Il lago

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Cosa si nasconde nelle acque gelide di un lago? E cosa cela il profondo della nostra mente? Ci nasconde anche ciò che facciamo?

@2014IreneSartori. Tutti i diritti riservati.
Copertina da fanboy_sclerato015.

1

Solita ora, solito giorno. Sabato, 05.30.
Corro per la stradina di sassi del parco vicino a casa mia; niente lavoro, oggi, quindi ne cosa c'è di meglio di una bella corsetta per riprendersi un po'?
Fa freddino, ma cerco di non pensarci. Nuvolette di vapore escono dalla mia bocca; mi fanno compagnia. Arrivo al lago con il fiatone. Corro solo una volta la settimana, questo giorno, a questa ora e ciò fa si che io non sia molto allenato alla resistenza.
È ora di fare colazione. Tiro fuori dal marsupio una brioche mezza spiaccicata sulla salvietta in cui è avvolta. Rido; sempre meglio di niente. Bevo un po' d'acqua dalla bottiglietta, un morso di brioche e rimetto tutto dentro al marsupio.
Voglio guardare il lago, così mi avvicino di più. Sono un abitudinario, ma non vengo spesso fino a qui. Mi sporgo oltre la staccionata. Le acque del lago sono limpide, brillano alla luce del sole appena sorto. Inspiro profondamente, socchiudendo gli occhi. Sento il profumo puro della natura, che mi riempie i polmoni. Si sta bene qui, come nella casa di montagna dove sono cresciuto. Lì si che faceva freddo.
Sto per voltarmi per tornare indietro, quando qualcosa attira la mia attenzione. Mi avvicino per vedere meglio. Una scarpa. "Che strano". Non oso toccarla o prenderla in mano, ma sono incuriosito. "Che ci fa una scarpa ai piedi del lago?"
Oltrepasso la staccionata, scavalcandola e ignorando completamente il cartello che dice:

Attenzione, è severamente vietato oltrepassare questa staccionata.

Mi avvicino alle sponde del lago. L'acqua è calma, soffia un vento leggero. Se fosse più caldo sarebbe da farci un bel picnic qui. Un rumore mi distrae da questo pensiero.
Faccio un passo indietro. L'acqua è smossa da qualcosa. "Forse è un pesce?".
Poi però la vedo. L'altra scarpa, che galleggia nell'acqua bassa della riva.

2

Mi sporgo per afferrarla, mentre pian piano l'acqua la porta a riva. Questa volta ho il coraggio di prenderla in mano. Una scarpa nera, di donna; lo capisco dalla grandezza e dai lacci rosa. Non è molto consumata. Deve essere finita in acqua di recente.
Decido di avvertire la polizia. Prendo il cellulare... il cellulare. "No, l'ho lasciato a casa". Non mi capita spesso di dimenticarlo. Perché proprio oggi?
Torno indietro e recupero anche l'altra scarpa. Le metto accanto a un cespuglio, pensando che il giorno le avrei di sicuro ritrovate.

Invece, quando il mattino seguente mi reco al parco con la polizia per fargliele vedere, vicino al cespuglio non c'è nulla. Mi prendono in giro? «Erano qui, lo giuro!» dico al poliziotto che mi guarda con una faccia strana. Notò che ha lo sguardo accigliato, come se fosse perplesso. "Ma come! Quello perplesso dovrei essere io!"
«Signore, è sicuro di averle lasciate qui?» Annuisco, ma decido che è meglio non parlare. "Bella figuraccia hai fatto!" dico a me stesso, mentre i poliziotti se ne vanno scuotendo la testa.

Passano i giorni e non riesco a togliermi dalla mente quelle scarpe. Così, il sabato successivo, ritorno al parco. Sono le 05.30. Stavolta ho il cellulare e un sacchetto di plastica per le scarpe. Insomma, mi sono attrezzato per bene.
Comincio la mia ricerca dal cespuglio, dove sei giorni prima avevo lasciato le scarpe gocciolanti. Non c'è nulla, come immaginavo. Però noto qualcosa. Mi chino per vedere meglio. Un laccio, delle scarpe. Sorrido. Almeno non sto cercando per niente. Il laccio è rosa, quindi è sicuramente di quelle scarpe. Ma come può essere finito lì? L'altra volta non c'era. "Qualcuno mi sta facendo un bello scherzo!", penso, avvicinandomi alla riva del lago.
Oltre la staccionata, non vedo nulla di strano. Poi l'acqua comincia a muoversi, come l'altra volta. C'è qualcosa nell'acqua. Ma stavolta non è una scarpa.
D'improvviso mi sento afferrare la gamba. Urlo, cerco di afferrare il cellulare, ma mi cade dalle mani. Mi aggrappo alla sabbia, mentre scalcio con le gambe cercando disperatamente di liberarmi. Invano. Quel qualcosa che mi ha afferrato, mi trascina in acqua.
Prendo un bel respiro, anche se so che non servirà a niente. Poi il lago mi sommerge e non vedo più nulla.

2 ( alternativo)

Mi sporgo per afferrarla, mentre pian piano l'acqua la porta a riva. Questa volta ho il coraggio di prenderla in mano. Una scarpa nera, di donna; lo capisco dalla grandezza e dai lacci rosa. Non è molto consumata. Deve essere finita in acqua di recente.
Decido di avvertire la polizia. Prendo il cellulare... "No, l'ho lasciato a casa". Non mi capita spesso di dimenticarlo; perché proprio oggi? Torno indietro e recupero anche l'altra scarpa. Le metto accanto a un cespuglio, pensando che il giorno le avrei di sicuro ritrovate.

Invece, quando il mattino seguente mi reco al parco con la polizia per fargliele vedere, vicino al cespuglio non c'è nulla. Mi prendono in giro? «Erano qui, lo giuro!» dico al poliziotto che mi guarda con una faccia strana. Notò che ha lo sguardo accigliato, come se fosse perplesso. "Ma come! Quello perplesso dovrei essere io!"
«Signore, è sicuro di averle lasciate qui?» Annuisco, ma decido che è meglio non parlare. "Bella figuraccia hai fatto!" dico a me stesso, mentre i poliziotti se ne vanno scuotendo la testa.

Passano i giorni e non riesco a togliermi dalla mente quelle scarpe. Così, il sabato successivo, ritorno al parco. Sono le 05.30. Stavolta ho il cellulare e un sacchetto di plastica per le scarpe. Insomma, mi sono attrezzato per bene.
Comincio la mia ricerca dal cespuglio, dove sei giorni prima avevo lasciato le scarpe gocciolanti. Non c'è nulla, come immaginavo. Però noto qualcosa. Mi chino per vedere meglio. Un laccio, delle scarpe. Sorrido. Almeno non sto cercando per niente. Il laccio è rosa, quindi è sicuramente di quelle scarpe. Ma come può essere finito lì? L'altra volta non c'era. "Qualcuno mi sta facendo un bello scherzo!", pensò, avvicinandomi alla riva del lago.
Oltre la staccionata, non vedo nulla di strano. Poi l'acqua comincia a muoversi, come l'altra volta. C'è qualcosa nell'acqua. Ma stavolta non è una scarpa.


3

Dalla superficie increspata, affiora qualcosa. All'inizio non capisco, poi distinguo dei ciuffi di qualcosa. Sembra quasi erba, ma sono chiari... troppo chiari. Sono bagnati, ma distinguo i riflessi biondi nel groviglio. Di verde non c'è nulla.
"Capelli! sono capelli!" Mi tappo la bocca, per soffocare l'urlo che mi viene spontaneo. Ora un cadavere galleggia nell'acqua, nello stesso modo in cui galleggiava la scarpa. Vedo la pelle rigonfia, l'intrico dei capelli biondi attorno alla testa.
L'orrore si impadronisce di me e cominciò a correre. Scappo da quel cadavere, cerco di fuggire dal terrore stesso che mi fa tremare le gambe. Mi accorgo di avere ancora il sacchetto delle scarpe dentro lo zaino e questo mi provoca un moto di disgusto. Crollo, mi lascio cadere in ginocchio e vomito lì, nell'erba dietro un albero del parco.
Poi mi ricordo del cellulare. Frugo nello zaino finché non lo trovo e compongo il numero con le mani che tremano . "Vi prego, rispondete!" Porto il cellulare all'orecchio, ma l'aggeggio si spegne. Provo a riaccenderlo, terrorizzato, ma non funziona. Allora lo sbatto a terra. "Maledetto coso! maledetto!" Comincio a piangere come un bambino, tenendomi la testa tra le mani. La nausea mi assale di nuovo, violenta, incontrollabile. Dentro di me sento galleggiare l'acqua come quel corpo senza vita. "No!" chiudo gli occhi, ma continuo a rivederlo. A rivedere quei capelli tinti di biondo. "Perché a me? Perché?"
Poi mi assale una consapevolezza che mi fa piombare nell'orrore più assoluto. Come faccio a sapere che quei capelli sono tinti?







RINGRAZIAMENTI



Questo racconto è venuto fuori praticamente dal nulla, da che mi ricordo. Ha bisogno di una bella revisione, di cui prossimamente mi occuperò.
Intanto ringrazio chi spenderà un po' del suo tempo per leggere, votare, e magari lasciare un commento. Ringrazio molto chi l'ha già fatto.
Poi, ovviamente, un ringraziamento speciale va a fanboy_sclerato015 per la fantastica copertina!
Per ora il racconto finisce qui, ma non è detto che in futuro non possa essere ampliato. Vi ringrazio ancora, e "Il lago" vi saluta.

Irene Sartori













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