Capitolo 13.

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Si era alzata dal prato e di corsa era andata in camera a fare i bagagli.
Doveva muoversi, tornare a Bologna; non avrebbe potuto perdere Leo e non salutarlo.
Glielo aveva promesso, si sarebbero rivisti al suo ritorno. Sarebbe tornata subito a casa, avrebbe chiusa la vacanza con un giorno di anticipo.

Così, quando scese in salotto, lo zaino in spalla e la valigia nella mano destra, si stupì del fatto che la maggior parte dei suoi amici fosse già lì, nell'atrio, con le valigie in mano.

Li guardò interrogativa.

"Ti pare che ti facciamo andare a Bologna da sola?" Disse Tonno, deciso.

Lei si lanciò contro di lui, abbracciandolo forte, mentre gli ultimi del gruppo li raggiungevano.

"Non sei mai da sola in questa vita Clara, tienilo a mente perché tendi a dimenticarlo spesso" Disse il ragazzo, stringendola forte.

E Clara fu grata a tutti, dal primo all'ultimo, per aver interrotto la loro vacanza per lei.
Senza di loro si sarebbe sentita persa, stralunata.

In aeroporto infatti passò tutto il tempo per mano con Cesare, senza dire una parola, lo sguardo perso.

Si chiese soltanto come avrebbe fatto da sola, senza di loro e capì che non c'era risposta se non che sarebbe crollata prima di arrivare a Bologna.

Si concentrò sulla mano di Cesare, per rimanere presente a se stessa e non crollare nel dolore.
Aveva visto quella mano ogni giorno della sua vita dall'età di tre anni.
La prima volta che la vide era molto più piccola e morbida; era una mano dolce e sincera.

Ora era forte, con parecchi calli sul palmo per via dei pesi che il ragazzo usava in palestra, con della peluria sul dorso.
Una mano completamente diversa, benché fosse sempre la stessa.
Era sempre la stessa mano che per ventidue anni non l'aveva mai lasciata, che l'aveva protetta e tenuta al sicuro da tutti i mali del mondo.

Era una mano che ora per lei voleva dire amore e protezione.

Era così assorta che si estraniò da tutti, non calcolò troppo neanche Sofia, che li guardava in disparte, non riuscendo a dire niente per quanto fosse critica la situazione.

Una parte di se le faceva presente che era oggettivamente sbagliato, ma non poteva affrontare quella situazione senza Cesare.
Non poteva.

Passarono ore in aeroporto e a lei parvero secoli.
Alle cinque e mezza di mattina, Tonno la riscosse.

"Dobbiamo andare, hanno aperto il gate" Disse mostrandole solo due biglietti.

"E voi?" Chiese lei, estraniata dal mondo.

"Partiamo solo io e te, gli altri devono portare su le auto Clara, non possiamo lasciarle qui" Disse lui, accarezzandole il viso.

Si, le auto. Si era scordata.
Dopotutto nulla aveva importanza in quel momento.

Poi elaborò la frase di Tonno.

"Cesare non viene?" Disse stringendo la mano del ragazzo.

Tonno guardò l'amico, cercando il suo appoggio.

"Lui ha l'auto da guidare, deve" Inizio il biondo ma Cesare lo fermò.

"Vado io, tranquilli" Lasciò la mano di Clara ed andò verso Sofia, per parlarle.

Tonno restò allibito dal gesto ma si riscosse velocemente.
"Ok faccio una corsa a vedere se è possibile cambiare il nominativo del biglietto, torno subito".
Disse correndo verso il centro informazioni.

Clara rimase al centro del corridoio, a guardare i suoi piedi.

Sentiva tutto ovattato, come se avesse del cotone schiacciato nelle orecchie.

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