7- Ho fatto na cazzata, Cassiolì

2.4K 81 34
                                    

Erano appena le sette di mattina e la notifica di un messaggio mi svegliò, dato il mio sonno leggero che avevo acquisito negli ultimi anni.

Messaggio da Gabriele.
"So che sei a Roma, possiamo vederci?"

Io e Gabriele negli ultimi anni ci stavamo riavvicinando parecchio, probabilmente era troppo tardi per avere quel rapporto fratello e sorella che avevo sempre desiderato ma ero stanca di serbare rancore e odiare la mia famiglia, sopratutto perché mi era rimasto solo lui. Mia madre era morta più di due anni fa e da quel momento Gabriele sembrava cambiato, si era reso conto di essere stato per anni troppo condizionato da nostra madre. Fortunatamente però stava lavorando tanto su se stesso e aveva deciso di mettere la testa a posto, adesso infatti aveva una compagna con cui conviveva e da qualche mese avevano una bambina, Noemi.
Non mi meravigliavo che sapesse che ero a Roma, in fondo era bastato soltanto un secondo accanto a Niccolò per far uscire delle foto in cui pensavano ad un possibile ritorno di fiamma.
Fortunatamente Chiara non aveva i social e quei gossip lì non le interessavano per niente, anche grazie a ciò non era mai riuscita a sapere nulla di me e Niccolò.

Messaggio a Gabriele
"Sono in ospedale fino alle 14, ci mangiamo qualcosa insieme?"

Avevo iniziato il mio lavoro al Bambin Gesù da quasi una settimana.
Avevo raccontato a Gabriele di questo mio possibile cambiamento quando ero ancora a Milano, ma poi non ci eravamo più sentiti.
Era completamente diverso dal lavorare al San Raffaele, sia per il calore delle persone sia perché era un ospedale solo pediatrico.
Avevo avuto l'opportunità di conoscere meglio i miei colleghi, fortunatamente eravamo giusto cinque, ma nonostante questo mi trovavo molto bene con ognuno di loro.
In quella settimana ero anche riuscita a sistemarmi nel nuovo appartamento, Marco mi aveva anche mandato tutte le mie cose e nonostante alcuni scatoloni erano ancora chiusi, ero già ad un buon punto per rendere quel monolocale solo mio.

Erano appena le 14 quando riuscì a liberarmi dal mio turno in ospedale, era stata una giornata stancante ma nonostante ciò decisi di recarmi al luogo dell'incontro.
Notai Gabriele già seduto ad un tavolino e mi recai verso di lui.

"Ciao Sà" Notai dai suoi occhi che c'era qualcosa che non andava, così dopo averlo salutato con due baci sulle guance mi sedetti accanto a lui.

"Che succede?" Lo guardai capendo che c'era qualcosa che non andava davvero. Lui mi passó una cartella clinica e la prima cosa che vidi era il nome, Noemi.
Aprì la cartella e fortunatamente notai che non era niente di grave.

"Gab, devi portarmela in ospedale. Non posso darti una diagnosi così ma non è niente di grave. Probabilmente si tratta semplicemente di un infiammazione all'orecchio" Notai che il lineamenti dal suo viso da che erano tesi si rilassarono.

"Sara, si tratta di mia figlia. Dimmi la verità, può essere necessario un intervento?" Io alzai lo sguardo dalla cartella a mio fratello e decisi si essere il più sincera con lui.

"Gabri, non posso darti certezze senza avere una diagnosi certa. Sono quasi sicura che sia una semplice infezione e che possa essere curata con un antibiotico. Ma nel caso mi sbagliassi, sta pur certo che faccio scendere Marco. Non farò operare Noemi, se non dal migliore" Gabriele aveva avuto l'opportunità di conoscere il mio ragazzo, e sapeva quanto io mi fidassi di lui in campo lavorativo, non pensavo che fosse il migliore solo perché era il mio uomo, ma avevo davvero tantissima stima in lui, già dai tempi in cui facevo l'università.
Lui aveva conquistato i cuori dei pazienti in pochissimo tempo, nonostante la giovane età, tanto che quando scrisse il suo primo libro ancora non ci conoscevamo quasi per niente.

Mi ricordo ancora il suo modo di corteggiarmi, avevamo iniziato da poco a lavorare insieme ed io ero a Milano da nemmeno un anno, nella mia testa e nel mio cuore c'era ancora Niccolò e non avevo nessuna intenzione di andare avanti, ero convinta che andare avanti significava cancellare il ricordo di Camilla, ed era l'unica cosa che mi era rimasta di lei.
Lui si approcció a me con delicatezza e quando scoprì ciò che avevo passato mi disse semplicemente che lo capiva ma che era davvero interessato a me e, seppur con rispetto, non avrebbe rinunciato a provarci.
Io, in quel momento, ero piacevolmente sorpresa dalla tenacia e allo stesso tempo dalla sensibilità con cui si approcciava.
Ricordo ancora il giorno che uscì il suo primo libro, circa tre anni fa.
Appena arrivai al lavoro me ne trovai una copia nell'armadietto, con tanto di dedica.

Te dimmi dove sei, mi faccio tutta Roma a piedi. - UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora