Capitolo 8

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------Piccola nota dell'autrice.

Scusate, sono di nuovo in un enorme ritardo. Spero di riuscire ad aggiornare presto e poi magari vi dirò anche dei miei progetti futuri. However, questo è il capitolo, commentate con le vostre impressioni e spero vi piaccia

------Buona lettura

Remember all the sadness and frustration,

and let it go.

-Linking Park, Iridescent

Non ti aspetteresti che duri così tanto, la caduta. E in quel momento sembrava durare un'eternità. Un'eternità condensata in 2 secondi. Il mare si faceva sempre più grande avvicinandosi, e credo che il mio cuore abbia smesso di battere per tutta la durata della caduta. E poi sentii gli spari, non mi ricordo quanti erano, ma ne sentii molti. E un dolore travolgente alla spalla, ma prima che potessi capire o realizzare qualcosa ero in acqua. Il dolore era praticamente insostenibile e mi paralizzava tutto il braccio. Apri gli occhi e vidi che l'acqua intorno a me si stava tingendo di rosso e che lentamente stavo andando a fondo. E per un attimo pensai che potevo lasciarmi andare, ero stanca di lottare e avrei messo semplicemente la parola "Fine" a una vita travagliata e anche piuttosto corta. Ma qualcosa mi spinse a iniziare a nuotare, iniziai a sbattere i piedi e muovere il braccio non ferito, ormai mi facevano anche male i polmoni, in cerca di ossigeno che qui non avrebbero trovato. Qualcun'altro si tuffò vicino a me,mi mise il braccio intorno alla vita e mi trascino in superfice. Aprii la bocca per respirare profondamente e sentii il sapore dell'acqua salata e anche il gusto metallico del sangue. Quasi automaticamente spinsi via chi mi aveva salvato,ancora prima di guardarlo.
-Calma, sono solo io.- mi girai e vidi quei familiari occhi azzurro chiaro,quasi trasparenti, i capelli neri appiccicati alla fronte dall'acqua.
-Dove ti ha colpito?-mi chiese Sherlock
-Alla spalla sinistra.-
Mi riprese per la vita e io mi lasciai trascinare fino alla scaletta di una piccola imbarcazione.
-John aiutala a salire, attento alla spalla sinistra.-
In qualche modo riuscirono a farmi salire, anche se appena arrivata a bordo caddi per terra, ma mi tirarono su uno dei posti a sedere dove mi coprirono di coperte, Sherlock e John continuavano a parlare ma io non li riuscivo a sentire. Tra il dolore e il freddo non riuscivo neanche più a formulare un pensiero di senso compiuto.
-...rischio di ipotermia....perdita di sangue....effetto dell'adrenalina..- sussurrava John mentre guidava la barca.
 Il dolore era diventato insopportabile e credo di aver urlato perché Sherlock si girò e si inginocchio vicino a me premendo un panno sulla ferita.
-Resta con noi.- disse e continuò a ripetere come una cantilena.
E io avrei voluto, davvero avrei voluto restare, ma una parte di me era convinta che se mi fossi rifugiata  in un angolo della mia mente sarei stata al sicuro, e tutto il male, tutto il dolore sarebbe passato lasciandomi inlesa. Così, non mi ricordo né come o quando, mi lascia scivolare nell'incoscienza, perchè rimanere aggrappati alla realtà era ormai troppo difficile.


A svegliarmi fu il bip di un monitor, ci misi un po' per realizzare che era il bip che monitorava il mio battito cardiaco. Lentamente aprii gli occhi e i pensieri al posto di scorrere fluidi erano lenti, viscosi e faticavo a fare le connessioni anche più elementari.
Arrivò un'infermiera che mi disse che le mie condizioni erano stabili,il proiettile era stato estratto dalla spalla e ero quasi andata in ipotermia. Mi disse anche che erano le 20 quindi era finito l'orario delle visite e aveva dovuto mandare via i miei amici.
In un qualche modo ne ero felice perché così avrei avuto tutta la notte per pensare. I dottori però avevano diversi piani per me perchè rimasi tutta la notte a lottare contro il sonno farmacologico in un perenne stato di dormiveglia.
Il mattino dopo nessuno si presentò per le visite, ma nel pomeriggio arrivarono alcuni miei amici, ovviamente ero convinta che Sherlock non sarebbe venuto, di certo non ero in un posto alto in questo momento nella sua lista delle priorità. Forse proprio per questo rimasi molto sorpresa quando comparve sulla porta della camera dell'ospedale. Mi faceva male la gola a parlare ed era difficile concentrarmi quindi quando mi vennero a fare visita non parlavo troppo e lasciavo che gli altri parlassero al posto mio. E Sherlock fu forse quello che parlò più di tutti,veniva ogni giorno e ogni giorno mi raccontava una storia, una delle sue avventure. Il primo giorno mi disse di quando gli avevano sparato mentre investigava su Magnussen, i giorni dopo mi parlò dei mastini di baskerville, della caduta, del grande gioco, della guardia insanguinata e così via. Io lo ascoltavo in silenzio cercando di concentrarmi fino a che lui non finiva, mi salutava e se ne andava.

Una mattina mi svegliai e trovai sul comodino un vaso di rose blu con sopra un biglietto:
"Sai cosa farci. M. 77/12"
Non era la prima volta che vedevo un vaso come quello e ogni vola che ci volgevo lo sguardo era come tornare indietro nel tempo o come guardare in una vecchia foto.
Quando quel giorno Sherlock tornò mi sforzai di parlare perché avevo bisogno di sapere una singola cosa.
-Tenross?-
-È morto da tempo, prima che tu incontrassi il suo amico. Quando ha confessato tutto mio fratello gli ha fatto sparare.-
In tutti questi anni ero convinta che la vendetta mi avrebbe dato quantomeno la pace, ma la verità è che non sentii niente.

I'm trusting youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora