Chapter 7

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Avresti dovuto correre in quel momento.

Perché probabilmente se quella volta lo avessi fatto, tu saresti ancora viva.

Un sorriso si dipinse sulle tue labbra, uno sincero sta volta. Ma forse in quel momento di fidasti di lui perché c'era troppo gente.
C'erano troppi testimoni.

"Ti stav-" volevi dare la colpa a lui, ma magari in quel momento non era il massimo. Sarebbe stato troppo fraintendente: non potevi rischiare che pensasse che a te, lui, piaceva.
Insomma, non era cosi.

Si, era un tipo curioso, ma la sua violenza, la sua collera, il suo pessimo autocontrollo avrebbero potuto ferirti gravemente e nemmeno essere suo amico era possibile.

Ti guardò scettico: stava aspettando che tu continuassi la frase, ma tu ignorandolo ti girasti verso l'entrata dell'autobus, che in quel esatto momento si stava aprendo.
In realtà volevi solo prenderti gioco di lui, volevi solo farlo arrabbiare, ma non volevi che ti odiasse. No, quello non era nei tuoi piani.

Percorso gli scalini, appena seduta sul tuo sedile - in uno dei soliti posti al centro -, qualcuno si sedette proprio davanti al tuo sedile di fronte. Non che ti importasse, ma quei capelli bruni, disordinati e fin troppo puliti, erano del tuo caro vicino di casa.

"Perché mi ignori?" Sembrava stranamente calmo quando te lo chiese.

Fosti sorpresa dal suo atteggiamento amichevole nei tuoi confronti: c'era sicuramente qualcosa che non andava in lui.
Era ovvio che ci fosse qualcosa di sbagliato in lui, quello l'avevi capito, ma perché trattarti in quel modo? Non riuscivi a capirlo. Così sull'attenti, rimanesti con la cresta alta.

"Non ti sto ignorando. Solo non voglio avere a che fare con te" cazzo, no, no non dovevi dire quelle cose! Cazzo [t/n]!, deglutesti sperando che non se la prendesse come l'ultima volta, ma sorprendente lui si limitò a fare spallucce.

"Questo lo sapevo già, tuo padre mi odia. Solo non capisco perché... tu lo stia ad ascoltare" mentre parlava, scioccandoti come sempre, girava il collo da destra a sinistra, stiracchiandosi innaturalmente.
Poi passò una mano sul collo, graffiandosi la pelle: sembrava irritato e quello era il suo anti-stress.

"Aspetta. Primo, chi ti ha detto che mio padre ti odia? E secondo... perché pensi che noi dovremmo essere amici? Non sto con te, semplicemente perché non mi va." Ma la realtà era bene differente da tutte le ipotesi possibili che voi due vi stavate inventando.
Passasti sulla difensiva davanti a quella accusa: odiavi quando ti dicevano che eri "indirettamente" sotto il controllo degli adulti, sopratutto se si trattava di cose del genere.

Lui in tutta risposta non ti rispose, girandosi completamente verso il sedile davanti al suo. Alzò il cappuccio, palesemente imbronciato, e rimase nella stessa posizione fino all'arrivo a scuola.

Prima di scendere dal veicolo, lanciasti lo sguardo verso il ragazzo.

Sembrava totalmente senza emozioni, con la sua solita aria da teppista solitario.
Non c'era nulla in quello sguardo che potesse davvero catturarti, se non il modo in cui guardava fuori dal finestrino.
Sembrava inghiottito in esso, abbandonato in quel vuoto incolmabile che gli colmava il cuore e la mente.

Scuotesti la testa, scendendo dal veicolo.

+×+

Durante la lezione di storia ti disturbò parecchie volte: non riusciva a stare fermo nemmeno un attimo. Sembrava sempre nervoso o agitato per qualcosa.
Non lo mostrava, eppure le sue azioni lo tradivano.

The Knife || Jeff The Killer || XReaderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora