1.4 - INCUBO RICORRENTE -

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La scuola venne chiusa temporaneamente per le indagini e tutti gli studenti furono mandati a casa fino a data da destinarsi. Passai il primo giorno segregato nella mia stanza. Ogni tanto i miei venivano a bussare per vedere come stavo e a propormi cibarie consolatrici. Il tono con cui rispondevo era sempre di circostanza, freddo e sbrigativo.

Sentii Mary dire a Tom da dietro la porta "lasciamolo metabolizzare". Che termine assurdo, come se avessi dovuto metabolizzare solo quanto era accaduto nel cortile il giorno prima. Tutta la mia vita era da metabolizzare.

Quando sentii quella frase presi il dizionario, non perché non sapessi il significato del termine, ma era più un gesto di sfogo.

Lessi ad alta voce, senza neanche avere bene in mente da chi volessi farmi sentire.

«"Metabolizzare: in senso figurativo, elaborare fino ad assimilare idee e concetti", COSA C'É DA ASSIMILARE IN QUESTO SCHIFO? MI SENTI? COSA DOVREI ELABORARE?»

Non so con chi parlassi; a volte si usa la scusa di parlare con Dio per poter parlare con sé stessi.

Il più delle volte succede che certe cose non riesci a trattenerle, il vaso quando è pieno va svuotato, è più forte di te. E così ti ritrovi solo, nella tua stanza, ad urlare la tua impulsività anche con la consapevolezza che sei il solo a sentirle.

La vibrazione del telefonino richiamò la mia attenzione, era un messaggio.

Ricky CH "Ciao Steve, volevo solo sapere come ti andava perché a me non gira un granché :("

Almeno lui, a parte la storia di Adrian, non aveva altre gatte da pelare. Io, oltre quell'esperienza, ciò che davvero mi distruggeva era la consapevolezza che c'era qualcosa di misterioso in me e il doverlo tenere nascosto. Passai così tutto il giorno, perso nella mia solitudine a parlare con l'unico che pensavo potesse capirmi: me stesso e nessun altro.

La mattina dopo scesi per la colazione.

«Buongiorno!» disse Tom

«Buongiorno.»

«La mamma ieri ha fatto la crema catalana, se vuoi è in frigo.»

«Grazie, ne assaggerò un pochetto.»

Vedevo l'impegno di Tom nel cercare di tirarmi su di morale e questo mi faceva sentire in obbligo di dare una parvenza di miglioramento. Molto probabilmente in quella recita fui un pessimo attore; Tom, infatti, si sedette e in tono paterno provò nuovamente a penetrare le mie barriere.

«Senti Steve, so che lo faresti contro voglia e non vuoi parlare, ma ti chiedo di fare uno sforzo e almeno ascoltare con la giusta attitudine mentale ciò che penso di tutta questa storia. Sono molto preoccupato.»

«Va bene, ti ascolto.»

Non iniziò subito a parlare, si prese del tempo per scegliere le parole, anche se i suoi occhi già dicevano molto in quel silenzio. Chi si prende carico di un figlio senza che sia effettivamente suo, non può che essere una persona dal cuore speciale.

«Steve, sei con noi da quando avevi quasi 5 anni, eri già grandicello quando siamo diventati una famiglia. Non posso fare a meno di notare che in tutto questo tempo non ci hai mai chiamati mamma e papà, sempre Mary e Tom. Che sia chiaro, non mi sognerei mai di chiederti di chiamarci mamma e papà, dovrebbe venire da te spontaneamente una cosa del genere. Sia io che la mamma abbiamo la maturità di capire e accettare il fatto che per te siamo Mary e Tom, non è questo che mi preoccupa perché comunque so quanto ci ami. La mia preoccupazione sta nel fatto che, se neanche a noi riesci a chiamare mamma e papà, questo mi fa capire una cosa terribile di te... mi fa capire che devi sentirti terribilmente solo al mondo.»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 07, 2020 ⏰

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