Capitolo 5- Caro diario...

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POV'S Alice
Nella stanza non si sente alcun rumore, eccetto i rintocchi dell'orologio in cucina. Ormai è buio: il sole ha abbandonato già da qualche ora il cielo, il quale, adesso, è gremito di stelle, uniche fonti di luce su quella striscia d'ebano.
È davvero bellissimo: apro la finestra della camera e assaporo la brezza serale che mi accarezza le guance e scuote con dolcezza i capelli intrappolati in una morbida e disordinata coda. Chiudo gli occhi e, sporgendomi appena, godendo sempre più della frescura sul mio collo scoperto, immagino di essere in aperta campagna. Sogno di percorrere a piedi nudi un prato fiorito, roteando come una bambina felice, al chiaro di luna.
Ricordo che, durante  l'infanzia, la mia migliore amica di quel periodo, Martina, era solita invitarmi nella sua casa di campagna, completamente immersa nel verde. Ripensandoci, sorrido inconsciamente. Mi sembra ancora di udire, trasportate dalla brezza serale, le nostre voci che intonavano canzoni varie, o ancora sento la sensazione di assoluto benessere che provavo, correndo in lungo e in largo per quegli spiazzi erbosi! Quante risa, quanta gioia e spensieratezza ammantavano quelle giornate! Sembrano appartenere ad un'altra vita. E, riflettendoci bene, in realtà, forse non mi sto scostando troppo dal vero. Sono finiti i tempi, in cui tutto appariva roseo, senza problemi, o dubbi. Sono finiti i tempi della fiducia nei confronti degli altri, dell'ingenuità, dell'innocenza, ora ridotte a semplici riflessi di una vita che non c'è più.
Ma come ho fatto a divenire un'adolescente così inquieta e scettica, priva di qualsiasi fiducia verso il prossimo, quando fino a pochi anni fa, non ero altro che una bambina solare, orrimista, pronta a scommettere che la vita mi avrebbe regalato solo dei sogni? Ma, pensandoci bene, credo che la risposta a questa domanda sia semplice: è passato del tempo e io sono cambiata, sono cresciuta. Di certo non sono una donna vissuta, non fraintendetemi, non mi sto avviando verso il tramonto, ma gli occhi con cui un tempo guardavo il mondo, si sono soffermati su altro, si sono spinti oltre. Se prima tutto era rosa, adesso ci sono anche gli altri colori, in un caleidoscopio che rappresenta la vita. L'adolescenza mi ha fatto capire che il mondo non ha un' unica tinta, ma ne ha diverse, anche se gli uomini si ostinano a vederne una sola, o a non apprezzare quelle sfumature che tentano di distaccarsi, di distinguersi nell'uniformità generale.
A questo pensiero, non posso fare a meno di sorridere: in tutta la mia vita, credo di aver incontrato una sola di queste famigerate sfumature. Sì, avete indovinato. Miranda Rossi, una donna che sembra tenere la felicità in mano, con naturalezza, come se fosse normale e comune a tutti stringerla in pugno. Una donna che, nonostante a giorno d'oggi il mito dei cosiddetti "due cuori e una capanna" sia ormai fuori moda, ama ancora suo marito come il primo giorno, si occupa di lui, lo rispetta e lo accetta, con tutti suoi difetti. Posso ritenermi davvero fortunata ad avere un'amica come lei, perché tutti, in questa vita, meritiamo di conoscere una persona che sappia andare fuori dagli schemi.
Ma adesso non è il momento di fantasticare, ma di agire, e ciò comporta l'apertura della scatola, offertami oggi dalla mia cara vicina. Sicuramente, lei sa bene come destare la mia curiosità, ma, soprattutto, è a conoscenza della mia passione per qualsiasi oggetto che proviene dal passato. Sapere che dentro quel piccolo contenitore saranno conservati delle piccole testimonianze  di una vita passata, suscita in me un'emozione profonda, un bisogno incontrollabile di perdermi nei meandri di quelle storie. Ma, in questo caso, tutto è accentuto: lì, in quella scatola, è custodita la vita di una persona a me molto cara, dunque dovrei, a rigor di logica, essere maggiormente interessata e, invece, qualcosa mi frena. Da una parte, ho quasi paura di essere sul punto di profanare un qualcosa di sacro, di prezioso, anche se so di aver avuto il permesso dovuto; dall'altra parte, non posso fare a meno di avere un peso che grava sul mio cuore. Ma non ne so spiegare il motivo. È una sensazione strana, ma forte, potente, tanto da avermi costretto ad alzarmi, subito dopo aver aperto la scatola, per raggiungere la finestra, permettendo all'aria fresca si entrare.
E poi c'era dell'altro: perché Miranda era stata così misteriosa? Perché non aveva preferito che scoprissimo insieme il suo tesoro? Di certo non poteva avere nulla da nascondere, ma la sua decisione di lasciarmi sola in questa ricerca, non mi incoraggia particolarmente.
Ma adesso basta, non posso rimandare ancora per molto, soltanto per delle congetture praticamente nate dal nulla. Ma, soprattutto, so già che il contenuto della scatola è davvero importante e questa è una certezza. L'ho capito immediatamente dallo sguardo fremente di Miranda, dai suoi occhi luminosi, dal rossore sulle guance e dal lieve tremore delle  mani. Tutto in lei sembrava voler urlare il legame profondo con gli oggetti che mi stava porgendo, senza alcuna esitazione. Questo pensiero basta a convincermi. Dunque, mi volto, lanciandomi nel letto, facendo cigolare le molle, e sistemandomi comoda a gambe incrociate. Dopo aver indossato le mie adorate cuffie, comincio a rovistare, prima di decidere di rovesciare l'intero contenuto sul letto. Mentre le note risuonano nella mia mente, accarezzo lievemente la copertina di diversi libri, tra cui spiccano dei diari relegati in pelle e legati per mezzo di semplici lacci. Ce ne sono davvero tanti, circa una decina.
Subito, dedido di prenderne uno in mano: è leggero, ruvido al tatto e, aprendolo piano, mi accorgo del tempo che dev'essere passato da quando l'inchiostro è stato usato per la prima volta su queste pagine, ingiallite e consumate dal trascorrere degli anni. La calligrafia risulta diversa, come si può ben vedere dalle difformità che emergono a mano a mano che le pagine mi scorrono davanti: se in alcune di esse, ogni parola sembra essere stata stata scelta con grande cura, in quelle successive, risulta essere molto difficile la lettura, come se l'autore andasse troppo di fretta e non potesse fermarsi sui particolari. Proprio da questo si può capire benissimo la natura spontanea e rivelatrice di questi diari, vere testimonianze  di vita. Così, dopo queste superficiali considerazioni, mi avvicino maggiormente alla lampada e comincio a leggere:
                                         21 Aprile 1968,
                          Gagliano Castelferrato
Caro diario,
dovrei essere in vena di raccontarti la mia giornata, ma non è così. Credo che oggi mi dia fastidio qualsiasi cosa, dalla luce del sole troppo forte al canto degli uccelli tra i rami degli alberi, alla voce stridula dei miei due fratellini che non hanno smesso un attimo di frignare, in quest'ultime ore. Se aggiungi anche a questa breve descrizione le proteste di mia madre, sempre pronta a darmi altre incombenze da sbrigare -quasi fossi una sua dipendente-, capiresti il motivo per cui non mi sento affatto dell'umore giusto per raccontare. Di certo non sono una santa, né tantomeno sono famosa per la mia pazienza, quindi intendo recitare bene il mio ruolo, non badando a nessun'altra richiesta da parte della mia famiglia ciarliera, per il resto della vita! Va bene, d'accordo, forse adesso esagero, ma non è colpa mia. Quindi, se non vuoi sentire ancora una volta la solfa che sto declamando con così belle parole da circa mezz'ora, dammi ragione e basta!
Bene, adesso posso dire, almeno, di aver toccato il fondo: oltre ad aver sbraitato per tutta la mattina come una forsennata contro chiunque non mi andasse a genio, depo pure iniziare a parlare con un pezzo di carta. Sto migliorando, coraggio. Mi sa che per il mio compleanno l'unica cosa che mi meriterei sarebbe un bel biglietto di sola andata per il manicomio più vicino! Anche se, effettivamente, non è stata propriamente mia l'idea di avere un diario, ma comunque ne parleremo più avanti...
Per cui, caro diario, visto che siamo solo all'inizio della nostra avventura, mi pare sia il caso di fare le presentazioni. Piacere, io sono Miranda Rossi, ho quindici anni e vivo in una famiglia abbastanza allargata. I miei genitori, Margherita e Alfio, sono due brave persone -quasi sempre-, due lavoratori instancabili che si prendono cura dei loro figli, cercando sempre di indicare loro la strada giusta, all'insegna di semplici valori, quali la lealtà, l'integrità, il coraggio, l'onestà, valori che erano stati insegnati loro dai genitori, ai tempi. Perché, come dice sempre mio padre, "questi valori sono immortali, perché frutto della terra, figli miei, quella terra genuina e fertile, da cui germoglia la vita stessa". Ahimè, purtroppo, però, la perfezione non esiste: anche i miei genitori hanno i loro difetti, come l'ostinazione di mio padre a voler sempre rimanere fermo sulle proprie idee, senza cambiarle di una virgola, oppure la rassegnazione totale e naturale di mia madre ai voleri del marito, o ancora il suo strano, e alquanto ingiusto, metodo di insegnamento. Meglio lasciar perdere i vantaggi di cui i miei fratellini più piccoli, Francesco, soprannominato "ciccio" e Vito usufruiscono tutti i giorni, a discapito della mia libertà. È mattina? Bene, cara Miranda, è arrivato il momento di rifare tutti i letti. È pomeriggio? Oh, cara Miranda, come puoi esserti dimenticata di pensare alla cena? È sera? Miranda, tesoro, non puoi mica ritenere conclusi i tuoi doveri! Devi accompagnare con la manina i tuoi fratellini a letto, rimboccare loro le coperte e assicurarti di spegnere tutte le luci e chiudere a chiave porte e finestre, prima di andare a dormire.
Questa è la mia giornata tipica, un continuo andirivieni, senza mai fermarsi una attimo, senza mai avere uno spiraglio di libertà, di cui rallegrarsi per andare a fare una passeggiata o leggere qualche pagina di un libro.
Non travisate le mie parole , voglio bene alla mia famiglia, mi piace dove abito, in mezzo alla campagna, a contatto con la natura, ma ormai sono grande. Ho quindici anni. Eppure, non sembra che il futuro abbia in serbo per me qualcosa di diverso, di speciale. Io non voglio vivere così, non voglio trascorrere i miei anni, passando dall'essere una figlia impeccabile e ubbidiente ad una moglie solerte e sollecita. Non posso, non voglio. Io sogno di fuggire, di andare via, lontano, di viaggiare e vedere il mondo. Voglio una vita di avventure, voglio lottare e conquistare, perché io, una ragazzina in fondo, ha molto da offrire a questo mondo, nonostante la mia condizione attuale. Non rimarró imprigionata per tutta la vita, non resterò in una fortezza, guardando con espressione triste la vita che mi scivola via, come granelli di sabbia tra le mani.
Eppure, non posso nemmeno essere egoista, voltare le spalle ai miei genitori, a coloro che mi hanno insegnato tutto quello che so. Come potrei abbandonarli?
Sempre tua,
Miranda
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°
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POV'S ANDREA
Sono le due, quando finalmente apro la porta di casa. Sono davvero esausto. Di certo ho passato una splendida serata: i ragazzi si sono rivelati davvero simpaticissimi, abbiamo riso, scherzato, fatto battute praticamente su tutti i professori della scuola e sulle ragazze della nostra classe. Una serata all'insegna del divertimento, insomma, senza alcun tipo di pensiero negativo per la testa. Ma, come al solito, l'euforia dovuta ad un'uscita con degli amici si spegne immediatamente, una volta varcata la soglia di casa. Appena entrato, sono stato accolto da un silenzio assordante, rotto soltanto da uno strano rumore di sottofondo, cui, in un primo momento, non avevo fatto caso. Mentre mi incamminavo verso la mia stanza, però, al primo piano, avvicinatomi alle scale, colsi immediatamente la provenienza di quello strano rumore: erano singhiozzi soffocati. Subito, quindi, mi sono diretto alla porta della camera di Sara, ma come mi aspettavo, era chiusa ermeticamente.
Così adesso mi ritrovo qui, fuori dalla camera di mia sorella, seduto a terra, con la testa appoggiata alla porta, mentre i miei occhi lottano per rimanere aperti. In questo momento, però, non vorrei lottare, ma solo che si chiudessero, che mi proteggessero dalla realtà, una realtà dove mia sorella è costretta a piangere in silenzio, perché nessuno deve sentire. Perché lei non può avere nessuno che le asciuga gli occhi o mormori parole di conforto all'orecchio, ma può solo accontentarsi di un fratello un po' brillo che la veglia, rispettando il silenzio che era ormai calato sulle loro vite da tanto, troppo tempo.

~Spazio autrice
Ehilà, ciao a tutti! Ecco a voi il quinto capitolo della nostra storia! Fino a questo momento, è stato il capitolo più difficile da scrivere, per la sua complessità e importanza.
Fatemi sapere giù nei commenti qualsiasi impressione e, se avete dei suggerimenti o avete bisogno di qualche chiarimento, non aspettate un minuto di più. Scrivete, scrivete, scrivete! Sarò felice di rispondere. D'altra parte questa è appunto la nostra storia.
-Alla prossima! 🌟

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 02, 2020 ⏰

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