Trentatremilaottocentocinquantaquattro nuvole minori mi attaccarono contemporaneamente una dopo l'altra, ma una misteriosa forza forzuta e conosciuta mi rese talmente forte da essere più forte dei più deboli di me. Con la mia spada spadai le nuvole spadate dalla mia spada che morirono morendo esplodendo in atomi rotti. Le nuvole medie, che erano meno minori di quelle minori, quindi anche meno forti, mi si schierarono sulle costole, pronte a non agire. Con la mia nuova abilità che imparai cinque anni fa sbucciai le nuvole medie e sfruttai le loro cellule pellari per farmi un'armatura in pelle di nuvola media.
Fu poi il turno delle nuvole magiche, queste streghe benedette mi lanciarono pozioni di cura per farmi morire di vita ma io le schivai con la stessa velocità di un giaguaro divenuto carcassa. Con la mia spada uccisi le magie e con esse anche i loro magicatori.
In tutto ciò, eravamo morti soltanto in undici: ovvero io, il comandante nuvolo, le sue sette guardie maggiori e i due spiriti magici: la nuvola di fuoco e la nuvola d'acqua.
I due spiriti non provarono a difendermi attaccandomi e io li fusi in modo da formare qualche granello di sabbia, con la quale mi costruii lo scudo più brutto che io abbia mai usato. Grazie allo scudo riuscii ad uccidere una delle sette guardie morte mentre con la spada parai i suoi colpi, poi afferrai per la lama la lancia del nemico vittorioso e gliela lanciai sotto l'unghia del mignolo, facendolo collassare su sé stesso. Le sconoscenze che acquisii cadendo le vuoto mi fecero perdere una quantità cospicua di potenza onnipotente che mi rese debole. Con cinetelepatiasi raggruppati tutti i pezzi spariti delle nuvole vive e creai una sfera di aria che soffiai contro le restanti guardie per trasformarle in cadaveri morti.
Vedendo la sconfitta il comandante nuvolo rise a crepapalle e quella mossa mi fece cadere in aria con un forte dolore inesistente alle scapole che non avevo: non sapevo più cosa non fare, ero sommerso in una tranquillità incontrollata, rischiavo seriamente di vivere. Sentii il mio avversamico cantare in una lingua comprensibile l'inno di Norge mentre una spada di rosmarino gli perforò la caviglia del braccio sinistro. Io lo guardai guardandolo cercando di cercare il capire di cosa è successo quando le mie orecchie videro una sfigura sfigurata dietro al nuvolo: si trattava di Fredintyghiula. Non riuscivo a riuscire il come fosse, ma lei sorrise furente e mi curò con del veleno per poi piangere. Non mi spiegò che si distrusse la spada raccogliendo i frammenti di rosmarino volati a terra dalle mie tasche bucate, per poi cadere su e tornare giù da me per uccidermi salvandomi. Io la ringraziai offendendola ma appena mi sdraiai alzandomi da seduto per girarmi girandomi le mi pugnalò con una pozione di vita, facendomi cadere in piedi nel cielo mentre perdevo ogni senso.
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Quel giorno in cui osservai il vuoto e mi cagai
HumorUn uomo, una vita, un vuoto e un po' di rosmarino.