Ancora oggi la mia mente si ferma
a riflettere sul momento in cui
ti ho conosciuto.
Nascosto, eri al sicuro.
Io ero inerme...
avevo Paura.
Non ti vedevo,
ma potevo sentire il tuo sguardo
bruciare irreprensibile
sulla mia schiena
con un tale ardore da
farmi provare genuino dolore.
Mi chiesi se mai mi avresti parlato,
mentre le mie spalle andavano irrimediabilmente a fuoco.
Non riuscivo a sopportare
quella sorta di contatto.
Riuscisti a sentirmi?
Urlai disperata.
Ti urlai di smetterla
di staccare una volta per tutte
i tuoi occhi vuoti dalla mia inerme figura.
Riuscisti a sentirmi?
Piansi sola, al buio della mia stanza.
Implorai il Supremo
di farti andare via di lì e,
mentre ti davo imperterrita le spalle,
spinsi due dita nei miei bulbi.
Era l'unica cosa che lentamente poteva
fermare il Dolore
che mi facevi provare ormai quotidianamente.
Riuscisti a sentirmi?
Mani tremanti, dita sanguinanti.
Piangevo.
Disperata.
Straziata dalla pressione insistente
del tuo iride bruciato
sul mio corpo.
Inerme.
I miei arti
ricoperti da viscoso e vivo sangue
che sgorgava zampillando
dai miei occhi,
tremavano insistentemente.
Li sentivo
come se volessero esplodere
almeno tanto quanto io bramavo di
cessare di respirare.
Ero affannata,
non so tutt'ora spiegarmi come facessi
a piangere così disperatamente
avendo le mani puntate
all'interno dei miei bellissimi occhi.
Non so cosa mi avesse spinto a
distruggerli.
La mia intenzione non era quella,
volevo solo asciugarmi
le prime calde lacrime
che repenti attraversavano
le valli delle mie dolci gote,
rosee e bambinesche,
piene, vive.
D'altronde,
era ciò che la mia età prevedeva.
Non so ancora spiegarmi,
a distanza di lunghi mesi,
come mai avessi spinto
le mie dita negli occhi.
Ma in parte sono certa
che fu colpa tua.
Più mi guardavi
più sentivo fastidiosi
vermicelli
scorrere,
dimenarsi,
danzare
nei miei bulbi.
Li infettarono.
Partirono dagli estremi
alla volta del centro.
Volevano il mio iride
luminoso.
Che nel tempo rifletté tante di quelle
belle cose.
I prati ricchi
di tenera erbetta.
La neve candida
tra le mie piccole mani.
I ciliegi in fiore
nelle strade della città.
O il loro intento, il volere di quegli esseri,
era forse
quello di spingersi
all'interno della mia
scura,
chiusa,
pupilla?
Penetrare il mio corpo.
Compromettere il mio organismo.
Dopodiché
non sarei stata altro che
una bambolina.
Una marionetta.
Ricordi i miei begli occhi
celesti?
Rifrangevano
la luce
e riflettevano
le bluastre onde del mare.
Ora giacciono al suolo
martoriati
ai miei piedi
distrutti
sanguinanti
pulsanti
Si dimenavano.
Non possono più pronunciare
le loro ultime parole.
Non avrebbero mai potuto farlo
dal momento in cui
schiacciai al suolo
quelle palline
così importanti
da fregarmene
completamente.