Still, I love you

197 13 1
                                    

Oggi sarebbero stati due anni e cinque mesi ed io ricordo ancora il sorriso che mi concedesti dopo l'ultima seduta, convinta che saresti tornata indietro soltanto per riportarlo da me, un giorno.
Ti avevo lasciata andare, pacifica, per la tua strada, convinta tu fossi guarita, cresciuta, felice abbastanza da vivere senza di me.
Poi scopersi che ti eri buttata da quel ponte, su un treno in corsa, perchè senza di me non sapevi come starci, al mondo.
Forse non ti ho capita abbastanza, forse non ti sei voluta far capire e hai mascherato, ancora una volta, il tuo dolore con un sorriso.

Avrei dovuto fare di piú.

Ti scrivo ancora, invece di scrivere di te e del tuo umore. Anche questa volta non sei l'oggetto, ma il soggetto. Forse questo ti farebbe sorridere; già lo vedo quel sorriso tornare un po' mio.
Ed eccomi qui: davanti a me un foglio di carta, al mio fianco il tuo fascicolo, un leggero sorriso sul viso.

All'inizio mi sentivo quasi in colpa, a sorridere senza di te. Non avevo capito che forse, tu, desideravi cosí.
Non lo so se poi vedermi felice ti renda contenta, ma un po' lo spero perchè renderebbe contenta me, al posto tuo.

Sei stata un po' egoista, eh? Ora puoi vedermi sempre... e chissà quando decidi di chiudere gli occhi e allontanarti e quando no. Io, invece, mica posso vedere cosa fai, chi sei, come te la cavi lassú.

Non è cosí tanto equo, non trovi?
Il pensiero di te che mi sorvegli, lo confesso, mi ha un po' perseguitato i primi tempi. Credevo di non potermi permettere di vivere una vita senza di te, che come l'anima buona che eri sempre stata, mi sei scivolata dalle mani con un soffio d'aria soltanto.
Avevo paura che tu volessi risucchiare tutta la vita lontano da me, invece era quello che il tuo ricordo stava facendo.
Tu, tutta la mia vita, te l'eri presa e vissuta mentre eri qui con me.

Sognavi, sognavi molto. Questo lo ricordo. Parlavi di viaggiare in posti lontani con un'emozione cosí grande da farmi desiderare di portarti ovunque, insieme a me. E, quando ero io a parlarti di me e dei luoghi che mi ero portata nel cuore, mi ascoltavi. Lo vedevo il tuo sguardo catturato, e mi piaceva sapere che tu fossi l'unica persona che prestava davvero attenzione a quello che dicevo.

Poi te ne sei andata e io una cosa cosí non l'ho trovata piú. Bello scherzo, la vita, non trovi? Con te ha scherzato troppo, peró.

Mi è ancora difficile pensare lucidamente se di mezzo ci sei tu. Anche ora, che mi trovo qui a versare inchiostro su questa pagina, non so bene cosa dire e quali cose sarebbe meglio scrivere.
In fondo, questa lettera non la leggerai nemmeno, in cuor mio lo so; eppure, non riesco a non preoccuparmi di scriverla bene per fartela piacere.

Due anni e cinque mesi sono molti, secondo la psicologia dovrei già aver passato oltre. Ma cosa ne sa la scelta di quanto possano comandare i sentimenti? Niente, proprio niente.
Io ora, ad esempio, mica ci credo che tu abbia smesso di esistere. Io sono sicura che tu stia esistendo, da qualche parte lontana da me. E sono gelosa di chi ti sta vivendo al posto mio. Io non posso piú viverti e questo non potró mai perdonarlo, né a me né a te.
Non mi dicesti nulla, nemmeno un cenno d'addio. Un sorriso e via, volasti lontana da me. Sei sempre stata un po' ingiusta, tu.

Ed eccomi a ridere, mentre ricordo tutte le cose che mi dicesti. Le adoravo, lo sapevi.

Ma perchè te ne sei andata? Non era molto quello che avevamo, è vero, ma perchè scappare cosí? Perchè non dirmi niente?
Due anni e cinque mesi e ancora non riesco a capire.
Li vedevo i segni sul tuo corpo, come vedevo le ferite nella tua mente. Lo sapevi che li avrei curati, per te. Ma tu hai deciso di fuggire via da me.
Perchè?

Ogni volta che smetteva di piovere, correvi lontana. Avevi paura di quello stato d'animo che non conoscevi. Non sapevi essere felice, non sapevi comportarti in quella maniera. Fuggivi. Non mi lasciavi entrare. Volevi che quella pioggia ti bagnasse di nuovo, perchè ormai la conoscevi e te l'eri quasi fatta amica.
E quella tornava sempre. E allora ecco che correvi tra le mie braccia, spaventata ma grata di provare qualcosa che sapevi, in parte, gestire.
Potevo curarti di nuovo. Non accettavi, invece, l'idea che in te non ci fosse nulla da curare.
Avevi paura che, una volta guarita, ti avrei lasciata andare. Una volta me lo dicesti: le sedute sarebbero finite e cosí non mi avresti piú incontrata. Temevi avrei scordato la tua faccia, la tua voce e la tua storia. Invece tutte erano parte di me, già allora.
La paura ti faceva credere il contrario.

Ti avevano portata qui per curarti dalla malattia che piú spaventava chi ti stava attorno ed io l'avevo coltivata dentro di me invece di scacciarla all'esterno, fuori dal tuo tenero cuore.

Tuo padre non poteva accettare una realtà cosí dura, ti picchiava perchè non poteva credere che gli fosse capitata una figlia malata.
Tu piangevi, sola, stretta alle ginocchia. Poi correvi da me. Mi raccontavi tutto, mi mostravi i lividi ancora visibili, appena spuntati sulla tua pelle sensibile. Io trattenevo il fiato, per darne un po' a te.
Un giorno te ne sei accorta e a trattenere il respiro siamo state entrambe.

Doveva essere un segreto; lo stesso motivo per cui avresti dovuto essere qui, poi.

Tua madre guardava tuo padre toglierti la parola, far cadere le sue mani pesanti sul tuo corpo, e taceva.
Non trovava le parole, ma tanta vergogna: la sua famiglia si stava sgretolando a causa tua. Questo disse quando venne qui per la prima volta.

Io non volevo mica accettare, ma poi ho pensato che forse era il caso di proteggerti da loro. Gli feci credere di avere la cura adatta per le persone come te, invece tu in me trovasti una persona con cui potevi essere te stessa. Parlavamo di tutto, mi raccontavi ogni cosa.
E poi hai deciso di togliermi tutto quanto.

Io mica posso arrabbiarmi, peró.
Con te ho vissuto piú che mai. E so che anche tu lo hai fatto con me.
Solo che qualcosa di pesante ha schiacciato il tuo cuore. Non so cosa fosse, non me ne parlasti mai, ma posso capirlo ora.
I tuoi genitori avevano capito, non tornarono piú qui. Ti avevano vietato di tornare ma tu lo hai fatto lo stesso, quel giorno.
Poi sei salita su quel ponte e ti sei gettata di sotto. E, sul quel treno, hai fatto schiantare un po' anche me.

Eravamo al sicuro, nel mio studio. Era il nostro posto, dove tutto era cominciato. Dovevo curarti e ti ho guarita, con l'amore. Tu hai insegnato a me che la cura migliore, a volte, è proprio quella. Amare.

Non so cosa ne sarà di me ora. Non so se riusciró a trovare qualcuno come te, ma forse dovrei provarci. Che dici? Non lo so cosa ne pensi, ma spero chiuderai gli occhi almeno nei momenti piú delicati. Questo me lo prometti, vero?

Ho riso di nuovo. Un po' mi sento ancora in colpa a farlo, senza te qui con me a ridere della mia risata.

Mi manchi.

Ho imparato a gestire le emozioni in modo piú efficace, da quando ti ho persa. Prima insegnavo a farlo, ma non valeva sempre per me. Ora posso dire di aver guarito una parte di me che non sapevo nemmeno essere malata.

Questa è la prima volta che ti scrivo cosí tanto. Prima scrivevo del nostro amore. Imprimevo ogni ricordo nella carta per non farlo sfumare via. La mente non sarebbe sempre stata dalla mia parte e lo sapevo benissimo. Non volevo perderti assieme al passato. Quindi ti rinchiusi tra quelle poche pagine.

Ora, per la prima volta, non ho lacrime di tristezza da accompagnare a queste parole. Provo solo rimpianto, per non averti saputo stringere meglio, un po' piú forte, per non averti legata a me quel giorno.

E ora, due anni e cinque mesi dopo, riesco a non piangere a causa della tua mancanza. Due anni e cinque mesi e con questa lettera, in fondo poi, volevo chiederti una sola cosa. Una cosa che non ti ho chiesto mai.

Ma tu, quand'è che torni?

Nota: questa OS parla di come l'amore sia nato tra una paziente e la sua psicologa, incaricata di correggerla dalla sua omosessualità. Entrambe sono maggiorenni, un anno di differenza, come Jade e Perrie. Volevo rendere chiaro il concetto che entrambe sono adulte per non far credere che questa storia sia a favore della pedofilia. Assolutamente no.
Solo che l'età non era un dato importante da fornire.

Se le cose sono state poco chiare, le spiego meglio qui: Jade ha accettato di guarire Perrie con l'intento opposto, ossia di parlare con lei e lasciarla sfogare in un luogo sicuro quale il suo studio. Dicendo di essere stata contagiata, fa intendere di essersi innamorata della ragazza e di come questo segreto dovesse rimanere tra loro come la vera causa per cui lei aveva deciso di avere Perrie come paziente.
Quando i genitori di Perrie, in circostanze sconosciute, hanno scoperto della storia tra le due, la ragazza è andata nel suo studio per vederla un'ultima volta e farsi vedere felice da lei, facendole credere che stesse guarendo. Poi si è tolta la vita a causa della peso dato dalla paura di perderla.

Spero che la OS vi sia piaciuta. L'ho scritta di getto e appena finita.
Ho l'umore a terra perció scusate il tema.

I love you all, stay safe <3

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 05, 2020 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Jerrie One Shots | Daddy And Soft AuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora