3. Tratta le persone con gentilezza, Harry.

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Harry, quel sabato mattina, si svegliò con una dolorosa erezione: il suo testosterone, quel giorno, aveva deciso di ribellarsi e di non stare al proprio posto. Alla fine, il ragazzo raccolse tutta la sua forza di volontà e lo ignorò bellamente.

Dopo circa un'ora, infatti, era profumato ed avvolto in una morbida felpa bordeaux, un beanie a coprirgli il capo e con la mano teneva ben saldo il manico della metropolitana gialla che prendeva ogni mattina, si sentiva quasi come un uomo d'affari che si dirigeva verso il proprio ufficio -quasi-.

Erano circa dieci giorni che Harry si era trasferito a casa Tomlinson, o meglio, nel giardino di casa Tomlinson; e sì, nonostante fossero scivolati voracemente, Harry continuava a non tollerare quei ricconi imbavagliati dalla punta dei capelli a quella dei piedi, non aveva avuto ancora un incontro ravvicinato con gli stessi, ma Anne gli parlò di loro.

«No, Harry.» Alzò gli occhi al cielo «il signor Louis Tomlinson non è un cinquantenne calvo e bavoso.»

Harry storse il naso a quel nome, gli fece venire in mente la Faure e beh, non era una bella immagine sicuramente.

Terzo step, riferire al signor Louis Tomlinson di cambiare il suo disgustoso nome in qualcosa di più british.

Il treno fischiò e lo speaker della fastidiosa voce metallica riferì la fermata seguente, era la sua. Harry si sistemò meglio lo zaino sulle spalle e si allontanò velocemente da una signora robusta con le guance color porpora. Pesava un bel po' -secondo Harry- ed aveva appena sollevato il braccio per potersi reggere al manico di metallo grigio a causa della mancanza di posti.

L'odore di cipolle ammuffite e la puzza di... puzzola? Sì, quella era decisamente puzzola, gli impregnò le narici, fortunatamente le porte si spalancarono ed Harry corse fuori dalle stesse. Prese un bel respiro e non capì perché le sue mattinate fossero destinate ad evolversi sempre in maniera spropositata ed indecente.

Prese a camminare e le sue converse bianche basse pestarono la linea gialla da non sorpassare, i levi's a cavallo basso cadevano disordinatamente sulle stesse ed il ragazzo ringraziò se stesso per non aver indossato, quel giorno, i suoi soliti skinny -certe volte un po' troppo stretti-.

Uscì velocemente dalla stazione della metropolitana e portò lo sguardo al suo orologio da polso: era in ritardo, il suo bus arancione sarebbe passato tra pochi minuti e lui era ancora molto distante dalla fermata. Doveva correre, non poteva fare ritardo per l'ennesima volta durante quella settimana, così arrotolò le maniche della felpa e si immaginò di essere Sonic per un momento.

Okay, non era blu e non era un porcospino e non lo sarebbe mai stato, ma il concetto era più o meno quello.

Iniziò a correre subendosi qualche lamentela di qualche passante, fece perfino aggrovigliare una signora con il proprio cane ed Harry sorrise scusandosi imbarazzato.

Si fermò a riprendere fiato quando notò, con grande soddisfazione, che ce l'aveva fatta: il cartello che segnava il posto bus e la piccola struttura in vetro -occupata da numerosi ragazzi con in spalla i propri zaini- posizionati dall'altro lato della strada fecero sospirare di sollievo Harry.

Asthme non era venuta ancora a trovarlo quella volta e per "Asthme" Harry intendeva l'asma, aveva deciso di darle un nome per sembrare un po' più cortese o più semplicemente per poter ironizzare su se stesso, preferiva decisamente riderci su, no?

Gli era venuta in mente quella brillante idea durante l'ora della Faure -quella donna era onnipresente, un po' come Dio-. Harry si immaginava Asthme come una bella donna dai lunghi capelli castani avvolta da un tubino rosso, dei lunghi guanti bianchi le coprivano mani ed avambracci ed una collana preziosa -abbinata agli orecchini- scendeva morbidamente sul suo collo pallido. Assomigliava un po' alla figura di cartone di Cèline Dion.

Nothing, nowhere || L.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora