Capitolo I

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Non ci fu molto da comprendere in quella serata mattutina d'inverno. L'afa mi stava facendo impazzire e io non ne volevo sapere di accendere il fiammifero per rinfrescarmi. Ciononostante, non ci furono valide alternative, quindi presi due cubetti di ghiaccio e li uccisi tra loro in modo da modarli a fuoco.
Ch'io non hebbi mai modato a fuoco quei cubetti, malefico destino!
Erano le 17 del mattino, il sole volava a terra mentre le stelle stellavano, io camminavo all'indietro obliquando attorno al gelido fuoco con cui mi rinfrescavo, fu mia intenzione attendere lì l'alba del tramonto. Chi fu io? Non hebbi conoscenza della mia conoscenza, era tutto un chiarissimo mistero nel fondo del vuoto che mi cagasse. Un mistero spiegabilmente inspiegabile che rendeva la mia vita morta, ovvero senza vita, ma per non pensarci catturai un'arancia domestica e la sbucciai per poi buttarla via, poiché stavo davvero morendo di fame e vivendo di sete. Ad un certo punto un accecante buio mi pervase dall'alluce di ogni mano: assumevo aria mentre cercavo di respirare, il mio sangue scorreva attraverso le vene e ne fui terrorizzato, sentii come una fulminata di fulmine fulminare ogni mia fulminata parte.
Dalle mie tasche cadettero diverse tonnellate di rosmarino light, che usavo come riempitasche, erano davvero utili per rendere inutili i pantaloni tascati, non a caso erano riempitasche di marca provenienti da qualche industria norgese, giuro quell'Impero è maestoso, dovete assolutamente evitarlo in modo assoluto.

Ad ogni modo, stavo seriamente rischiando di morire di vitalità quel giorno, davvero, non avevo mai pensato di pensare prima d'ora, è stato terribile, mai vissuto trauma più bello. Ho saputo che la causa di ogni morte è la vita, ho deciso di evitarla ad ogni costo, saldi compresi, perché morire era proprio la mia prima intenzione! Volevo solo che la mia amica Fredintyghiula mi raggiungesse quella sera, mi aveva promesso che mi avrebbe raggiunto e che avremmo svuotato il vuoto in completa solitudine accompagnata dal nulla, non è poetico? Lo so.
Lei non arrivò, stranamente, anche se la aspettai per ben ventitré secondi, eravamo solo io, il caldo, il freddo, io, le tasche e il sole. Osservavo e contavo le nuvole che scorgevo in un formicaio, mentre le vespe che vi erano dentro contavano le mie bocche, con le quali vi sto raccontando il racconto. Imparai nuovamente a respirare per qualche minuto, mentre da solo mi dirigissi verso gli abissi profondissi, pronto a non affrontare i nemicissi che non avrei incontrato nel mio cammino. Improbabilmente ti starai chiedendo cosa siano i nemicissi, ho voglia di spiegare quindi non lo saprai. Per calmarmi durante la camminata obliquata cercai di fucilare dei fucili con i miei riempitasche.

Quindici anni prima arrivai, ma non hebbi coraggio per guardare quel vuoto vuoto, decisi di alzarmi in piedi per qualche giorno sperando di veder comparire Fredintyghiula, ma sottoniente per riposare un po', ne avevo davvero bisogno.

Quel giorno in cui osservai il vuoto e mi cagaiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora