3 - Agony

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Ci alziamo tutti, ma prima di andare lancio un'occhiata ad Artemisia per controllare il suo stato: per fortuna è riuscita a ricomporsi quasi subito e sono abbastanza certo del fatto che le suore non noteranno nulla. Fermo il mio sguardo su di lei per poter studiare meglio il suo aspetto: i lunghi capelli castani sono raccolti in una coda disordinata, il vestito a fiori che indossa esalta il fisico minuto e i suoi occhioni ambrati fanno da protagonisti sul suo viso, è bellissima nonostante i segni del crollo di poco fa.

Il percorso tra salotto ed entrata della parrocchia è breve, ma nessuno di noi quattro può fare a meno di percorrerlo lentamente, quasi con paura che appena i due portoni di legno si apriranno un mostro dai mille denti ci divorerà e verremo tutti cancellati dalla faccia della Terra.

Più vado avanti e più il magone che tengo in gola minaccia di farmi scoppiare in lacrime, fino ad ora ho pensato poco a al mio stato mentale; stava succedendo tutto troppo in fretta perchè io mi fermassi e dessi libertà e tempo al mio cervello di processare tutto, ma questa camminata infinita sembra il momento perfetto per farlo.

Penso a come ci sono arrivato a questo preciso e surreale momento: la sera dell'ultimo giorno di scuola rientrai a casa dopo aver festeggiato con la mia piccola comitiva, avevo chiesto a tutti consiglio se dirlo a papà e a Giorgia e tutti mi diedero il loro appoggio dicendomi che le loro porte sarebbero state aperte in caso avessero reagito male.

Ricordo di aver smesso di mangiare, avevo il cuore che batteva all'impazzata e non riuscivo a mandar giù neanche mezzo boccone. Quando mio padre mi chiese se fosse successo qualcosa sputai il quella frase quasi urlando "Papà sono gay!"

Il suono delle posate che sbattono sui piatti, la vocina di Juliette che richiama l'attenzione della madre perché non stava capendo il motivo di quel silenzio improvviso e l'urlo di Giorgia che inveiva contro di me chiamandomi Demonio, contro natura e disgustoso.

Appena ebbe finito di urlarmi contro mi alzai da tavola per fare una borsa e correre da un mio amico che abitava vicino, ma lei chiuse la porta e mi disse, sempre urlando, che avrebbe risolto tutto.

In tutto ciò mio padre era rimasto a tavola a finire di mangiare.

Sono questi i ricordi che ho del mio coming out e non c'è giorno in cui non mi pento di aver aperto bocca.

Vengo riportato alla realtà da Suor Maria - Bene ragazzi, tra poco entreremo in parrocchia dove la sessione di preghiera durerà due ore, sappiate che ogni giorno, per due volte al giorno, dovremmo venire qui. Oggi però abbiamo deciso che la sessione sarà unica e durerà il doppio, per lasciarvi liberi la sera- potrebbe sembrare una bella notizia all'apparenza, ma il mio rapporto con la chiesa è così pessimo che la sola entrata della parrocchia della villa mi fa' venire i conati di vomito, ma questa volta non riesco a perdermi nei ricordi dato che la suora ci fa' cenno di iniziare ad entrare.

Faccio qualche passo sulla navata e decido di volermi sedere su una panca nel centro, non troppo vicina, ma neanche troppo lontana, sinceramente questa cosa mi ricorda i primi giorni di scuola e i mille pensieri su dove sedersi per non fare cattiva impressione ai professori.

Appena le suore notano la mia intenzione di prendere posto richiamano la mia attenzione e mi indicano le panche in seconda fila, deduco che qui i posti siano assegnati, che fastidio.

Ricomincio quindi a camminare per la navata, appena giro per sedermi sento sotto alle suole qualcosa di duro, abbasso lo sguardo e non so se essere sorpreso, triste, arrabbiato o urlare.

Ceci e chiodi.

Il pavimento e costernato da ceci crudi e chiodi semi arrugginiti, rimango impalato davanti allo scenario che mi si piazza e noto che Neith e le due ragazze hanno avuto la mia stessa reazione, rimaniamo tutti lì: immobili e senza parole, cosa dovremmo fare ora? inginocchiarci su quel pavimento delle torture e pregare a voce alta per due ore di seguito?

13 scalini per la lunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora