Ran's pov
Sono passati quattro giorni dall'anniversario della morte di Shinichi, e ancora non ho smesso di pensarci. Non sono uscita dal letto, e nemmeno Conan. Siamo rintanati in casa, con le luci spente, le persiane aperte di poco e un silenzio surreale. Non c'è mai silenzio nel nostro appartamento, non esiste, almeno solitamente, un momento in cui non si senta della musica, o i passi di Conan, o lui che parla al telefono o qualsiasi cosa faccia nell'arco della giornata. Eppure sembra che tutto si sia congelato nel momento esatto in cui l'eco della vita di Shinichi ha lasciato questo mondo, come a fargli onore. Per i primi due giorni Conan è dovuto andare a scuola e mi ha affidata a Sonoko, me la sarei presa se non avessi il disperato bisogno della loro presenza. Mamma ci ha portato la cena dato che di fare la spesa non ci avevamo nemmeno pensato, papà è rimasto con noi tutto il tempo ma non mi è molto d'aiuto: per lo più tiene distratto il piccolo di casa, che come tutti gli anni è ridotto male quanto me. Finn vaga per le stanze come un fantasma, ed è talmente silenzioso che non sai che sta arrivando finché non te lo ritrovi davanti. Lui e Conan stanno più appiccicati del solito. Ai è sicuramente più autoritaria degli altri perché se non fosse per lei non mi sarei nemmeno fatta una doccia. Tiene tutti al passo e le sono molto grata, lo so che per lei non è semplice approcciarsi con noi. A parte con Conan - e forse con Finn - rimane fredda e distaccata, quell'indifferenza zelante a cui non riesci a controbattere. Vederla con il castano è bellissimo, quanto lo è vedere lui con l'americano, perché è così dolce e premurosa da sembrare una mamma. Sono grata anche a Finn, e molto, perché fa sorridere Conan e almeno, per un poco, lo vedo stare bene.
Odio stare così, odio essere triste e dipendere dagli altri, ma proprio non ci riesco a non esserlo. Vorrei tanto che il mio Shinichi fosse qui. Però di tanto in tanto riesco a sentirmi meglio: penso a quello che di bello mi è capitato dopo la sua morte e che forse non sarebbe potuto accadere. Mi ha dato una spinta per andarmene di casa, la mia stanza era troppo piena di ricordi, mi ha convinta ad adottare definitivamente Conan. Mi era rimasto solo lui, non potevo lasciarlo a se stesso. Papà si è dato una regolata grazie a lui, magari non sarei riuscita a conoscere Finn, o vedere Ai crescere e sbocciare, ridermela mentre misuro l'altezza di Conan sullo stipite con un metro. Lui dice di essere un metro e sessantadue, perché a misurare col metro si sbaglia sempre di poco, ma io lo so che è alto un metro e sessanta. Mi giro verso di lui, accanto a me sul materasso, gli sistemo una ciocca di capelli e penso che sarebbe ora di dargli una spuntatina. Finalmente distoglie l'attenzione dal suo libro e mi sorride, vedo distintamente le sue occhiaie violacee, così le accarezzo con un dito. Appoggia il volume sul comodino e mi si avvicina fin quasi ad abbracciarmi, la sua testa sulla mia spalla, le palpebre abbassate e le ombre delle lunghe ciglia sulle gote. E' quasi estate e comincia a fare davvero caldo ma non mi importa, penso che sono stufa di starmene a letto. La mamma ci chiama per il pranzo, nella speranza di farci uscire dalla stanza che ormai sa di chiuso e aria stantia. Do una pacca a Conan e insieme ci alziamo, percorriamo il corridoio, entriamo in cucina.
- La tua cucina non mi è mancata per niente -, afferma papà mentre scruta titubante il piatto fumante davanti a lui. Mamma non ci fa caso e lo ignora, piuttosto si concentra su di me e spedisce il castano a mangiare sul divano con i suoi amici. Ai ha messo un film in inglese, per farlo capire anche a Finn. Conan si appoggia a lui e Finn gli circonda le spalle con un braccio, per farlo stare comodo e magari farlo addormentare, mentre prende il suo pranzo e lo posa sul tavolino. Ai si accoccola su Conan, lo abbraccia e gli accarezza il braccio, guarda Finn e gli sorride dolce, quasi riesco a sentire la parola che gli dicono i suoi occhi.
Grazie.
Sì, grazie, anch'io ho tanti da ringraziare e nemmeno me ne accorgo. E allora mi chiedo, che senso ha struggersi così se Shinichi, in un modo o nell'altro, è sempre qui con me? Vive come vivo io, dentro di me, nelle vecchie copie di Sherlock Holmes che Conan tiene nella libreria, nelle foto, nei ricordi. La mia vita sarebbe diversa - lo sarebbe eccome - e forse più felice, non lo so. Ma se ho tutte queste persone che mi vogliono bene tanto male non può essere, no? Mi accorgo di Conan che mi sta guardando, lì tra le braccia dei suoi migliori amici, con aria stanca e il solito sguardo. Gli sorrido, con un sorriso che sento arrivare agli occhi, e lui ricambia contento. Si distoglie da me e affonda la testa nel petto di Finn, forte, e la guancia si schiaccia e il suo viso scompare. Lui lo osserva prima di appoggiare la testa sulla sua.
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Le stelle si sentono sole?
Fanfiction~La gente non capisce. Non capisce mai~ Questa è una storia d'amore, di crescita ed evoluzione. Quindi, cosa sarebbe successo se Shinichi e Conan non fossero la stessa persona? A sette anni dalla comparsa di Conan e tre dalla morte del detective lic...