meant to be

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L'amore. Una sensazione che ti invade senza freno, riempiendo il tuo cuore ogni secondo un po' di più, che ti toglie il fiato e ti mette i brividi sulla pelle per la potenza con cui ti avvolge nella sua stretta. Non lo avevo mai conosciuto, l'amore, non prima di te; l'avevo sognato, avevo letto di lui tra le pagine ingiallite dei libri, l'avevo visto entrare nella vita delle persone e avevo sperato che, una volta arrivato da me, non avrebbe mai smesso di condizionarmi nemmeno per un secondo, che avrebbe accompagnato il mio cuore in ogni giornata; volevo innamorarmi ogni giorno dell'idea dell'amore, eppure non sapevo nemmeno cosa avrei rischiato amando, cosa avrei ricevuto da lui.

Fu solo quando ti vidi che capii di esserci dentro fino al collo, quando sentii le sue ali avvolgermi in un abbraccio bollente, scottarmi il cuore, marcarlo. In quel momento capii che ti avrei amata nel modo in cui avevo sempre desiderato amare qualcuno: intensamente, senza smettere mai.

Tu sei stata tante mie prime volte, forse tutte. Ho capito che non avevo mai cominciato a vivere, prima di te; che stavo aspettando il tuo amore per farlo. Tenerti per mano, fissare il tramonto cercando di non guardare te, cantare fuori dal tettuccio della tua auto, in piedi, lasciandoci questa città alle spalle, correre sulla sabbia, sentire le tue labbra fondersi con le mie, sentire la tua lingua lungo tutto il mio corpo, rabbrividire nel sentire la tua voce profonda pronunciare il mio nome. Queste sensazioni, queste immagini, mi erano del tutto estranee prima; non le avevo mai vissute con nessuno. 

L'adrenalina che provavo quando viaggiavamo per un tempo infinito m'invadeva ogni volta come fosse la prima, con la luna a rischiarire i nostri cuori e tutte le loro mille sfaccettature, mentre un braccio scivolava fuori dal finestrino e la brezza estiva ci carezzava la pelle, la notte si faceva più densa e penetrava le nostre menti e tutto ciò che ci circondava. Ma non ci fermava. Niente ci riusciva. Noi continuavamo ad andare, la tua mano sulla mia coscia come a ricordarmi che noi eravamo lí, che tutto ció che stavamo vivendo sarebbe stato sempre solo nostro e di nessun altro.

Avevi il mio cuore tra le braccia. Potevi distruggerlo o custodirlo. Stavo abbattendo ogni mio muro, ogni mia difesa, per te. Potevi farlo a pezzi, perché ormai ti apparteneva, non era più solo mio, come nulla tra di noi; ma sceglievi sempre di proteggerlo ed unirlo al tuo, perché due cuori che battono allo stesso tempo fanno più rumore di quelli solitari, in cerca di un amore con cui riempirsi, pazzi per la disperazione, bisognosi, ingordi di una qualunque emozione.
I nostri cuori insieme smettevano di piangere quel lamento monotono e iniziavano ad urlare. Volevano farsi sentire. Volevano trasmettere tutta la forza di quell'amore che ci vedeva protagoniste.

Svegliarmi e trovare il tuo viso, la tua pelle carezzata dal cuscino, guardarti con gli occhi chiusi, un'espressione pacifica e un sorriso sulle labbra, portare la mie dita su di loro, sentire morbide sotto al mio tocco, tracciare i loro contorni, i tratti dettati del tuo viso, con una carezza soffice e piena d'amore, senza ritrarre la mano anche quando i tuoi occhi ormai svegli mi stavano guardando, mi faceva credere che non avrei mai osservato nessuno con la dedizione con cui passavo le ore a guardare te, ad imprimere ogni tuo dettaglio nella memoria per ricordarmene nei giorni in cui non ti avrei avuta accanto e portarli sempre con me, ovunque andassi, per accendere il pensiero di te nella mia mente e permettergli di invaderla.

Eri l'unica persona che avessi conosciuto ad amare così tanto il rischio e la scossa che percorreva il mio corpo quando mi prendevi la mano per trascinarmi fuori dai luoghi proibiti dove ci piaceva intrufolarci mi stordiva, fino al punto che quando ero con te nulla mi era più chiaro e ogni mio pensiero perdeva la propria lucidità. E mi piaceva da morire.

Ti chiedevo 'Vuoi fare l'amore con me, qui?' senza inibizioni. Ero senza filtri con te, nulla mi spaventava, nemmeno domande del genere. Ero me stessa e lo capivo poiché quella versione di me che ti facevo conoscere mi era estranea; tu sei stata la prima a farmi capire di non essermi mai conosciuta realmente e ad avermi aiutata a farlo. 

Jerrie One Shots | Daddy And Soft AuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora