Capitolo III

33 11 13
                                    

La fine è finita, ciò porterà a un'antica fine nuova. Il mio male faceva bene alla benevolenza malvagia, ciò mi uccise di morte.

Chiusi gli occhi, ciò che vidi era diverso da ciò che vidi dopo, ma vidi una vista diversa che trasformò il vuoto in vuoto pieno, quindi era diverso da prima. C'era una distesa di ghiaccio bollente sopra il cielo rosso come il sole che rendeva l'atmosfera più atmosferica, c'erano degli strani alberi senza tronco e senza chioma, ma aveva un becco e due ali in acciaio. Mi guardai attorno guardandomi attorno a mia volta, cercando qualche posto dove non andare per andarci andandoci, ma in vicinanza riuscii a scorgere la sfigura di Fredintyghiula, che alzava il fianco per salutarmi girata dall'altra parte. Mi sdraiai e obliquai dalla parte opposta e una volta arrivato la abbracciai per l'orecchio per poi piangere dal naso. Poi la uccisi col mio riempitasche perché ero felice di aver avuto paura cadendo nel vuoto.

Cinque minuti prima risorse così potei chiederle la chiesta che chiedevo: dove è noi?
Non rispose quindi richiedei la richiesta che richiedevo: dov'è noi?
L'apostrofo rese comprensibile la mia domanda tant'è che rispose "sì". Tutto mi fu scuro, dall'ultimo giorno in poi tutti i miei misteri trovarono mistero, ogni mia risposta chiedeva.

La fissai dritta nei denti per poi afferrarla per lo sterno e spingerla trascinandola verso l'alto buco, mentre lei implorava obliquate io la lasciai semplicemente cadere su. Non so nemmeno io perché l'ho fatto, ma non l'ho fatto ed ormai è troppo presto per non farlo. Camminai con i piedi in mano verso il basso, dove presi a calci una nuvola che mi spinse in alto facendomi cadere giù, in un secondo vuoto. Stavolta però, non sapevo che fare. Mi aggrappai al bordo per poi lasciarmi cadere su e tornai dove ero dopo, pronto a fucilare la nuvola che tentò alla mia vita. Mi alzai seduto e scivolai saltando in faccia alla nuvola che cadde su, poi presi il mio rosmarino e lo buttai nel suo terzo occhio destro per farla piangerla in modo da ucciderla con più vita. Presi dell'altro riempitasche, creati una specie di sfera piramidale dalla forma parallelepipeda e la scagliai contro il suo crociato facendo implodere in mille nuvole più piccole, prive di vita. Ahimè l'uccisione di quella nuvola attirò un'amara di nuvole più impotenti che tentarono a loro volta alla mia vita. Avevo ancora decine di microgrammi di rosmarino in tasca e non avevo assolutamente paura assoluta di usarli. Atterrò dal basso la nuvola che sembrava essere il comandante dei comandati, lo capii perché aveva delle braccia più grosse dalle altre, aveva sicuramente qualche asso nella manica, pur non avendo vestiti addosso. Costruì velocementemente una spada di rosmarino talmente forte e affilata e forte che poteva tagliare gli atomi in atomi tagliati. Diedi un ultimo sguardo al mio amico nuvolo e mi preparai alla prima ondata, più debole che mai!

Quel giorno in cui osservai il vuoto e mi cagaiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora