2. Rosso

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La gente mente sapendo di mentire, non c'è altra spiegazione.

Io non credo a quelli che, nei loro giorni liberi, hanno la sveglia interiore settata sull'ora in cui si alzano per andare a lavoro. È una condanna, un prezzo troppo alto da pagare per noi che viviamo in questo purgatorio terrestre.

Non ci voglio credere.

Se io non impostassi la sveglia per le nove – un buon compromesso tra quello che la gente può considerare ancora umanamente accettabile e "stato di morte apparente" – potrei continuare a dormire fino a pomeriggio inoltrato, come ai tempi dell'università dopo aver fatto le cinque di mattina in discoteca.

Dormire è uno dei piaceri più grandi della vita, dopo il sesso. E dopo aver fatto pipì quando ti ritrovi con la vescica al limite e ogni passo sembra una punizione. Qualcuno doveva pur dirlo.

È il primo sabato di quarantena e mi sveglio con i migliori propositi, archiviando la settimana lavorativa più strana della mia vita.

Lavoro in banca, allo sportello a contatto con la clientela e mai, mai in vita mia, avrei pensato che quel "contatto con la clientela" potesse diventare fonte di stress, ma è così. Le entrate sono centellinate, noi siamo tutelati dai dispositivi di sicurezza individuale, ma ci sentiamo esposti, come se la persone che ci troviamo davanti fossero bombe batteriologiche pronte a esploderci in faccia. Nemmeno tutti fossero affetti da coronavirus e in attesa di trasmetterlo a noi operatori di sportello.

La verità è che l'ambiente è teso, i colleghi hanno paura e i direttori devono capire come arginare il problema per non ricorrere alla cassa integrazione, ma è dura: gli orari sono ridotti al pari degli ingressi e ogni giorno c'è una disposizione nuova. Plexiglass agli sportelli? Gel per i clienti? Sanificatori? Camera asettica? Una benedizione dal parroco di quartiere e un esorcismo annesso?

Tutto sembra utile, dipende solo dal giorno.

Ma oggi no, oggi è dedicato al riposo e a quello che mi piace fare, quindi mi dedico alla casa – che ancora mi piace vivere in un posto decoroso, igienizzato e curato da prima che il covid diventasse la nuova realtà – e poi decido di cucinare una crostata.

Con la nutella, uno strato bello alto che non le permetta di seccare in forno. Come si permette quella stronza?

Vorrei dire che mi si pone il problema di chi la mangia, ma no, perché io ho un'idea precisa in testa che mi frulla da ieri sera.

È che non so come ringraziare Leo per quello che ha fatto, perché per me è stato importante. Non solo per il momento di spensieratezza personale, ma per l'attenzione posta a un condominio intero, soprattutto alle persone più anziane.

E, siccome non posso sdebitarmi in altro modo, ho pensato a metà della crostata. Non sono così scema da privarmene del tutto, ma sono pronta a donare metà dei chili che avrei potuto accumulare a lui, che non mi pare abbia particolari problemi di linea. Sono disposta a darglieli. Ma pure altro, all'occorrenza.

Alle tre faccio un giro sul suo profilo Instagram e, quando vedo che ha avviato la diretta, prima di guardarla lo seguo. Faccio uno screen della cosa e lo mando come testimonianza nella chat con le ragazze, per dimostrare che non prometto le cose e non le faccio, come sono solita fare.

Seguo la diretta per una ragione precisa: appena finisce vorrei portargli la torta, giusto in tempo per la merenda.

Il live si protrae per quaranta minuti ma, prima che io possa decidere di indossare una mascherina, mi chiama Mattia, mio fratello maggiore. Mi chiede come è andata a lavoro – lui è in smart working – e come gestisco la solitudine, dato che lui convive con la sua ragazza. Mi trattiene per quindici minuti, che decido di impiegare al meglio: truccandomi. Applico un po' di blush e stendo il mascara con una precisione che pure la squadra chirurgica di Grey's Anatomy mi invidierebbe. Le ciglia devono essere lunghissime, nerissime e aperte a ventaglio, ma sembrare del tutto naturali. Niente Swiffer come quelle con le ciglia finte, che ogni volta che chiudono gli occhi pare possa formarsi un piccolo uragano. Ricordiamoci che non dobbiamo competere con le Drag queen, che comunque vincerebbero a mani basse perché sono sempre bellissime.

Chiamami dal balconeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora