chapter 4: confused

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«Tu non te ne vai porca puttana» strillò Nairobi alzandosi dalla tavola e venendo vicino a me.

«Atene cazzo, non farti condizionare dalle parole di quel bastardo» mi sussurrò all'orecchio fissando Berlino, anche se ero certa avesse sentito tutto.

«Mi dispiace Nairobi ma ha ragione lui, non sono fatta per stare qua.»

«Dopo cena parliamo cazzo» si risedette guardandomi con uno sguardo a dir poco furioso.

Rio, sempre seduto vicino a me mi guardò con un velo di tristezza ma senza dire nulla.

Tokyo mi guardò con uno sguardo che diceva "dopo parliamo"

Denver e Mosca non ci fecero molto caso e continuarono a parlare tra loro.

Con Helsinki e Oslo avevo parlato davvero poco e niente, quindi a loro non sembrava interessare la cosa.

Berlino invece rimase a fissarmi per tutto il tempo della cena e io lo stesso con la coda dell'occhio.

Aveva raggiunto il suo obbiettivo, spaventarmi e farmi andar via, non penso gli sarebbe dispiaciuto più di tanto.

Finii di mangiare quel poco cibo che mi ero messa nel piatto e andai in camera a sistemare le ultime cose.

Non avevo la minima idea di dove sarei andata uscita da quella casa, probabilmente avrei alloggiato in un Motel con documenti falsi e soldi rubati da non so dove.

«Sei impazzita per caso?» spalancò la porta Nairobi facendo capolino nella mia stanza.

«Grazie per aver bussato» dissi ironicamente continuando a sistemare la borsa.

«Tu non te ne vai» mi strappò la borsa dalle mani buttandola a terra.

«Nairobi...»

«No ora tu ascoltami bene» mise le sue mani sulle mie spalle e mi guardò dritta negli occhi.

«Non devi mai dimostrare di essere debole Atene o ti calpesteranno»

Rimasi in silenzio non sapendo bene come rispondere.

«Pensaci bene Atene, ti chiedo solo questo» uscì dalla stanza e io mi buttai nel letto fissando il soffitto.

Alcune lacrime iniziarono a rigare le mie guance.

In che razza di situazione mi ero cacciata.

Aspettai qualche minuto accertandomi che nessuno fosse fuori dalla propria camera, non mi andava di incontrare uno dei membri della banda e subirmi un interrogatorio.

Così uscii dalla stanza andando in balcone, avevo bisogno di prendere un po' d'aria.

Notai sul tavolino nel balcone un pacchetto di sigarette affiancato da un accendino, nonostante mi fossi ripromessa di non fumare mai più, in momenti di stress mi avrebbe sicuramente rilassata un po'.

Così, mi sedetti in una sedia piuttosto vecchia, posai la fiammella dell'accendino all'estremità della sigaretta iniziando poi a fumare.

«Non sarai brava nelle rapine, ma a rubare sigarette ci riesci molto bene» feci un balzo quando vidi Berlino sedersi nella sedia di fronte alla mia prendendo una sigaretta e accendendosela.

Ignorai la sua presenza continuando ad osservare il sole che stava tramontando.

«Se posso chiedere...» emanò fumo dalla bocca

«Come mai hai rinunciato?»

Come poteva chiedere una cosa del genere sapendo perfettamente che il motivo per cui non volevo più partecipare alla rapina erano le sue parole che mi avevano letteralmente terrorizzata.

«Era questo il tuo obbiettivo no? Farmi andare via di qua e ci sei riuscito Berlino»

Mi guardò con sguardo interrogativo, quasi come avessi detto una cosa strana.

Poi rise un po' e mi guardò fisso negli occhi.

«Sei così ingenua Atene, è proprio questo che mi piace di te»

«Come scusa?» iniziavo ad alzare la voce e non era buon segno.

«Ti si può manipolare a proprio piacimento, basta dirti due parole per farti un po' paura che queste bastano per farti andar via» rise ancora per poi fare un tiro con la sigaretta.

Lo guardai con uno sguardo di rabbia.

In quel momento avevo solo voglia di prenderlo per il colletto di quella stupida camicia e dargli tanti di quei pugni da non fargli ricordare nemmeno più come si chiama, ma mantenni la calma, dovevo.

«Ora sarai felice no? Hai quello che volevi» sospirai poi buttando fuori il fumo e gettando via il mozzicone di sigaretta ormai consumata.

«Farti uscire da questa rapina non è mai stato il mio obbiettivo, non di certo» finì anche lui la sua sigaretta.

«Cosa vuoi dimostrare andandotene? Che ho vinto una cosa che non ho mai voluto vincere?» fece spallucce mantenendo sempre lo sguardo fisso sul mio volto.

«Mi stai dicendo che vuoi che rimanga?» quell'uomo mi stava confondendo sempre di più le idee.

«Di certo non mi metterò in ginocchio a supplicarti, ma penso tu possa essere utile in una rapina del genere»

Che stava dicendo?

«Cosa?»

«Insomma, sei giovane ed inesperta nell'ambito no? Quindi sarai obbligata a seguire le mie regole se non vuoi insomma, farti uccidere» si toccò i capelli pronunciando quest'ultima frase.

«Proprio per questo me ne vado di qui, perché sono giovane ed inesperta e non voglio stare agli ordini di una persona come te Berlino» dissi con disprezzo continuando a scrutarlo.

«Fammi finire» si schiarì la voce.

«Essendo giovane e inesperta nessuno accetterebbe una rapina del genere, mentre tu hai avuto coraggio a dire di sì al professore, quindi non sei del tutto inutile per una rapina, hai coraggio»

Quell'uomo era davvero bipolare, non riuscivo a capirlo.

Prima mi diceva che non aveva bisogno di gente che ha paura in quella rapina e ora mi veniva a dire che sarei tornata utile.

«Io non ho coraggio Berlino» sospirai a quella frase purtroppo vera

«Cosa dovrei fare secondo te?» quasi non riuscivo a credere di star chiedendo consigli a lui, ma sentire quelle parole uscire dalla sua bocca mi rassicurava un po'.

hai avuto coraggio.

Si alzò dalla sedia avvicinandosi sempre di più al mio orecchio, riuscivo a sentire il suo respiro sul collo per poi sussurrarmi:

«Scappare dai problemi è da figli di puttana» allontanò lentamente il suo viso dal mio facendo in modo che per qualche secondo i nostri sguardi furono molto vicini.

Quest'ultima discussione aveva travolto ogni mia certezza ed ora, come prima, non sapevo di nuovo più che fare, Berlino aveva stravolto tutto.

E quella era solo la prima di tante altre volte che lui stravolgeva tutto.

hei amici! nuovo capitolo! spero vi piaccia ❤️

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