6. Piccole cose.

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La domenica mattina Harry la passò a studiare.

La scrivania di camera sua ospitava numerosi libri, ma in particolare il pesante mattone di chimica occupava la maggior parte di essa. Harry sbuffava lievemente giocando con un riccio che gli cadeva davanti agli occhi, scrutava dalla finestra il prato dei Tomlinson curato in tutte le sue sfaccettature.

Il simpatico anziano giardiniere con cui Harry ebbe il piacere di fare conoscenza qualche giorno prima –si chiamava Bryan- potava attentamente i cespugli con le sue grandi cesoie da lavoro ed il riccio decise fermamente di tenerselo stretto perché, molto probabilmente, il giardiniere Bryan sarebbe stata l'unica fonte di socializzazione per i seguenti sei noiosi e lunghi giorni.

«Bella quella pianta.»

«Oh sì, peccato sia di plastica, giovane Harold.»

Si immaginò le entusiasmanti conversazioni che avrebbero portato a termine.

Nel frattempo cercava vivamente di concentrarsi, portò il cappuccio della penna alle labbra ed iniziò a giocarci: non lo masticava, ma questo gesto meccanico lo aiutava a prendere atto delle parole scritte sulle pagine del libro di chimica. Aveva deciso di studiare poiché il giorno seguente avrebbe avuto, alla terza ora, l'interrogazione e, nonostante il suo docente quarantenne di chimica avesse una cotta stratosferica per lui da qualche anno, Harry aveva deciso di mettersi sotto e conquistare almeno una A= solo con le proprie capacità.

Osservò involontariamente la mansione dei Tomlinson e pensò a sua madre che, quasi sicuramente, era indaffarata a rassettare e riordinare tutto quanto. Non gli importava molto di quella famiglia, ma ad essere onesti, era tremendamente curioso di osservare le decorazioni e gli interni di quella maestosa abitazione.

Sarebbero stati principeschi?

O moderni?

Forse entrambi, ma questo non poteva saperlo. Lo avrebbe scoperto il pomeriggio stesso quando, a malavoglia, si sarebbe recato nell'abitazione in compagnia di sua madre.

L'unica risposta che Harry ricevette, infatti, fu da parte dell'anello aromatico disegnato simmetricamente sulle pagine del suo libro, sembrava che lo stesse guardando male.

Harry ricambiò lo sguardo con altrettanta minaccia.

Avrebbe conquistato e portato a casa quella maledetta A=, costi quel che costi!

***

«Basta, non ce la faccio più.» mormorò a se stesso dopo una mezzoretta scarsa. Se ci fosse stato Niall in sua compagnia, quest'ultimo si sarebbe sicuramente stiracchiato mormorando «Pausa?» ed Harry avrebbe risposto «Pausa.» alzandosi dal suo posto seguito dal biondo dirigendosi poi in cucina.

Okay, le volte durante le quali studiava con Niall erano caratterizzate da interrotti break, ma non importava. Sembrava quasi che lo studio risultasse una pausa e che la pausa stessa, invece, corrispondesse al loro faticoso impegno.

Il suo pensiero volò inevitabilmente all'irlandese e, proprio per questo, decise di sbloccare il suo cellulare e digitare il numero dell'amico. Lo imparò a memoria perché, tempo prima, perse il suo telefono da qualche parte mentre si trovava in gita con Niall e Liam ritrovandosi così sperso nel nulla; fu costretto a vagare senza meta per un paio di ore fino a Portslade, un piccolo paesino in periferia ad ovest di Brighton. Non sapeva come rintracciarli e, perso tra i vecchietti di paese che giocavano animatamente a Scrabble , decise di imparare il numero dei due amici perfettamente -oltre a quello di sua madre-, per le emergenze.

«Ah! Ti ricordi di quando ti perdesti e ti ritrovasti a Portslade

«Diamine Niall, avrò avuto undici anni.»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 15, 2020 ⏰

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