4. Verso il destino

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A pochi passi dalla metro, si intravedeva la Fenix verso cui si incamminarono ormai vicini alla conclusione del loro ultimo anno scolastico. Intorno alla scuola si poteva ammirare una vasta area verde formata da alberi e cespugli ben curati dai giardinieri che vi lavoravano. Inoltre, la zona era formata da diversi campi sportivi e da alcune aree su cui erano posizionati dei tavoli per favorire lo studio all'aria aperta, oltre che spazi ricreativi per gli studenti.

Lungo il sentiero, i tre ammirarono lo spettacolo offerto dalla fioritura primaverile dei ciliegi.

"Wow, che meraviglia!", esclamò Neko osservandosi intorno. "Ogni anno è come se fosse la prima volta".

Inu, colpito dallo stupore e dalle sensazioni di Neko, cercò subito di approfittare della situazione per fare colpo su di lei. Si chinò verso terra raccogliendo uno dei tanti fiori di ciliegio caduti e, lentamente e con dolcezza, gliene mise uno tra i capelli, mossi dal leggero e piacevole vento che tirava.

"Ma guarda un po' come ti dona. Sembra fatto su misura per te", disse Inu con tono sicuro, certo di aver fatto una buona impressione su di lei.

"Molto carino da parte tua Inu, sei davvero così gentile con me", gli rispose Neko forzando un sorriso. Dentro di sé, per quanto avesse apprezzato il gesto del compagno, desiderava che quel fiore lo avesse raccolto Kobi. Ma così non fu. Egli si stava godendo appieno la fioritura dall'armonioso colore rosa dei ciliegi che li circondavano, tanto da ignorare completamente il gesto di Inu.

Proseguendo, si scorgeva una fontana rotonda circondata da erba molto bassa, con alcuni scalini, e situata a pochi passi dall'ingresso della scuola. Questa era formata da un edificio centrale, nel cui punto più alto si ergeva un grande orologio, e da due lunghe strutture laterali.

Erano le 08:25 quando i tre entrarono in classe, ormai soliti arrivare tra gli ultimi rispetto agli altri compagni.

"Sosaku!", si sentì chiamare Kobi da una voce prepotente alle sue spalle.

"Vedo che oggi sei più in ritardo del solito. Hai per caso dato qualche pezzo di carota ad un coniglietto smarrito? O forse delle mosche da sgranocchiare a qualche rana in uno stagno?", continuò il tizio con tono sarcastico accompagnato dalle risate di alcuni dei suoi tirapiedi.

Era Unari, il bullo della classe! Si presentava con delle braccia e spalle larghe, petto all'infuori ed un po' di pancia che metteva in risalto il suo peso leggermente superiore alla media. Indossava un orecchino sull'orecchio destro ed una collana d'oro, probabilmente sottratta a qualcuno con la sua solita prepotenza. Vi erano delle volte in cui si limitava, tipicamente, a minacciare i più deboli facendosi dare la merenda, altre in cui si spingeva oltre, ottenendo roba di valore anche attraverso l'uso della forza.

"Non ti conviene provocarmi Utari, la giornata non è iniziata col piede giusto e potrebbe non essere il tuo giorno fortunato", rispose Kobi in maniera temeraria rivolgendosi al bullo senza voltarsi.

"Se vuoi posso dare a te qualcosa da mangiare, ma vorrei evitare che ti esplodano i pantaloni di questo passo", continuò senza esitare.

Neko, come il resto della classe, osservava quanto stava accadendo, intimorita e con la paura che Kobi potesse essere picchiato dall'altro. Aveva le mani incrociate quasi come se stesse pregando, mentre Inu si teneva pronto nel caso fosse necessario intervenire in difesa del compagno.

Utari si sentì corrodere dalla rabbia, sia per le sue parole che per il coraggio che nessun altro trovava nell'affrontarlo. Istintivamente caricò il suo pugno per scagliarsi contro di lui ma, quando Kobi si voltò di scatto rivolgendogli uno sguardo fulminante, esitò. Per quanto si facesse grande e grosso temeva la freddezza di Kobi, temeva quello sguardo. Dopo essersi fermato per un attimo provò a colpirlo, quando una voce con tono duro si levò:

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