2. Koibito Sosaku

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07:00 del mattino di un giorno qualunque, la sveglia del cellulare situato sul comodino accanto al letto cominciò a suonare.

"No dai ancora un altro po' ", sussurrò Koibito durante il dormiveglia. Passarono altri 5 minuti e suonò nuovamente. Contrariato, allungò il braccio verso il cellulare disattivando la sveglia. Era solito impostarla la sera precedente per svegliarsi ed andare a scuola il giorno successivo ma, puntualmente, il sonno prendeva il sopravvento favorito anche dal suo nuovo e comodo materasso in lattice.
Stava per riaddormentarsi quando un raggio di sole attraversò la finestra finendo dritto sul suo volto, illuminando il ciuffo dei suoi corti capelli scuri. Sul viso trasparì un'espressione infastidita, si strofinò con le dita della mano gli occhi color nocciola, realizzando che probabilmente era il momento di svegliarsi.
Come se non bastasse qualcuno bussò improvvisamente e con voce alta e tono ironico affermò:

"Su dai Kobi in piedi, sei sempre il solito dormiglione, hanno sentito la sveglia perfino i pesci dentro il fiume".

Era Leo, il papà di Koibito. Sia lui che gli amici erano soliti chiamarlo con il suo nome abbreviato e quando gli si chiedeva come preferisse essere chiamato, non era in grado di dare una vera e propria risposta. Koibito o Kobi, non mostrava alcuna preferenza.

"Mi alzo, mi alzo", rispose con voce stridula, pensando tra sé: "ogni mattina la stessa storia".

Si alzò dal letto e, mentre cercava di togliersi il pigiama, il suo sguardo cadde verso la foto situata sul comodino che lo ritraeva sorridente all'età di 10 anni accanto al suo piccolo cagnolino, Panko, in un amorevole abbraccio su un prato verde a pochi passi dal loro tempio.

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Panko era un piccolo Pinscher che fu salvato, a pochi mesi di vita, da Kobi e suo padre che lo avevano trovato abbandonato lungo il fiume, denutrito e senza una dimora. Fin dal primo momento Kobi, che aveva sempre avuto un debole per gli animali, fu colpito dall'animaletto e dalla sua sofferenza tanto da decidere di adottarlo senza alcuna esitazione:

"Papà possiamo portare questo piccolino a vivere con noi?", chiese con un groppo in gola.

"Certo figliolo, ma tieni bene a mente che ti dovrai impegnare a prenderti cura di lui come se fosse un tuo familiare, per tutto il resto della sua vita", rispose Leo, anch'egli rattristato nel vedere l'animaletto sofferente.

"Vedi Kobi, avere un animale, qualunque esso sia, significa prendersi tanta cura di lui, giorno dopo giorno, dargli le giuste attenzioni, il giusto affetto, accudirlo e non soltanto dargli da bere e mangiare o fargli qualche coccola", continuò con tono deciso e con la saggezza tipica di un padre verso il figlio.

"Lo farò papà, mi prenderò cura di lui e veglierò sempre su Panko!", affermò deciso.

"Panko?", chiese Leo sorpreso dalla rapidità con cui il figlio avesse già scelto un nome.

"Si papà! Non vedi le briciole intorno a lui?", gli rispose.

Poco prima di essere trovato, qualcuno di passaggio aveva lasciato qualcosa da mangiare al cagnolino ed erano rimaste soltanto delle briciole. Panko significa "briciola".

"Hai sempre avuto molta fantasia", disse Leo ridacchiando.

Da quel momento il cucciolo divenne a tutti gli effetti un membro della famiglia e Kobi prese alla lettera le parole del papà. Egli si prese cura di lui più di sé stesso e con gli anni cresceva sempre di più il suo amore verso le creature ripugnando tutti coloro che commettevano atti di violenza contro di esse.

RISVEGLIODove le storie prendono vita. Scoprilo ora