Capitolo 2 - Fratelli

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POV'S ANDREA
Una cosa era certa: la giornata era proprio iniziata nel modo giusto. Non riuscivo proprio a togliermi quel sorriso da ebete che mi increspava le labbra, sin dal mattino. Era vero, avevo visto il libro che stava leggendo sull'autobus, il suo sguardo concentrato più che mai nella lettura, e da quel momento non ero più riuscito a smettere di sorridere. Adesso, mentre entravo in classe e prendevo posto in un banco nella fila centrale, accanto a mia sorella, stentavo ancora a credere di come potesse apparire assolutamente senza senso il mio comportamento. Ma, in quel momento, non potevo continuare a rivolgere i miei pensieri a lei, perché, in qualche modo, dovevo pur cercare di concentrarmi sul suo primo giorno di scuola.
"Ehi, biondino, il gatto ti ha mangiato la lingua?", inizia a parlare mia sorella, con un sorriso smagliante e un accento dolce come il miele. "Oddio, sto impazzendo. Andrea cerca di ricordarti di chi stai parlando!"
"No, tranquilla, biondina, cercavo di capire come farò a sopportarti per il resto dell'anno!"
"Oh principessa, vedo che ci siamo svegliati con il piede giusto! Che è successo? I passerotti stamani hanno ritardato e non hanno potuto vestirti? Oppure la nostra cuoca di corte non si è ricordata di preparare il pranzetto per il nostro caro nobile? "
"Ti ha mai detto nessuno che il tuo senso dell'umorismo è davvero notevole? Credo che anche un becchino scoppierebbe a ridere, in tua compagnia. Ovviamente, spero tu abbia colto il tono sarcastico nella mia voce..."
"O tranquillo, non ce n'è stato bisogno. Ho seguito il tuo bla bla fino a quando mi hai fatto i complimenti. Il resto sono solo parole al vento", ribatte mia sorella.
Alla fine entrambi scoppiamo in una risata liberatoria, quasi fossimo due combattenti finalmente giunti alla fine del duello. I nostri battibecchi erano sicuramente celebri in famiglia, anzi, venivano considerati parte integrante delle nostre tradizioni, o, meglio ancora, il garante del divertimento durante le altrimenti noiose cene di famiglia. Direi che i nostri genitori avevano fatto un buon lavoro, direi. Già, perché, forse -e sottolineo forse- una delle più grandi cose, per cui li dovrei ringraziare ogni giorno, è mia sorella, anzi, la mia gemella, in verità. In effetti, non è molto difficile da notare: abbiamo entrambi capelli biondi e occhi azzurri, statura media e corporatura abbastanza esile. Nonostante ciò il nostro carattere non potrebbe essere più diverso: mentre io prediligo le manifestazioni d'affetto, sono paziente ed estroverso, amo stare in mezzo alla gente e non smetto un attimo di parlare, lei è molto più introversa e taciturna, porta sempre abiti molto scuri, un trucco abbastanza acceso che, secondo me, le appesantisce eccessivamente il volto, è testarda, odia i consigli, e, inoltre, si mostra diffidente praticamente con tutti. Ma se c'è una cosa che abbiamo in comune e che mai nessuno potrà rubarci, è proprio la complicità, quella serenità in cui ci troviamo sempre quando siamo insieme, quel legame che ci ha tenuto uniti fin dalla nascita, che ci ha permesso di avere un modo di comunicare tutto nostro. Dove gli altri vedono due fratelli che battibeccano, noi ci guardiamo negli occhi e, in quel momento, capiamo se c'è qualcosa che non va; dove gli altri vedono due gemelli che sembrano davvero il giorno e la notte, noi, invece, sappiamo andare oltre, perché l'importante, alla fine, è solo quel voler bene incodizionatamente, che ci porta ad immedesimarci sempre nei sentimenti e nella mente dell'altro. Ed ecco che, quindi, mia sorella con me -e solo con me- abbassa le difese, si mostra per quella che è, con le sue insicurezze e paure, così come faccio anche io con lei. E così, io non sono più il principino di casa, sempre pronto a dare una mano in tutto, ma il ragazzo che sta imparando a stare al mondo, con il suo modo di essere; lei non è più la ragazza silenziosa che guarda tutti con un sorriso enigmatico, a tratti torvo, ma si fa conoscere con il suo desiderio di trovare qualcuno che si renda conto dei suoi difetti e non la abbandoni per questo.
Ciò , tuttavia, non significa necessariamente che sia un angioletto.
"Sei nervosa per oggi?", le chiedo senza mezzi termini.
"Beh, se il mio caro fratellino mi avesse accompagnato, invece di intrattenersi con una ragazza... sarei stata più soddisfatta, non credi?", risponde lei, con uno sguardo malizioso.
"Oh ti prego, non ti ho lasciato sola in una palude di alligatori, e poi, ho chiesto delle informazioni utili, sai?", ribatto io, evitando di guardarla, perché so già quale sarà la sua espressione.
"Certo certo, non immagino neanche la fatica che avremmo dovuto affrontare, senza il prezioso aiuto della tua gentile amica".
Proprio in quel momento, però, entra la professoressa di italiano, con una borsa e una valigetta,salvandomi da una condizione davvero penosa. Dal passo svelto e l'aria trafelata, dev'essere piena di energie, nonostante siano solo le otto di mattina. A quella vista, tutti noi ci alziamo educatamente e salutiamo con un "buongiorno" che a mio parere risulta un po' troppo fiacco. Ma questi sono gli straordinari effetti dovuti alla paura di fronte ad un imminente interrogazione.
Dopo esserci nuovamente seduti, mi giro verso Sara e le sussurro: "Comunque, sorellina, nonostante la tua intelligenza fuori dal comune, hai davvero frainteso le mie intenzioni".
"Lo so", annuisce tranquilla, rifilandomi un colpetto con la spalla.
"Ti sei fermata ancora una volta solo ai complimenti, vero?", le dico, alzando gli occhi al cielo, con un'espressione di finta esasperazione.
"Come ti ho già detto, il resto sono solo parole al vento".
In questo momento, ne sono sicuro: un giorno mia sorella mi porterà alla più completa disperazione, o forse, mi salverà proprio da questa. Ma quest'ultima informazione me la tengo per me: d'altronde, " il resto, sono solo parole al vento, giusto? ".
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La giornata prosegue e si conclude in maniera abbastanza prevedebile: come mi aspettavo, tanto le presentazioni con i professori, quanto quelle con i nostri compagni di classe, si sono risolte in conversazioni piuttosto superficiali, con il solito assortimento di domande e risposte già fatta sulla nostra precedente scuola, sui nostri sogni per il futuro, oltre agli hobby che amiamo perseguire, eccetera... Ovviamente sono stato sempre quasi io a parlare, almeno con i nostri compagni, mentre con gli insegnanti, purtroppo, Sara non è riuscita proprio a scappare dalle loro aspettative, costringendosi, quindi, a tirar fuori un succinto racconto che compendiasse quanto di lei le era stato chiesto. Da parte mia, potrei farvi un elenco di tutti i nomi che ho imparato oggi, oppure farvi una descrizione dettagliata di una massa indistinta di ragazzi che mi si sono presentati. Tuttavia, sono sempre stato bravo a inquadrare le persone, per cui accennerò solo ai ragazzi con cui spero di trascorrere del tempo: ad esempio, Gianluca con il suo sorriso spigliato e la battuta pronta; Matteo, con la sua passione per il calcetto e per la testardaggine con cui non sembra voglia mollare la punta della matita, tormentata nelle varie ore di scuola; Pietro, con il suo aspetto ordinato e pulito, gli occhi dolci come il miele, e uno spirito così ciarliero che sapeva portare alla pazzia gran parte della classe -a quanto aveva capito-, ma che ben si adatta al mio carattere. Tutto sommato, quindi, eccetto un gruppo di ragazze che, a ricreazione, mi hanno sommerso di domande, offrendosi più che volontieri come accompagnatrici per farmi fare il tour della scuola, sono piuttosto contento della mia classe. Certo, gli amici che ho lasciato nel mio vecchio paese rimarranno sempre nel mio cuore e continuerò a mettermi in contatto con loro, sicuramente. Ciò, tuttavia, non significa che qui debba fare l'eremita. Fortunatamente, la mia preghiera è stata esaudita già al primo giorno, grazie ai ragazzi di cui vi ho parlato prima, che mi hanno invitato ad una festa, organizzata a casa di Gianluca, la sera stessa, per celebrare l'inizio dell'anno nuovo,in maniera piuttosto informale.
"Monteremo il karaoke, balleremo, ci sfonderemo completamente di birra e ci sarà più pizza di quanto tu ne abbia mai visto in tutta la tua vita", dice Gianluca, in prima battuta. Al che io sorrido di rimando e rispondo: "Birra e pizza? L'unica costante della mia vita".
"Grande! Ti aspettiamo per le 8! Ma non arrivare tardi, altrimenti dovrai cambiare la tua costante in sola birra, Andrè!"
"Non ti preoccupare, sono un mago dell'orario. A stasera!"
Dopo aver salutato i miei nuovi compagni, mi avvicino nuovamente a mia sorella, che, nel frattempo, ha ormai completato di sistemare lo zaino.
"Vedo che abbiamo già fatto conquiste", esordisce lei, mentre si dirige insieme a me verso la porta.
"Okay, è inutile a questo punto dirti che stasera ovviamente non ci sarò. Comunque, tranquilla, puoi anche non essere gelosa. Sono simpatici, ma non hanno il tuo senso dell'umorismo", le dico, rivolgendole un sorriso ammiccante, sperando che questo basti ad indulgerla a parlare di ciò che la preoccupa veramente, così come ho già capito dal tono piccato con cui ha parlato poco fa.
"Stasera, a cena, ci sarà Elisa". Tiene gli occhi bassi, per cui non riesco a guardarla in viso, anche se non mi serve: riuscirei a disegnare perfettamente ogni smorfia o espressione di mia sorella, ad ogni emozione che la travolge, anche se mi trovassi in Canada.
In questo momento, il senso di colpa mi lascia stordito: sono stato davvero così idiota e superficiale da dimenticare un evento tanto importante? "Sara, mi dispiace", dico subito con un sospiro, "ho completamente dimenticato la cena. Ma non ti preoccupare, disdico e stasera ci sarò". Mi giro verso di lei, cercando di capire perché ancora non sembra voglia guardarmi in faccia.
"No, non è il caso. Faresti il maleducato con i tuoi nuovi amici e io non voglio."
"Oh andiamo, non credo che se la prenderebb..."
"Non ce n'è bisogno, Andre, davvero", mi interrompe lei, fissandomi dritto negli occhi. "Non sono una bambolina di porcellana che si rompe se qualcuno la tocca. Posso farcela, okay? Non puoi e non devi sempre e solo proteggermi, mamma orsa, d'accordo?", conclude lei, rivolgendomi uno dei suoi sorrisi più caldi e carichi di affetto.
"È inutile che fai la dura con me, non puoi e non devi", ribatto ancora, ripetendo le sue stesse parole. Vedo Sara scoppiare in una risata liberatoria: è il suo modo preferito per convincermi a dar retta a lei. Sì, "mia sorella, la calcolatrice" , o, forse, la ragazza che mi conosce anche meglio di me stesso.
"Certo che sei bravo a rigirare le cose a tuo favore, ma con me giochi male le tue carte, fratellino. Ti ho ricordato della cena, solo perché pomeriggio dovrai sfoderare tutto il tuo fascino per convincere papà a lasciarti andare dai tuoi amici, stasera. Non perché voglio tenerti a casa a fare il babysitter. L'hai già fatto abbastanza negli anni passati. Adesso basta".
"Ma-", riprovo io.
"E non provare ancora a cercare di convincermi, a tirare fuori assi nella manica. Sto finendo la pazienza".
Altro segno distintivo di mia sorella? Quando non permette all'altro di parlare, c'è solo una cosa da fare: RITIRATA!!
"Va bene, va bene. Non parlo più. Certo che sei insopportabile.", le rispondo io. Non so cosa pensare riguardo alla cena che mancherò, ma so che mia sorella è pronta a vincere una delle sue paure più grandi. Dovrò farmi bastare questa consapevolezza.
"Dillo a qualcun altro, tu mi adori".
Ormai siamo arrivato alla fermata degli autobus, davanti alla nostra scuola, per cui ci fermiamo. Rimango sorpreso del numero di ragazzi presenti, dunque, mi preparo mentalmente alla corsa frenetica che dovremo affrontare per raggiungere almeno due posti sul bus. Proprio adesso, lo vedo in lontananza. Mi rivolgo a Sara: "Pronta a correre?
" Sono nata pronta", ribatte lei.
Ma come al solito, la spavalderia di mia sorella è solo un miraggio in mezzo al deserto: figuriamoci se la sua testolina potrebbe mai anche solo concepire l'idea di spintonare gli altri ragazzi, alla ricerca di uno spiraglio libero in cui intrufolarsi e raggiungere i nostri tanto agognati posti! Meglio lasciare che gli altri ti superino e spingano senza pietà, mentre meditano nei loro cuori malefici di prendere ciò che è nostro. Okay, d'accordo, forse sto esagerando un po', ma non è questo il punto. Così, adesso, schiacciato da un gruppo di primini, con l'avambraccio posato sulla spalla dell'autista e le gambe piegate nello sforzo di reggermi in piedi in quella calca umana e di mantenermi in equilibrio, mentre maledico mia sorella, me stesso per averla aspettata e quel ragazzino che mi ha dato una gomitata nelle costole, ritorno al dialogo di poco prima con Sara. Mia sorella ha inevitabilmente ragione: non devo intromettermi nelle sue battaglie, ma non riesco a fare altrimenti. Nonostante siamo gemelli, forse per il mio essere il maschietto di casa, o, forse, per il mio carattere, più forte e deciso, ho sempre protetto mia sorella, in qualsiasi circostanza. Nel corso del tempo, ho affrontato ragazzi che la prendevano in giro, ragazze che la escludevano, o, addirittura, una volta, quando avevamo sette anni, nonostante avessi la sua stessa età e fossi anche io spaventato a morte, aiutai Sara a scappare da un orso. In realtà, si trattava di un semplice costume usato da un animatore per creare un po' di suspence ad una festa di compleanno. Ma, ancora una volta, non è questo il punto. In ognuna di queste occasioni, quando vidi la paura dipingersi sul volto di mia sorella, la mia di paura passò subito in secondo piano, perché io dovevo essere forte per lei, dovevo starle accanto e rassicurarla, dovevo fare tutto ciò che nostra madre non aveva avuto la possibilità di svolgere. Per non parlare poi di papà. No, io e Sara non siamo mai stati protetti da una mamma orsa, nè da nostro padre: abbiamo imparato sin da piccoli a farlo da soli. O meglio, da quando eravamo solo dei bambini, fino ad ora, ero sempre stato io, ma oggi, ho capito che mia sorella stava prendendo lentamente il mio posto: Sara voleva rendermi libero, libero da quei doveri che non aspettavano a me, ma che, in fondo, mi avevano aiutato ad essere la persona che sono.
Dopo una mezz'oretta buona, finalmente, scendiamo dall'autobus e ci dirigiamo verso la porta della nostra villetta.
"Ehi, come preferisci intitolare la tua esibizione di oggi? Mr contortionista senza alcuna speranza di fare successo, oppure Gobbo di Notre Dame?
" Ti consiglio di tenere a freno l'entusiasmo da manager. Perché innanzitutto, è tutta colpa tua e, inoltre, quando il tuo povero fratellino finirà sulla sedia a rotelle, vedremo come mi rimpiangerai", ribatto io, con un sorriso forzato, accompagnato da uno sguardo omicida. Ovviamente, però, Sara non si lascia scalfire e proprio questa sua sicurezza mi fa tremare: cos'ha da essere tanto soddisfatta? Ha trovato un altro modo per uccidermi?
"Forse non sono io la sola che rimpiangerà qualcosa", mi risponde lei con uno sguardo malizioso. Così mi volto e rimango lì, sulla soglia di casa, come un idiota, ovviamente.
"Principessaaaaaaa!!" mi richiama Sara, "il gatto ti ha mangiato di nuovo la lingua?", domanda mia sorella, con quel dono sardonico, insopportabile il più delle volte, ma non in questo caso, visto che, finalmente, esco dalla trance.
"Arrivo tra cinque minuti, dillo a Maria", dico, riferendomi alla nostra cuoca, "e non provate a sbirciare dalla finestra", l'ammonisco con il dito alzato.
"Tranquillo, non aver paura. Adesso corri, prima che la tua amichetta ti veda e decida di sparire in Messico", dice, mentre si gira e sparisce dentro casa, accompagnata da una camminata saltellante e un sorriso a trentadue denti. Non c'è che dire: il divertimento preferito di mia sorella è proprio prendersi gioco di me. Ma non la biasimo: sto fissando una ragazza, seduta ad una panchina proprio di fronte a casa mia, con i capelli color cioccolato e boccolosi, il fisico asciutto e gli occhi incollati ad un libro, mentre il nervosismo è ormai diventato parte integrante del mio stomaco. Come potrebbe qualcuno pensare di non prendermi in giro fino ai prossimi vent'anni?
Inutile dire che il libro è di Jane Austen.

~Spazio autrice.
Ecco qua, siete arrivati alla fine del secondo capitolo, tutto orientato alla conoscenza della controparte maschile di questa storia. Cosa ne pensate del suo carattere o del rapporto con la sorella? Siete curiosi di assistere al primo vero dialogo tra i nostri protagonisti e volete sapere di più sulla famiglia di Andrea? Continuate a seguire la storia! A breve pubblicherò il terzo capitolo.

Alla prossima🌟

Guardami... ma guardami davvero. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora