Capitolo 1: Snowfall Prelude

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Giorno 1

2 Gennaio 2004, quella era la data di quando arrivai in una città di nome Fuyuki, nell'isola giapponese di Kyushu, giusto poco prima che il Rituale avesse ufficialmente inizio.
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Pensavo a quanto fossi arrivato in città più in ritardo del previsto, nel mentre camminavo spedito con la valigia in mano sotto il cielo notturno e nuvoloso, diretto verso la vecchia casa di mia madre, nella zona settentrionale di Miyama.
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Fuyuki aveva una particolare struttura, infatti questa era divisa in due parti dal fiume Mion, Miyama e Shinto, Miyama era la zona più datata, invece Shinto era quella più recente, ma già diventata il suo centro urbano. Miyama si può dividere ulteriormente in due parti, la zona meridionale con strutture in stile occidentale e la zona settentrionale con abitazioni tradizionali, io ero diretto proprio in quest'ultima.
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Camminai per mezz'ora accerchiato dall'oscurità della notte e salvaguardato solo dalla luce dei lampioni, in cerca della mia vecchia casa delle vacanze, e quando la individuai, potei varcare il cancello della residenza, aprire la porta di casa e chiuderla alle mie spalle con le chiavi lasciatemi tempo addietro da mia madre, e continuai finché non fui preso di sorpresa da uno scalino, che per poco non mi fece inciampare

«Giusto, le scarpe...»

Una cosa che non mi capitava di fare da anni, dato che son nato e cresciuto in Inghilterra, ma poco importava, non avevo problemi ad adattarmi in generale, sia per cultura, abitudini, cucina o ambiente, sono sempre stato così, per me era indifferente.

«Meglio svuotare i bagagli, controllare se il Bounded Field non abbia disfunzioni e dormire qualche ora, così che sia riposato per l'evocazione»

Organizzai, pensando a voce alta, mi diressi verso quella che anni prima era la mia camera delle vacanze, ovvero dove dormivo.
Dopo essere entrato disfai le valige e ordinai il tutto nella camera, poi aprii l'armadio e trovai un particolare indumento, un Haori

«Ma questo...»

Già, era l'Haori dello Shinsengumi, un regalo da parte di mia madre, poiché ero rimasto affascinato da questi "ultimi samurai" quando me ne raccontò la storia.
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Prima apparteneva a lei, era un mero souvenir preso da qualche festival, ma vedendo una delle poche volte in cui esprimevo stupore, non poté fare a meno di regalarmelo, e nonostante i numerosi anni passati, pensavo ancora fosse un bel desing.
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Quindi decisi di togliermi la giacca e poggiarla a terra, così da provarlo, non appena lo misi, potei sentire l'odore che emanava, un odore di pulito, ma malinconico, mi fece rammentare di giorni della mia infanzia, giorni che non mi restituirà mai nessuno.
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Scacciai quei pensieri dalla testa e lasciai cadere l'Haori sopra la giacca, dopo li avrei sistemati a dovere, per il momento mi dovetti concentrare sulla struttura del Bounded Field.
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Perlustrai ogni angolo della casa, ma comunque non era così grande da dare problemi, era gestibile per una sola persona, per quanto riguardava il Bounded Field funzionava alla perfezione, ma comunque l'indomani avrei apportato qualche modifica, per una Guerra del Graal non bastava di certo quello.
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Ebbi l'energie giusto per tracciare il cerchio di evocazione in salotto, ma non di più, era il momento di riposare, e non avevo la testa per dedicarmi a migliorare il Bounded Field, o persino evocare un Servant, quindi non appena finì di disegnare il cerchio, mi diressi in camera mia e mi sdraiai sul futon, per poi coprirmi con cura

«Certo che... fa freddo in questo posto»

Di fatto quella città non era un posto dove vegliava il caldo, appunto il nome Fuyuki "Albero d'inverno" dava un suggerimento sulla temperatura solita della città, ma nonostante il freddo, mi addormentai abbastanza velocemente.
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"Figlio mio, l'obbiettivo della nostra famiglia va portato avanti, la nostra eredità non deve andare perduta, ti ho passato la Magic Crest, ma non basta... Sei stato scelto come Master, è la unica nostra possibilità, devi partecipare alla Guerra di Fuyuki. Devi rendere realtà col Graal questo desiderio, quando vincerai..."
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Mi svegliai aprendo lentamente gli occhi, quel sogno, non era propriamente un sogno, era più un ricordo, erano le parole di mio padre che risuonavano nella mia testa, non era una piacevole sensazione, anzi, mi faceva piuttosto irritare

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