CAPITOLO 7

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Mentre stiamo scendendo lascensore si blocca "Tranquillo" sibilo "È tutto ok. Ti ricordi che qualche mese fa è successa la stessa cosa?" annuisce terrorizzato, povero non riesce nemmeno a parlare. Gli prendo le mani e le stringo forte al petto per rassicurarlo; noto che ha gli occhi lucidi, come quando parla di Tommy o di qualcosa che va oltre il suo mondo razionale. "Non stavamo ancora insieme" mi rivela con un tono di voce quasi impercettibile. Arrossisco. "Ma ero già innamorato di te, solo che non lo sapevo ancora." La mia faccia deve aver assunto un colore violaceo, mi manca laria, Enrico deve avermi contagiato la claustrofobia, perché questo ascensore sembra così eccessivamente stretto ora? Non era mai stato così romantico, tranne quando mi aveva regalato quel vestito per il nostro finto appuntamento in presenza del cardinale. "Non sono un inguaribile romantico" accenna un sorriso "Ma nemmeno un bifolco. Ho i miei momenti e probabilmente, nonostante la mia terribile fobia, è quasi piacevole trascorrere da solo con te questi pochi attimi. Durante la giornata non siamo mai da soli: a volte è Mia che ha litigato con Romeo, altre è Giuseppe che ha bisogno di una mano con i compiti, beh sai com'è". Penso che in pochi secondi morirò, anche per me non è normale sentirmi dire da Enrico smancerie da liceo, però è bello ogni tanto ascoltarle. Ormai affondata nellimbarazzo gli stampo un bacio così da non doverlo costringere a continuare il suo discorso mieloso e anche per permettergli di dimenticare per qualche secondo che l'ascensore è bloccato [per la terza volta nel giro di poco tempo, bisogna chiamare un bravo tecnico]. Finalmente riusciamo a fuggire da quella trappola mortale e ci dirigiamo in macchina, entrambi in evidente disagio. Mi decido a rompere il ghiaccio: "Enrico, è normale avere dei momenti di sentimentalismo, capita a tutti, forse è stata la paura a parlare e se non pensi ciò che hai detto dimmelo sub.." "Lisa" ora è lui a prendere la parola "Io ti amo" solo io sento che non cè più aria in questa macchina? "E quello che ti dico è vero, sempre. Tranne quando voglio infastidirti, ma tanto tu ci credi lo stesso ed è ancora più divertente vederti quando metti il broncio" Non posso fare a meno di sorridere, è la seconda volta che mi dice <Ti amo>. Il resto del tragitto lo trascorriamo in silenzio, ma uno di quelli piacevoli e non imbarazzanti che si devono riempire con la musica a tutto volume; finalmente arriviamo alla casa del signorino Niva: è molto grande e moderna, ma quando entriamo è netta la differenza con i mobili di legno in stile rustico. Iniziamo a parlare con Giulio Niva e Marilena, la coniuge, i quali iniziano a spiegarci dei loro problemi con la banca, che voleva pignorar loro la casa, e dei loro guai con il gioco d'azzardo. Chiedo a Marilena dove sia il bagno e lei si offre di accompagnarmi, ma mentre sto varcando la soglia mi prende per un braccio e inizia a dire: "È stato mio suocero, lui mente di continuo e lui e la moglie litigavano più pesantemente del solito. Inoltre quell'uomo non l'ho mai visto una volta sobrio". Entro in bagno senza risponderle e ripenso a quel signore basso e gentile che è venuto spesso in studio nell'ultimo periodo, non me lo immagino minimamente a prendere a coltellate la moglie più e più volte senza pietà. Ma forse ha ragione Enrico quando dice che mi fido troppo delle persone e che anche quella più amabile potrebbe essere la peggiore, ma io ho sempre visto disperazione e voglia di rendere giustizia alla donna defunta ogni volta che l'ho incontrato. Piuttosto, negli occhi di Marilena ho notato una grande rabbia mentre nominava la suocera. Ritorno da Enrico che con lo sguardo che mi trasmette un <Ci sono novità>; ce ne andiamo e iniziamo a parlare del fatto che i conti fossero in una situazione ancora più terribile di quanto immaginassimo: "Dunque il figlio potrebbe avere eccome un movente e il fatto che la vittima sia la madre è un aggravante, no?" "Qui qualcuno ha ripassato eh?" ghigna. "Rischia fino a quattordici anni di carcere." continuo: "Meglio, così il padre, il NOSTRO cliente" mi ricorda il simpaticone "Non ne rischia altrettanti se non di più."
Torniamo a casa e troviamo Perla e Rocco che hanno preparato una cenetta che ha un odore delizioso e anche la tavola è apparecchiata in maniera impeccabile.
"Perla!" sono entusiasta.
"Ma avete veramente preparato tutto voi?" fa cenno di sì con la testa.
"Beh allora iniziamo a mangiare o ce lo guardiamo un altro po'?"
scherza Rocco.
Trascorriamo una serata talmente divertente che mi tornano in mente quelle con il mio ex marito e istintivamente inizio a piangere anche se in realtà mi aveva tradita con quella Virginia, ma le lacrime mi scorrono, mi scorrono e continuano a scorrere, vado in bagno perché non mi piace farmi vedere dagli altri mentre piango. Istintivamente porto le mani al collo e stringo forte il ciondolo che mi aveva regalato. Sento bussare alla porta:
"Chi è?" domando con voce spezzata. "Sono Perla" risponde con voce squillante, ma non troppo.
"Lisa, cosa succede? Dai, ora stai con Enrico, non devi piangere, ti ho fatto pure questa sorpresa.."
"Mi manca" singhiozzo "Tantissimo, nonostante ami molto Enrico, mi manca" piagnucolo.
"Ora ti racconto una cosa." inizia a dire Perla.
"Quando ero piccolina è morto mio padre"
Non lo sapevo e ho il volto di chi è palesemente dispiaciuto.
"Non ti preoccupare, sono cose che capitano" le scende una lacrima solitaria e prende in mano una collanina che le incornicia il collo. "Questa è stata l'ultimo regalo che mi ha fatto, non l'ho mai più tolta"
Le stringo la mano, anche se fa la tosta ha anche lei un lato dolce e sensibile. Mi ricorda qualcuno...

Non dirlo al mio capo 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora