrabbiavi perché non toccava mai a te" e continuammo così, a ricordare e ridere dei vecchi noi. Ci furono momenti più seri, nei quali entrambi ci aprivamo l'uno con l'altro e fu un pomeriggio sereno, lei era felice e anche io.
Verso la sera cominciò a piovere, così la riaccompagnai a casa e davanti l'uscio della sua porta mi schioccò un bacio sulla guancia e cominciò a parlarmi, fregandosene dell'acqua che continuava a scendere "Ander, ti ringrazio ancora una volta! E forse non dovrei dirlo, ma come può una ragazza non perdere la testa per te. Sai già quanto bene mi fai, ma ci tengo a ribadirtelo. E non mi importa se per te non è lo stesso, non sarà questo a cambiare quello che ultimamente sto provando per te. Giuro che nessuna falsa speranza di un futuro noi mi inganna la mente o mi provoca dolore. Quindi ti prego solo di non impedirmi e lasciarmi innamorare di te a mio rischio e pericolo. Buonanotte" ero spiazzato, le sue parole mi avevano sempre incantato, ma mai come in questo momento. "Lu aspetta! Non voglio darti false speranze, non so cosa sia l'amore e non ho idea di cosa tu possa aspettarti da me e io non voglio farti soffrire. Solo che, non ci sono parole per rispondere a ciò che mi hai appena detto, l'unica risposta che posso darti è questa..." le presi il viso tra le mani e la baciai. Un bacio profondo, pieno di passione, che non pensavo essere capace di poter dare.
"Ander" disse un po' stupita provando a staccarsi. "Sta zitta Lu." non le diedi il tempo di replicare i mi avvinghiai nuovamente alle sue labbra.
Dopo esserci staccati ci guardammo negl'occhi.
"Buonanotte" dicemmo all'unisono e ognuno andò per la sua strada, a volte fermandoci per guardarci, fregandocene della pioggia che continuava a cadere sulle nostre teste.
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Gioco di Sguardi - Ander e Carla - Elite
RomantikIl segreto sta nello sguardo. Quante cose può lasciar intendere un solo sguardo. Io e lei giocavamo inconsapevolmente allo stesso gioco, in modi diversi, ma il fine era lo stesso. Ma chi sarebbe ceduto prima alla tentazione? Chi avrebbe perso? La st...