3. Conflitto biologico

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«Bu... cky».
Bucky spalancò gli occhi senza lasciare la presa su Steve. L'attimo dopo accese la luce.
Fece pressione sul suo petto per farlo stendere sulla schiena e colse al volo i segni del suo malessere: la gola arrossata e le pupille dilatate, lo sguardo smarrito di chi sta soffrendo e non ne capisce la ragione.
Si abbassò, lento come un predatore in agguato, allungandosi sul suo corpo, annusandolo. Conosceva quell'odore dolce, inebriante. Un basso ringhio gli si formò in gola, ma cercò di trattenerlo.
Il respiro affannato sollevava e abbassava il petto di Steve troppo rapidamente, attirando lo sguardo del Soldato sulla stoffa candida della t-shirt con la quale dormiva, tesa sul torace, incapace di nascondere i capezzoli turgidi. Il suo sguardo scivolò più in basso, desiderando strappargli di dosso il lenzuolo che gli avvolgeva le gambe.
«Steve». La voce di Bucky era bassa e roca; il suo corpo iniziava già a rispondere ai feromoni rilasciati dall'altro. «Sei in calore».
Steve lo guardò smarrito, scuotendo la testa, ma la sua condizione non era fraintendibile. Bucky non trovò di meglio che dimostrarglielo: gli prese tra le dita un capezzolo, attraverso la stoffa, lo strinse con delicatezza, adorando sentirne la consistenza sotto i polpastrelli, e Steve si inarcò, gemendo a labbra aperte, incapace di controllarsi.
«Sei in calore», gli ripeté, senza più riuscire a trattenere un ringhio, e lui rispose con un uggiolato involontario che andò dritto alla sua erezione. Bucky si passò la lingua sulle labbra e infilò le dita tra i suoi capelli sudati, accarezzandogli la testa. «Posso aiutarti, Stevie, ma solo se tu lo vuoi». Erano solo parole; sapeva che non sarebbe riuscito a mantenere a lungo il controllo, non con Steve in calore nella stessa stanza. Non con il Soldato che spasimava per fare suo Capitan America, non con Bucky Barnes che aveva aspettato quel momento per tutta la vita.
Steve si aggrappò al suo braccio, le labbra socchiuse e secche per il respiro accelerato. La sua temperatura si stava alzando. «Buck...». Si umettò le labbra e annuì.
Bucky strappò via dal letto il lenzuolo e salì a cavalcioni dei suoi fianchi, imprigionandogli i polsi sopra la testa. Era sicuro di aver fantasticato su quel momento ogni notte, in un'altra vita, ma non ricordava nessuna di quelle fantasie. Si concesse il tempo di ammirare quel corpo a malapena coperto da un sottile strato di cotone, chiedendosi cosa avrebbe fatto il vecchio Bucky, quanto conoscesse il corpo che scottava tra le sue cosce.
Ebbe bisogno di chiudere gli occhi per un istante, per ritrovare il proprio equilibrio, schiarirsi le idee. Aveva immaginato di accarezzare la pelle di Steve tante volte, di baciarla, di stringerla, di marchiarla. Gli sollevò la maglietta sul petto, scoprendo gli addominali scolpiti, la cicatrice pallida di un colpo d'arma da fuoco sparato da lui solo qualche anno prima. Risalì con le dita aperte fino al torace, sfregando la pelle rugosa di un capezzolo, e Steve rabbrividì sotto i suoi polpastrelli. Il contatto placava la sua agitazione, ma acuiva il bisogno, spingendolo a sollevare i fianchi, in cerca di attrito.
Il tessuto dei suoi slip era teso al massimo, non poteva più nascondere l'erezione prepotente che conteneva. Bucky gli liberò i polsi per fargli sfilare la maglietta, gettandola da qualche parte, sul pavimento, e fece altrettanto con la propria, più rapidamente.
Le mani di Steve risalirono tremanti e calde sulle sue braccia, cercando di afferrarlo, di trattenerlo, e Bucky si passò di nuovo la lingua sulle labbra, prima di chinarsi di nuovo su di lui. Lo annusò ancora; il suo odore stava diventando più forte, più dolce. Gli dava alla testa, ma non voleva lasciarsi andare, non ancora.
«Steve...». Gli rispose solo un uggiolio. Le labbra socchiuse di Steve sembravano invitare le sue, ma, per quanto desiderasse baciarlo, non sapeva se ne avesse il diritto. Forse era un gesto troppo intimo. Aveva preso altri Omega in calore senza farsi tanti problemi, ma con Steve diventava tutto più complicato, e il suo sguardo smarrito, ma ancora grondante di fiducia non lo aiutava affatto. Si decise a premere le labbra sulle sue quasi per disperazione, per soffocare quei versi che lo eccitavano e gli annebbiavano la mente. Un contatto rapido e pesante, che avrebbe voluto essere un morso. Avrebbe voluto succhiargli le labbra e impadronirsi della sua lingua mentre infilava due dita sotto l'elastico degli slip e iniziava a massaggiare la sua erezione nella sua stretta prigione di tessuto. Se Steve avesse voluto fermarlo, quella sarebbe stata l'ultima occasione, ma lui sospirò di piacere, reclinando la testa. Quando espose la gola in una sorta di offerta, l'Alpha gli strappò gli slip ormai umidi. La sua erezione sbatté contro l'addome, imponente e livida, col glande lucido di liquido preseminale.
«Oddio, Steve!». Bucky inghiottì a vuoto, ancora incapace di credere che stesse accadendo davvero, gli occhi fissi sulla forma rigida e arcuata del sesso congestionato, sui testicoli gonfi. Con un mugolio bisognoso, Steve lo riscosse, e Bucky si fece largo tra le sue gambe, divaricandogli le ginocchia. Gli afferrò l'asta e iniziò a pompare, rude e veloce, intenzionato a farlo venire in fretta, per dargli un po' di sollievo.
Steve chiuse gli occhi, lasciandosi andare, spingendosi nel suo pugno come se non esistesse altro al mondo. I muscoli guizzavano sotto la pelle candida catturando lo sguardo di Bucky; i versi che emetteva senza pudore, così in balia della sua natura da non avere coscienza di nulla, lo stavano ipnotizzando.
Poco dopo si inarcò, gemendo con voce spezzata, e venne bagnandogli le dita. Bucky si sentì la mano in fiamme per il calore improvviso; l'odore dello sperma risvegliò qualcosa in lui, quell'istinto Alpha profondo e per lo più sopito che si manifestava in presenza del calore degli Omega. Con un ringhio si liberò dei propri slip, che non riuscivano più a trattenere quello che contenevano.
Come se Steve avesse compreso le sue intenzioni, si rigirò sullo stomaco e, ancora nella spossatezza che seguiva l'orgasmo, sollevò i fianchi e abbassò le palpebre, pronto a essere riempito. Bucky gli allargò le natiche, esponendo l'ano, e scoprì che era bagnato, lubrificato come un qualsiasi Omega, e imprecò sentendo l'autocontrollo scivolare via. Voleva dare molto di più a Steve, e voleva imprimersi nelle mani la sensazione della sua pelle, voleva avere cura di lui e non prenderlo come un animale, ma aveva il cazzo duro come il marmo e stava perdendo la ragione.
Premette con un dito, sentendo la resistenza dell'anello muscolare cedere in fretta, strappandogli solo un sospiro, allora si addossò alla sua schiena, infilò il naso tra i suoi capelli biondi, inebriandosi del suo profumo e posò le labbra sulla ghiandola che pulsava dietro al suo collo. La leccò come se così facendo avesse potuto calmarne le pulsazioni, rallentare la rapida discesa verso la loro natura più atavica, e intanto aggiunse un altro dito dentro di lui.
Steve si apriva per lui, lo lasciava entrare e uscire senza fare alcuna resistenza, muovendo il bacino per andargli incontro, docile.
Con l'altra mano, Bucky gli accarezzò la schiena fino alle natiche sode. Avrebbe voluto accarezzarle e impastarle, ma non ce n'era il tempo.
Sforbiciò ancora le dita dentro lo stretto canale in cui erano immerse e poi le tolse ricevendo in cambio un verso scontento. Si ritrovò a sorridere malgrado la situazione. Portò la mano sotto il ventre di Steve, trovando la sua erezione ancora dura, i testicoli pesanti che gli riempivano il palmo.
Sarebbe stata una notte impegnativa per entrambi.
Si appoggiò al suo fondoschiena, spingendosi nel solco tra i glutei un paio di volte mentre lo massaggiava col palmo aperto della mano destra e con l'altra gli spingeva in basso le spalle, modificando l'angolazione con cui l'avrebbe penetrato.
Lo prese con un colpo solo, fino in fondo, senza esitazione, e si ritrovò senza fiato.
Si morse il labbro inferiore per mantenere il controllo. Per un momento voleva assaporare quella sensazione. Gli bastava un momento solo. Steve era bagnato e caldo, stretto.
Le sue mani si erano serrate sulla federa del cuscino; Bucky era sicuro che avesse stretto i denti per non urlare a quell'intrusione violenta. Gli accarezzò la schiena, dandogli il tempo di abituarsi alla sua presenza, aspettando che il suo respiro rallentasse. Poi mosse piano i fianchi, dentro e fuori. Steve ansimò di desiderio e dolore; non era del tutto presente a se stesso, ma il suo corpo aveva bisogno di sollievo, di essere riempito, e Bucky non riuscì più a frenarsi.
Cominciò a spingersi dentro di lui più forte, più veloce, finché Steve guaì, arcuandosi e sgroppando sotto di lui come un cavallo selvatico. Bucky gli bloccò il busto sul materasso, ringhiò e ruotò il bacino, in cerca del punto che avrebbe abbattuto ogni sua resistenza. A ogni ringhio diventava più docile. A ogni affondo il suo corpo si modellava su quello di Bucky, adeguandosi al suo ritmo.
Bucky strinse le palpebre, anche lui sempre meno lucido. Avrebbe voluto ricordare quel momento, la sensazione della carne di Steve intorno a lui, i loro odori mescolati che diventavano uno solo, aggressivo, dolce, intossicante.
Ma l'ultima cosa che Bucky ricordò fu il sapore del sangue di Steve mentre lo mordeva.


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Note:


Il "conflitto biologico" è la percezione che, nel rapporto con l'ambiente, qualcosa minacci, in maniera inaspettata, una funzione dell'organismo. Ad esempio, che un boccone non possa essere digerito, oppure che un movimento venga bloccato, oppure che il territorio non possa essere marcato, oppure che l'integrità del corpo venga attaccata, oppure che l'organismo non ce la faccia a fare qualcosa di vitale importanza, ecc. Da questo punto di vista, quindi, per logica neurobiologica, non è necessaria la coscienza, nel senso di come noi comunemente l'intendiamo. Possiamo avere un conflitto biologico anche senza esserne coscienti e tanto meno essere coscienti di noi in quanto persone. Tale percezione attiva una disposizione, cioè scatena una cascata di reazioni emotive: il conflitto biologico è, a tutti gli effetti, una particolare risposta emotiva a uno stimolo significativo dal punto di vista biologico, dal momento che interferisce o blocca o minaccia una funzione dell'organismo stesso.

I conflitti psicologici appartengono al dominio della coscienza estesa ed autobiografica; i conflitti biologici, invece, appartengono al dominio non verbale della coscienza primordiale, che ha le sue radici nella continua rappresentazione inconscia del corpo. [Fonte: ]


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