3. ~Confusione~

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𝖘𝖔𝖑𝖔 𝖚𝖓 𝖕𝖆𝖟𝖟𝖔 𝖘𝖈𝖔𝖒𝖒𝖊𝖙𝖙𝖊𝖗𝖊𝖇𝖇𝖊 𝖙𝖚𝖙𝖙𝖔 𝖕𝖊𝖗𝖈𝖍é 𝖓𝖔𝖓 𝖍𝖆 𝖓𝖚𝖑𝖑𝖆 𝖉𝖆 𝖕𝖊𝖗𝖉𝖊𝖗𝖊

Confusione.
Era questo quello di cui aveva più bisogno Hongjoong in quel momento. Ed era strano solo da pensare che una cosa così caotica facesse parte di una schema così ben preciso.
Uno schema impossibile da comprendere ed apparentemente senza senso.
Ma alla fine cosa importava di ciò ad una persona che non provava né dispiacere e né pietà.
Quella stessa persona che prima sorrideva in modo innocente e che ora camminava veloce senza alcuna espressione.
Hongjoong non era un ragazzo normale. Lui non andava all'università eppure era stato in grado di costruire la sua vendetta. E per quanto sbagliata potesse essere era pur sempre necessaria.
Lui non faceva trasparire le sue emozioni. Le lacrime non bagnavano più il suo viso e l'unico sorriso che appariva era spento e senza colore. E chiunque incondrandolo poteva chiedersi perché, peccato non avrebbe mai trovato risposta.
Ma in fin dei conti cercarla era una perdita di tempo. Entrare in quella pazza mente criminale era un salto nel vuoto.
Lui ragionava in modo diverso. Non saltava mai a conclusioni affrettate bensì pensava bene a cosa fare prima di agire. Il suo odio aumentava giorno dopo giorno e lui lo lasciava lì. Lo faceva aumentare sempre di più. Abitava in un grande appartamento e là aveva strane abitudini. Poteva essere ritenuto pazzo. Ed in effetti non poteva essere definito in altri modi. Eppure vedendolo una prima volta sembrava un ragazzo normale. La sua pazzia era nutrita dall'odio. Per Hongjoong il mondo non era sinonimo di libertà bensì una prigione con la cella un po' più grande.
Qui tutti erano prigionieri nei propri corpi e nelle proprie maschere.
Ognuno si trovava fermo pretendendo che il mondo iniziasse a girarli intorno ma purtroppo nulla gira intorno se si gira su se stessi.
Ed a quel punto pensi di essere la Stella al centro dello spazio ma quando troveranno il centro dell'universo rimarrai deluso nel scoprire che non sei tu.
Non è facile spiegare il motivo per il quale Hongjoong non fosse come gli altri. Ma in fin dei conti non c'è n'è bisogno perché nella sua pazzia c'era un briciolo di realtà. E se lui era considerato tale allora chiunque poteva essere definito matto.
Anche Haneul Huan Hwang era, nel suo infinito piccolo, pazza.
Perché una persona che nonostante tutto rideva e credeva che sarebbe andato tutto bene non poteva assumere l'appellativo di "normale".
Lei era come un girasole. Guardava solamente dove splendeva il Sole senza preoccuparsi del fatto che dalla parte opposta vi era la tempesta.
Ma questo piccolo particolare cosa importa quando hai la possibilità, o meglio dire il privilegio, di non vedere. Ma il sole prima o poi verrà coperto dalle nuvole ed in quel momento non ci sarà più la possibilità di scegliere.
Kim Hongjoong invece era più simile ad una Ipomea Alba, o più conosciuta come Fiore della luna.
Sbocciava solo di notte e il suo splendore era sottovalutato perché nessuno lo vedeva. Era abituato a vedere solo il lato buio del mondo. Riusciva a vedere la bellezza dell'altra parte solo da un piccolissimo e impercettibile foro.
Loro due si trovavano in punti così vicini ma i loro pensieri erano così lontani. Era come se si trovassero sui due lati opposti della Luna.
Lei vedeva sempre la parte luminosa e lui non riusciva a guardare oltre al suo muro di oscurità.
Erano divisi dallo spazio senza essere pianeti.
Ma infondo stavano entrambi bene così. O almeno era così un tempo. La luce e le tenebre, il "buono" e il "cattivo", dovevano essere due universi paralleli senza mai potersi incontrare. Finché le cose non inizieranno a cambiare. Ed ecco il ragazzo tornare a casa. Era un posto meraviglioso e pieno di luce. Chissà perché aveva scelto di vivere lì. Ma infondo anche quel luogo così allegro, ogni volta che lui entrava, diventava improvvisamente buio e senza vita. La prima cosa che potevi vedere appena entrato era un salotto. Guardando Hongjoong avresti pensato un luogo scuro, con poche finestre e tende nere, pareti dello stesso colore. Invece entrando era un luogo così delizioso, con colori sul bianco e sul panna. Una vetrata enorme faceva entrare luce da ogni dove. Ma la cosa più strana era il castello di carte incompleto.
Si trovava su un tavolino in legno bianco.
Su ogni carta vi era un cognome: Li, Zhang, Liu, Chen...
O una parola: conoscerla.
La prima cosa che fece lui entrando in casa fu prendere un comune pennarello. Iniziò a scrivere una parola: confusione. Aveva proprio una strana abitudine ma per quanto strana potesse essere lo aiutava a mettere in chiaro le sue idee. Non li importava se qualcuno avesse visto quella sottospecie di perversa opera d'arte. Perché in ogni caso non l'avrebbe capita. Bisognava avere una mente contorta e confusionale per capire uno schema così preciso. Sembrava quasi una contraddizione dire tale cosa eppure era la verità. Certe volte nemmeno Hongjoong stesso riusciva a capire la sua mente complessa ma in ogni caso si affidava completamente a lei. Era come se avesse due personalità. La prima era un Hongjoong oscuro e triste. Uno senza un carattere ben preciso, che non provava compassione. Agiva con l'istinto ma nello stesso tempo rifletteva. Era lo stesso Hongjoong che in quel momento poneva delicatamente la carta, esattamente un asso di fiori, sopra al resto. Finalmente aveva completato la base. Sorrise facendo quel gesto. Ma ecco i dubbi. Ecco l'altro Hongjoong che provava rimorso per il passato e speranza per il futuro. Eccolo che si chiedeva se era corretto tutto questo, se era corretto tutto il dolore.
Ma poi penso alla sua di sofferenza e sorrise di nuovo. Era bipolare e questo lo sapeva. Era pazzo ma in questo aspetto era normale perché la pazzia rendeva l'uomo perfetto nella sua imperfezione.
Che frase divertente. Perché la pazzia dovrebbe essere perfetta e nello stesso tempo imperfetta? La pazzia era pazzia. Incurabile e pericolosa malattia. Ma lui non era solamente pazzo. Lui era geniale. "Un manicomio!" Lo avrebbero pensato tutti ma se lui ne aveva bisogno allora serviva a tutta l'umanità.
Perché l'umanità era impazzita. Ognuno lentamente, giorno dopo giorno, perdeva bricioli di normalità.
Ed ormai nessuno più poteva essere considerato tale.

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