Chapter 8

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Giunta a casa, accompagnata da tuo padre, ti dirigesti immediatamente in bagno. Quando tuo padre ti chiese chi fosse stato ad averti bagnata, tu gli rispondesti che il tubo del bagno era esploso e lui ti credette o almeno non disse più nulla, se non un "stai attenta la prossima volta".

Apristi velocemente il rubinetto della doccia, non volendo più provare quel senso di freddo che lentamente ti faceva scendere la temperatura corporea causandoti un terribile mal di testa. Non appena l'acqua percorse tutto il corpo per una buona decina di minuti, sentisti il dolore alleviarsi, e fu allora che, come un ippopotamo che dopo esser stato sotto acqua ha le idee più chiare, ti si illuminò in mente un pensiero negativo e buio.

E se... lui fosse diventato uno di loro?, sbuffasti incredula. Incredula di non essertene accorta prima. Persino Jeffrey, che si era sporcato le mani per dei bulli, era uno di loro. In fondo.
Superficiale, crudele, intento a rovinare la società. Malattia. Totale incomprensione.
Era come il resto del mondo.

Oh [t/n], se veramente lui fosse stato come tutti gli altri, saresti viva. Respireresti ancora.

Tornata in camera dopo una veloce cena a base di minestra, dichiarasti che il giorno dopo saresti rimasta a casa ed i tuoi acconsentirono. Acconsentirono perché troppo indaffarati a lavorare e a preoccuparsi dei problemi dei vicini. In quell'ultimo periodo ti pareva di vivere con due sconosciuti.
O meglio, tu li conoscevi perfettamente ma sapevi bene che loro non sapevano assolutamente nulla di te. Ed in fondo ti andava bene. Eri incompresa e saresti rimasta tale.

Eppure nel profondo, sapevi che senza di loro avresti perso una parte di te. Un pezzo del tuo cuore che si era lasciato costruire lentamente, pezzo dopo pezzo dalle stesse mani di quei due adulti 

Avevi troppo sonno per pensare, eppure alla sola idea che prima o poi saresti ritornata a scuola, ti mise i brividi. Chissà, cosa gli aveva detto alla fine il professore. Ti chiedesti se l'avessero messo in punizione o no. Non che ci fosse il caso, insomma c'erano stati casi peggiori di quello, ma speravi di non incontrarlo. L'idea che lui fosse il tuo nuovo bullo, non si scollava neanche a morire dalla tua testa e con quel suo ghigno impresso nella testa ti addormentasti.

•••

"[t/n]!! Apri!" mezza assonnata apristi la porta e senza nemmeno guardare chi fosse ritornasti sul letto caldo e morbido.

"Su alzati! Ascoltami!" Tua madre ti scosse bruscamente, dandoti infine un pizzicotto sul braccio al che sobbalzasti irritata dal suo gesto.

"Che c'è?!" apristi gli occhi, notando solo allora che tua madre era ben vestita ed impeccabile.

"Tua nonna sta male e devo badare a lei per un po' e tuo padre ritorna tardi oggi. La cena è in frigo. E... ah si! Non uscire di casa, mi raccomando" annuisti per nulla interessata alla salute di tua nonna. In realtà in quel momento realizzasti solo che saresti rimasta a casa da sola. Ti eletrizzò.
Era da tempo che volevi rimanere da sola.

Annuisti con più convinzione dando un bacio a tua madre, che ricambiò con uno più caldo.

"Mi mancherai piccola. Ci sentiamo al telefono quando arrivo da nonna" la seguisti giù per le scale scalza. Afferrò il suo borsone di fretta, si mise le scarpe velocemente, aprendo la porta di casa.

Pioveva.

"Mannaggia! Non ci voleva" afferrò l'ombrello posto nel cesto degli ombrelli, l'aprì e se ne andò.

La vedesti accendere la macchina, uscire dal vialetto e finire lontana dal tuo orizzonte. Rimanesti alcuni interi minuti ad sorbire le carezze dell'aria fredda e delle poche gocce che entravano in casa.

Poco dopo chiudesti la portando, alzando lo sguardo verso l'orologio. Erano le quattro.

Come le quattro? Che giorno è?

Corresti in cucina guardando la data. Sospirasti accorgendoti che era passato solo un giorno. Avevi dormito per ben sedici ore consecutive. Ti pareva assurdo.

Ma almeno ti sentivi meglio.

Indecisa su come poter utilizzare quelle preziose ore ti recasti in salotto accendendo la televisione, ritrovandoti a zappare senza poi trovare nulla d'interessante. Guardasti fuori dalla finestra, trovando quegli alberi ideali come modello di un dipinto.

Era da tanto che non maneggiavi con i pennelli e forse era l'ideale: calma, isolata con la tua musica a palle nella orecchie.
Rendendoti conto di aver perso gran parte degli strumenti, ti ritrovasti a dipingere su un telo sopra la scrivania di tuo padre, dove usasti alcuni libri per inclinare il pannello.

"Geniale" sussurrasti a te stessa con un sorriso. 

Era da un pezzo che dipingevi e non stava venendo male, quando un tonfo proveniente da camera tua ti raggiunse all'orecchio attraversando le cuffie. In allerta, aspettasti interi secondi, volendo esser sicura di aver sentito bene. Non sentendo più nulla, giusto per dare una controllata uscisti dall'ufficio di tuo padre.

Lentamente salisti le scale, ma in quel momento l'idea che qualcuno fosse entrato dalla finestra, ti bloccò. No. Non era possibile. Pregasti che fosse un terribile scherzo, solo un illusione, oppure che a cadere fosse stato solo un qualche libro messo male sullo scaffale. Pensandoci forse pensare che fosse un illusione era peggio. Era sintomo che stavi diventando pazza, e non era esattamente ciò che in quel momento poteva incoraggiarti.

Quasi avessi paura di aprire la porta socchiusa, lentamente senza farti sentire da nessuno, indietreggiasti nell'intento di rinchiuderti nell'ufficio, finché tuo padre non fosse arrivato. Avevi un brutto presentimento.
Ed odiavi tremendamente quella situazione, dove magari, era solo la tua stolta paranoia a crearti tanta ansia.

Ma fu in quel momento che la tua schiena venne a contatto con qualcosa di duro ed inflessibile. Gelasti sul posto, non avendo il minimo coraggio di voltarti. Lo stomaco ti si chiuse così rapidamente che ti fece male. Un male che non sentisti tanto il tuo cuore era occupato a pompare sangue.

"Come mai hai tanta paura?" aggrottasti la fronte, e non appena la voce di Jeffrey ti fu chiara nei ricordi ancora vivi, ti voltasti verso di lui indietreggiando di poco.

"Che cazzo ci fai a casa mia?!" Eri arrabbiata e non poco. Come cavolo era entrato in casa tua? La porta era chiusa a chiave e tutte le finestre pure. Smettesti di avere quell'aria confusa, concentrandoti più sulla rabbia.
Il bruno ti sorrise lievemente, porgendoti poi una busta gialla, simile a quella che tu gli avevi consegnato giorni prima. Lo afferrasti freddamente, non accennando ad alcun segno di cedimento di fronte alla sua apparente "gentilezza".

"Esiste la porta, perché non hai semplicemente bussato?" Ormai ti era ovvio che fosse entrato dalla finestra della tua camera.

Alzò semplicemente le spalle, scendendo le scale e dandoti le spalle. Si guardò intorno con le mani in tasca per poi voltarsi verso di te e sorriderti.

La carta della busta scricchiò sotto la tua presa: c'era qualcosa di terribilmente raggelante in quella situazione. Non capivi, probabilmente perchè eri ancora occupata a fissare Jeffrey negli occhi. Perchè lui era lì? Perchè eravate da soli?

Ma soprattutto...

Perché ti faceva paura?

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 16 ⏰

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