P r o l o g o;

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«Allora? Che te ne pare?»

Harry trascinò il suo piccolo trolley verde acqua guardandosi intorno: i suoi occhi color giada osservavano vispamente mentre il suo sguardo rimbalzava su tutte le pareti di quel salotto spoglio.

Non c'era molto da osservare a dire la verità: un piccolo divano marrone scuro rattoppato in qualche punto ed un televisore anni '90 dai bordi pronunciati, Harry si chiese se avesse il digitale terrestre o anche solo un telecomando.

«Beh...» lasciò andare il trolley portandosi le mani dietro alla schiena, iniziò a giocare nervosamente con i propri pollici «non è male.» Poi sorrise, ci provò.

Anne, d'altro canto, si passò nervosamente le mani tra i folti capelli scuri. Aveva un'espressione stanca ad adornarle il viso ed il più piccolo sentì un tonfo al petto quando sua madre sospirò. Rimaneva comunque bellissima, la più bella donna che Harry avesse mai avuto il piacere di poter guardare.

«Harry...» Anne mollò la sua valigia al centro della stanza e si sedette sul divano rattoppato, uno sgradevole rumore di molle vecchie echeggiò nell'appartamento «Meglio di nulla, no? Il tempo di fare qualche soldo e-» Il fastidioso rumore della suoneria troncò la conversazione sul nascere ed Harry ne fu piacevolmente soddisfatto, non sarebbe stato capace di continuarla autonomamente.

«Pronto?»

Harry lasciò il suo trolley sull'uscio della porta e socchiuse quest'ultima, evitò di fare rumore nonostante questa provocasse un fastidioso stridio.

Ci sarebbe voluto dell'olio per porte, o qualcosa del genere.

«Tutto bene Robin, siamo arrivati. Grazie ancora comunque...»

Robin era un amico di Anne, Harry lo etichettava perlopiù come un "amichetto"; uno di quelli speciali che la donna non gli aveva mai presentato ufficialmente. Al riccio, Robin era indifferente a dire la verità, si era comportato sempre gentilmente con loro due e non avrebbe avuto nessun motivo odiarlo, altrettanto per volergli bene.

«Sì, va bene... allora ci sentiamo.»

Anne mise giù e non riprese la conversazione precedente, preferì non opprimere Harry con qualche strana giustificazione. Si alzò semplicemente da quello scomodo materasso -duro come qualche pietra- e fece cenno al più piccolo di seguirla.

Gli mostrò la casa ed Harry si sentì per qualche istante uno di quelle persone importanti pronte ad investire in un appartamento per il proprio futuro. Le piccole differenze erano caratterizzate prevalentemente dal fatto che Harry avesse solo diciassette anni e che non avesse un soldo bucato, la cosa più preziosa che possedeva erano forse le sue fossette.

Avrebbe potuto conquistare il mondo con quelle -come i gatti malvagi nei film per bambini- e ne era consapevole.

L'appartamentino era apostrofato da due stanze e mezzo circa, ovviamente il bagno era escluso -e per fortuna!-, non era male tutto sommato e, tralasciando la polvere che solleticava il naso e qualche ragnetto che camminava indisturbato, era vivibile.

«Devo dargli una pulita.» Sorrise Anne «Ma non credo sia male!»

Harry starnutì come risposta: era allergico alla polvere ed al polline e lì, sia di polvere che di polline, ce n'erano in gran quantità!

Anne iniziò velocemente a frugare nella sua borsa posata placidamente sulla sua spalla, Harry la fermò con la mano poggiandogliela dolcemente sulla spalla.

«Va bene, mamma. Non ne ho bisogno per ora.» Massaggiò lievemente il muscolo teso di sua madre «Solo, apriamo un po' queste finestre!»

E così fecero, poco dopo Harry decise di portare la sua valigia in quella che sarebbe poi diventata la sua stanza. Spalancò la porta e rimase piacevolmente sorpreso quando notò che la camera in questione non fosse così piccola come immaginava.

C'erano pochi mobili, questo sì: due letti singoli situati agli apici opposti della stanza ed una scrivania rovinata a dividerli, una semplice sedia di legno ed un armadio posizionato proprio di fianco all'ingresso. Il pavimento era di legno duro e le pareti grigio spoglie, l'intonaco cadeva in qualche punto. Harry avvertì un brivido attraversargli la schiena: si sentiva estraneo al contesto.

Lasciò andare il trolley per terra e chiuse la porta. Si avvicinò alla spaziosa finestra situata al di sopra della scrivania mogano, notò quanto i vetri fossero sporchi ed usò la manica della sua felpa per pulirne circolarmente una parte. Era consapevole del fatto che non sembrasse propriamente un ragazzo di diciassette anni in quel momento: aveva un felpone verde pallido -sì, amava il verde- di un paio di taglie in più ed una bandana del medesimo colore a tenergli fermi i ricci ribelli.

Osservò attentamente il paesaggio al di fuori del vetro e, nonostante si trovasse al pian terreno, aveva la piacevole e pacifica visione di un giardino dai colori un po' spogli -data la stagione-, spostò la sedia di legno e si sedette sulla scrivania nonostante il preoccupante rumore sgradevole segnasse che non fosse così resistente.

Harry era un grande osservatore e, proprio per questo, passò il tempo ad occuparsi dei dettagli di quel paesaggio. Notò i cespugli, la piccola fontana più in là e perfino il giardiniere che curava amabilmente il giardino.

Allo stesso modo, il suo guardo fu catturato dall'imponente villa che rovinava un po' quel paesaggio solitario e tranquillo.

Ad Harry non piacevano il lusso e le città caotiche, preferiva di gran lungo la sua catapecchia a quell'abitazione mastodontica: sapeva che se avesse vissuto lì si sarebbe sentito particolarmente inadeguato.

«Harry,» lo richiamò Anne «Devi ancora disfare le valigie?»

Non si era minimamente accorto di sua madre e, nonostante la porta di legno bianco provocasse un fastidioso rumore -sembrava quasi un vizio di quella casa far scricchiolare qualsiasi cosa-, avrebbe potuto continuare ad osservare la sua finestra fino alla fine dei suoi giorni.

«No, mamma. Adesso sistemo tutto.»

Si voltò leggermente verso di lei accennando un sorriso, scese dalla scrivania e decretò mentalmente che quello sarebbe stato il suo nuovo posto preferito.

«Okay, tra poco è pronta la cena.»

Harry annuì ed Anne lasciò la stanza, il più piccolo iniziò a disfare i bagagli per l'ennesima volta nella sua giovinezza.

***

E poi Harry si era addormentato, i ricci sparpagliati sul cuscino ancora senza fodera ed i vestiti un po' in giro. Era arrivato a metà dell'operato quando decise di appollaiarsi per qualche secondo sul materasso.

Anne se ne accorse e decise di lasciarlo dormire: gli lasciò la cena sulla scrivania -nel caso si fosse svegliato-, lo coprì con premura con una coperta ed uscì in punta di piedi dalla stanza.

Erano appena le due del mattino quando Harry aprì gli occhi, notò il buio inghiottirlo e si sentì una stretta alla gola. Ad Harry non piaceva per nulla il buio, se avesse potuto decidere si sarebbe trasferito in uno di quei luoghi dove è sempre giorno.

Afferrò ciecamente il suo cellulare e, una volta trovato, accese velocemente il flash.

Riprese a respirare.

Aveva un gran mal di testa ed incolpò la sua bandana, proprio per questo decise di slegarla e ci riuscì tranquillamente nonostante avesse usato una sola mano. Si rese conto di avere ancora le converse ai piedi, sbadigliò rumorosamente e notò la cena sulla scrivania; inevitabilmente increspò le labbra in un sorriso.

Guardò la finestra e poi il piccolo oblò semi-pulito creato da lui stesso qualche ora prima. Notò come le stecchette di legno gli dessero un'area più vissuta e come quel piccolo spazio lucido si trovasse proprio al di sotto delle stesse. Poteva osservare la luna: era alta ed illuminava paradossalmente il cielo leggermente nuvoloso. Le stelle erano invisibili e solo Sirio riuscì a catturare la sua attenzione.

Harry si rese davvero conto quanto si sentisse alienato dal mondo.

Nothing, nowhere || L.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora