New nightmare.

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Ennesima sveglia, ennesima settimana, ennesima routine. Mi alzai barcollando e poco mancava che cadessi a causa del mio forte giramento di testa. Ovvio! Non mangiavo da due giorni e diciamo che il dolore al capo era il minimo sintomo. Ma io non ci pensavo, avevo scelto quella vita e quella vita avrei continuato a fare, finché ne avevo voglia chiariamoci. Il mio pigiama chiaro presentava dei piccoli cerchietti rossi sulle maniche; erano cerchietti posti orizzontalmente e si trovavano sulle maniche.

"Cazzo" - imprecai.

Sfilai verso l'alto le maniche dell'indumento, intravedendo le bende macchiate di sangue. Avevo dimenticato di cambiarle la sera prima ed ora avevano assorbito troppo sangue per permetterne di raccoglierne ancora. Mi diressi in bagno con l'intento di trovare uno smacchiatore capace di sbiadire le chiazze presenti sulla maglia oppure di renderle il meno sospettabili possibile. Ovviamente nel mio bagno non c'era uno smacchiatore ma non potevo mettere quella maglia nella cesta dei panni sporchi, mia madre se ne sarebbe accorta subito. Tornai in camera e la buttai sotto al letto. Ero a torso nudo, una sensazione molto sgradevole, odiavo essere senza indumenti, anche quando stavo da solo. Allungai le braccia in avanti e vidi i miei tagli. Uno, due, tre, quattro...dodici tagli su entrambe le braccia. La maggior parte erano arrossati dato che erano freschi, gli altri erano solo cicatrici. Cicatrici di ricordi che volevo fossero seppelliti per sempre. Ricordi che mi portarono indietro nel tempo di qualche anno fa.

"Hey palla di lardo buono il dolce, eh?"

"Secondo me i vestiti devi farteli fare su misura"

"Tieni, Harry, ricicla questo pranzo"

Portai le mani al viso mentre piangevo, di nuovo. Nessuno aveva mai amato quello che c'era dentro di me, nessuno mi amava. Non ne potevo più di insulti e così cominciai a rigettare il cibo, diventai anoressico. Ero magro, magrissimo e neppure andavo bene per gli altri.

"Hey posso suonare sulle tue costole?"

"Harry, mi serviresti come scheletro per Halloween"

"Un cane avrà di sicuro più ciccia di te"

Venivo chiamato 'Harry lo scheletro' oppure 'Harry OssaStyles' e faceva male, non ero contento di me, nessuno lo era. Per la società non andavi mai bene, non saresti andato mai bene. Iniziai a sentire un senso di vuoto, avevo bisogno di distrazione, mi venne voglia di farmi del male. Le lamette erano finite, le forbici stavano in cucina...l'unico modo era utilizzare il ferro. Raggiunsi il mio zaino dove tenevo conservato un accendino che usavo solo nei momenti opportuni e questo ne era uno. Lo aprii e frugai tra le tasche nascoste della mia sacca. Finalmente lo scovai e, insieme ad esso, vi era anche un'astina di ferro che avevo rubato nel laboratorio di fisica durante la spiegazione della dilatazione lineare. Fu in quel giorno che mi venne in mente questo altro modo per autolesionarmi e vi avevo trovato più vantaggio rispetto al tagliarmi, solo che dovevo stare attento a non ustionarmi. Presi i due oggetti, mi sedetti con le spalle al muro e le gambe inginocchiate. Misi l'astina all'altezza dei miei occhi e la osservai meglio. Era larga qualche millimetro e luccicava se messa a contatto con il sole. Con la mano destra impugnai l'accendino. Con il pollice feci pressione sulla parte di accensione, subito si levò una fiamma. Era arancione e rossa, mi ci persi vedendo come si muoveva e ondeggiava. Sembrava una ballerina in preda a danze sfrenate. Avvicinai l'astina alla fiamma e ve la misi sopra. Notai che iniziò ad arrossarsi leggermente mentre usciva del fumo. La fiamma accarezzava il metallo in modo costante e il metallo diventava sempre più caldo; anche la parte non sottoposta al calore cominciò a riscaldarsi, dato che il metallo era conduttore di calore. Spostai l'accendino solo quando sentii il pollice e l'indice sinistri andare a fuoco. Posai l'accendino a terra. Vidi l'astina ancora rossa e, con delicatezza, la portai vicino ai tagli. Cercai di trovare una zona libera tra tutte quelle linee che adornavano il mio braccio. Linee inquietanti, presunti e finti graffi di gatto, linee che ormai erano indelebili. Tra due tagli vi era la mia pelle candida senza lesione. Decisi che quello sarebbe stato il posto. Prima di compiere l'azione, afferrai un po' di coperta e la misi in bocca, almeno avrei potuto urlare senza essere sentito. Trasportai l'astina all'altezza del luogo prescelto e...la schiacciai sulla pelle. Sentii l'epidermide logorarsi sotto quel gesto mentre io mi contorcevo dal dolore. Urlavo ma era come se fossi muto perché la coperta impediva di ampliare il suono. Non mi fermai, continuai ad andare più profondamente schiacciando quanto più fosse possibile. Piegai la testa all'indietro mentre cominciai a sudare. Dal braccio cominciò ad uscire una linea rosso cremisi che andò a colpire il pavimento. Bene ma non era finita. Alzai l'astina e notai una linea rossa, sanguinante, spessa quanto l'oggetto. Bruciava, ardeva e in me cresceva il piacere. Portai l'astina su un taglio, volevo provare che effetto avesse, forse un effetto triplicato...bastava solo scoprirlo. Presi un respiro e affondai l'astina ancora incandescente sul taglio rossastro. Come avevo predetto, ardeva maggiormente e fui contento di averlo scoperto così avrei potuto ricorrere direttamente a questo metodo. Urlai per il dolore mentre le mie gambe assumevano varie posizioni, come se fosse un modo per diminuire il male intanto il sangue usciva a grondate visto che il taglio era fresco. Ripetei il gesto altre due, tre volte così da tenermi impegnato con i pensieri almeno per due ore.
Mi rialzai, posai la coperta e cercai delle bende pulite con il disinfettante. Applicai con veloci gesti il disinfettante sui tagli e storsi la bocca per via del bruciore. Misi le bende cercando di fare un doppio strato visto che scuola non avrei potuto cambiarle. Raggiunsi il bagno e mi fissai allo specchio. Il ragazzo dell'immagine riflessa non era più il ciccione di qualche anno fa bensì un ragazzo distrutto, con l'anima lacerata, gli occhi spenti e tristi. Il verde smeraldo che risplendeva ora risultava opaco e velato. Non un'ombra di sorriso, di felicità. Con me regnava il vuoto, il nero.
Indossai una camicia nera e lasciai aperti i primi due bottoni. Scesi giù e subito un odore di cibo mi inondò le narici. Distorsi il naso.

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