Il centro commerciale

122 10 0
                                    

Mi trovavo con mia zia e mio cugino in giro per il centro commerciale della mia città. È enorme, forse uno dei più grandi della nazione. Il mio negozio preferito è sempre stato quello di Bershka, ha vestiti stupendi. Si trova esattamente al secondo piano, difianco il corridoio del bagno. C'è sempre parecchia gente: di solito, per prendere qualcosa, ci impiego dalle due alle tre ore. Però quel giorno, qualcosa fece durare questo "breve" tempo molto di più. Ci stavamo dirigendo in quel negozio quando un signore molto alto e robusto ci fermò dicendoci di non seguire le indicazioni della signora. Inizialmente non riuscimmo a capire questo suo breve monologo. Proseguimmo verso la nostra meta e ci fermò, per la seconda volta, lo stesso signore che fino a due secondi fa sembrava andare fuori dal grande magazzino. Fermi davanti a lui, ci fissò e ci disse di non farci ingannare dalle apparenze e che tutto può diventare un incubo in qualsiasi momento. Incuriositi fissammo la sua direzione una volta esserci allontanati da lui. Stava chiaramente uscendo dal centro commerciale. Durante la nostra passeggiata, ci fermammo dentro un negozio di articoli sportivi per mio cugino che aveva bisogno delle nuove scarpe da calcio. Approfittai di questo per controllare se il negozio avesse pure qualche canotta sportiva per andare a correre dato che ne avevo bisogno. Mentre girovagavo per il negozio, iniziai a sentirmi molto osservata. Non ci feci caso, presi la canotta e andai nei camerini per provarla. Una volta indossata rimasi incantata allo specchio per un po' e, successivamente, mi feci anche qualche foto allo specchio, insomma, un po' come facciamo noi ragazze d'oggi ogni qualvolta che compriamo qualcosa che ci piace. Stavo per scattare la foto quando la luce si spense. Sentii provenire da fuori le urla della gente, la paura si fece spazio tra la folla. Si riaccese tutto in meno di un secondo, tutti erano tornati alla normalità. Uscii da quel camerino e mi trovai difianco lo stesso uomo per l'ennesima volta. Stavolta mi disse di non dar retta alla signora e che lui solo era colui che sapeva la verità. In tutto ciò non capivo il collegamento tra me, mia zia e mio cugino con lui. Non avevo nemmeno la minima idea di chi potesse essere quella signora di cui tanto mi parlava. La cosa che più mi mise ansia e angoscia fu che ero consapevole che lui non fosse reale, non poteva trovarsi lì dopo che io l'avevo visto con i miei stessi occhi andarsene via dal centro commerciale. Non ci diedi molto peso, iniziai a pensare che forse ero io quella che vedeva tutte queste allucinazioni. Dopo circa quindici minuti uscimmo dal negozio e ci fermammo nel bar lì a fianco. Sulla sedia accanto alla mia c'era una signora anziana, avrà avuto sulla settantina di anni. Fissava il fondo del caffè e mormorava di volta in volta qualcosa. Non riuscivo a capire i suoi bisbigli, fino a quando si voltò verso di me. Mi fissò e mi disse di non credere a tutto ciò che vediamo, che il mondo è tutt altro che rose e fiori. Mi fissava con uno sguardo abbastanza inquietante, appena la zia vide questa scena mi fece allontanare da quell'anziana signora. Quando le passai davanti per dirigermi verso il negozio dei vestiti, si voltò per l'ennesima volta e continuò il suo discorso, precedentemente interrotto, dicendo di interrompere il loop che si era creato nella stessa maniera in cui era iniziato.
Fissammo per l'ennesima volta tutti e tre la signora, poi ce ne andammo. Arrivati quasi al negozio, mio cugino dovette andare in bagno e mia zia decise di accompagnarlo. Dopo una decina di minuti ad aspettarli fuori da quel corridoio, decisi di entrare in bagno e verificare se stessero tutti bene. Entrai nel bagno maschile, li vidi. Vidi mio cugino e mia zia stesi a terra con sangue che fuoriusciva dal loro corpo. Il muro recitava la seguente frase: "Ti avevo detto di non darle retta". Ci misi un po' prima di capire che quel rosso proveniva dal loro sangue. Andai nel panico più totale, sapevo che da un momento all altro sarebbe venuto a prendermi. Uscii dal bagno ma qualcosa mi scaraventò addosso alla parete. Lo vidi, ancora lui, stavolta più aggressivo. I suoi occhi erano pieni di rabbia, dalla sua bocca usciva il sangue. Le sue mani tenevano due tubi dell'acqua. Per pochi attimi riuscii a salvarmi dal suo scatto felino con quei tubi puntati dritti verso di me. In lacrime cercai qualcuno in grado di aiutarmi, ma il tempo era come se si fosse interrotto. Lo guardai con occhi tristi, terrorizzati. Cercavo di scappare in ogni modo. Poi, d'un tratto, una voce in testa mi disse di seguire il corridoio. Iniziai così a correre sempre più lontano, lui stava urlando, faceva versi irreali, terrificanti. Mi lanciò uno di quei tubi e mi sfiorò di poco la schiena. Vidi una luce. Oltrepassai la luce e mi ritrovai all'uscita del corridoio, esattamente difianco al negozio, aspettando mio cugino e mia zia. In neanche due secondi uscirono fuori dal bagno e ci dirigemmo nel mio negozio preferito. Avevo fermato il loop, quel signore era bloccato nel tempo, poteva gestirlo a suo piacere. Non so se quello si possa definire signore o anche, semplicemente, uomo.
So solo che, proprio come aveva detto lui inizialmente, non dovevo farmi ingannare dalle apparenze: il mondo era diventato un incubo da cui scappare.

CREEPYPASTADove le storie prendono vita. Scoprilo ora