Primo ottobre. Era appena suonata la sveglia del giorno che secondo Cesare segnava ufficialmente l'inizio dell'autunno, della sua stagione preferita. Sin da quando era piccolo la definiva così, e non si sapeva spiegare il vero motivo; forse per i colori caldi o per l'aria accogliente che assumeva bologna con quel clima, forse perché aveva sempre preferito il freddo dell'inverno al caldo afoso della città in estate.
Non lo sapeva, ma non ci si era neanche mai soffermato troppo: la parola "ottobre" nella sua testa equivaleva a "spensieratezza", e questo gli bastava.
Come tutte le mattine, dopo essersi messo una felpa, dei jeans scuri, le sue amate vans gialle e aver messo le cuffiette nelle orecchie era partito da casa, per andare a piedi al bar all'angolo, che ormai era diventato il suo bar di fiducia.
E Lui, come tutte le mattine da quasi un mese a quella parte, era lì. Cesare non pensava che il ragazzo, seduto sempre nello stesso tavolino, fosse lì per lui, dopo tutto neanche si degnava di alzare lo sguardo per sorridergli quando entrava o usciva dal bar, ma in fondo, il suo lato da sognatore, un po' ci sperava; anche se non lo conosceva l'idea di essere interessante agli occhi degli sconosciuti lo affascinava molto.
Il ragazzo era moro, più basso sicuramente di cesare e la maggior parte dei giorni indossava degli occhiali sottili. Gli occhi, sotto alle lenti, cesare non li aveva mai visti veramente, non ci si era potuto riflettere.
Il moro era diventato una costante delle sue mattine: vederlo lì dentro, concentrato a scrivere chissà cosa su un quadernino mentre beveva il suo caffe e mangiava un cornetto all'albicocca gli trasmetteva felicità, in qualche modo. A Cesare piaceva immaginare gli sconosciuti in dei contesti ben precisi, eppure con il moro non ci riusciva, non riusciva a immaginarlo in un contesto meno serio. Era così tranquillo in quel bar la mattina, sempre da solo con i suoi pensieri e la sua penna; le luci soffuse e calde del bar e la musica lo-fi nelle casse creavano atmosfera intorno.
Forse per il fatto che non riuscisse a pensarlo altrove, forse perché era oggettivamente un bel ragazzo e sembrava tranquillo Cesare moriva dalla voglia di conoscerlo, di sapere perché andasse tutte le mattine in quel bar, di sapere cosa scriveva su quel quadernino che sembrava tanto importante. Voleva entrare nel suo mondo, per abbandonare anche se per poco quel cumulo incasinato di pensieri, domande e cose da fare che era il suo.
Tutte le mattine Cesare si sedeva in un tavolino vicino a lui, nella speranza di mettere da parte la timidezza e di far partire una conversazione. E tutte le mattine, invece, iniziava a farsi mille pare e non concludeva niente. Infondo, cosa avrebbe dovuto dire ad uno sconosciuto che neanche si accorgeva della sua presenza?
Si perdeva spesso in pensieri di questo genere e a farlo tornare alla realtà era sempre il rumore della sedia vicina che sfregava per terra, indicando che il ragazzo se ne stava andando.
Anche quel giorno erano trascorsi chissà quanti minuti e i due non si erano scambiati neanche un sorriso, o un cenno di saluto. Cesare, arrabbiato con se stesso e Lui, che se andava tranquillo con faccia soddisfatta per il lavoro svolto.
Il tempo passava, Cesare ancora seduto nel bar con lo sguardo fisso sulla porta e il ragazzo chissà dove in giro per Bologna.
Dopo aver pagato ed essersi alzato per uscire, il riccio aveva notato però sul tavolino accanto al suo, quello del moro, una penna, probabilmente scordata lì. L'aveva presa, senza pensarci troppo, per usarla come scusa per potergli finalmente parlare il giorno dopo. E così fu, puntuale come al solito, Cesare entrò nel bar e trovando il ragazzo, sorrise. Si sedette, prese tempo togliendosi la giacca e ordinando la colazione. Poi si fece coraggio e picchiettò lievemente con l'indice l'altro tavolino. Il più piccolo chiuse il quadernino che stava leggendo, si sfilò gli occhiali dal naso e girò la testa verso Cesare, sorridendo.
"Un sorriso sincero, non uno di quelli che porgi ad un estraneo per strada se lui ti disturba" pensò Cesare. Gli porse la penna, dicendogli di averla trovata il giorno prima e mentre il moro, ancora sorridente, lo ringraziava, lui spostò la sua attenzione sugli occhi scuri del ragazzo. Era la prima volta che riusciva a vederli davvero, che riusciva e perdercisi dentro, che poteva provare a capirli.
Da quel giorno in poi tutte le volte che entrava nel bar cercava quegli occhi scuri e dolci che gli trasmettevano amore, cercava quel ragazzo che avrebbe definito ormai amico, e lo cercava senza nemmeno sapere il suo nome.
Non avevano perso tempo a chiederselo direttamente. Si tenevano compagnia tutte le mattine da quasi un mese, parlavano, scherzavano e si scambiavano idee, e non erano servite presentazioni vere e proprie.
Cesare gli aveva detto più volte il desiderio inspiegabile che aveva avuto di conoscerlo, sin dalla prima volta che l'aveva visto lì dentro, e il ragazzo non ne era rimasto stranito, anche se non aveva mai detto di voler conoscerlo fin da subito, e questo un po' lo abbatteva.
Una fredda mattina di inizio inverno mentre si sfilava la sciarpa ed entrava nel bar però non trovò quegli occhi ormai così familiari. Si sedette al primo tavolino libero sperando che Lui fosse solo in ritardo, ordinò il suo solito cornetto vuoto e aspettò l'entrata del piccolo. Invece del piccolo però arrivo la cameriera con l'ordine e un post-it giallo con su scritto qualcosa. Dopo averlo porso a Cesare spiegò che il suo "amico di tutte le mattine", così lo aveva definito, era passato dal bar qualche ora prima, aveva lasciato il biglietto, e aveva detto di star partendo per un po', che si sarebbero rivisti tre giorni dopo.
Cesare ringraziò la ragazza, e prese il post-it.
"Sai, anch'io vorrei sapere tante cose; di me, di te, e di noi. Nicolas."
Cesare lo rilesse un paio di volte soffermandosi sul nome, che fin da subito gli sembrò fin troppo adatto al ragazzo.
Infilò il post-it nella tasca della giacca, stando attento a non piegarlo troppo, come se fosse una cosa di estremo valore, e sorrise.
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tutto ciò che ho sempre voluto; cesolas au
FanfictionUna collezione di oneshot cesolas. Quando mi sento ispirata e quello che scrivo non mi fa schifo potrei anche aggiornarla. (11.07.2020- #2 cesolas <3 17.07.2020- #1 cesolas <3)