Non ho idea di quanto tempo fosse passato dal momento in cui svenni a quello in cui riaprii gli occhi. Ero disteso sul fianco in una putrescente pozza di sangue e vomito secchi, che, in parte, mi si erano attaccati alla guancia imbalsamandomi la barba. Il cattivo odore era insostenibile, ma, non appena pensai di alzarmi per allontanarmi il più possibile da quel ripugnante angolo, mi accorsi che nessuna parte del mio corpo rispondeva più ai miei ordini. Persino le braccia che, fino a qualche istante prima, si dibattevano e strusciavano sul pavimento provocandomi degli inimmaginabili dolori erano ora ferme, immobili. Come mi era successo con i muscoli delle gambe, sentivo ora quelli di tutto il corpo dibattersi nel tentativo di generare anche solo un minimo movimento. Ma solo i miei occhi sembravano essere in grado di spostarsi. Ero fritto. Da dove mi trovavo adesso, con la testa allineata alle porte dell'ascensore, avevo riacquisito una panoramica completa sul corridoio. Stavolta mi resi immediatamente conto che nulla era cambiato, eccezion fatta per uno strano rumore che proveniva dalla zona buia in fondo. Era paragonabile al fruscio prodotto dalle spighe in un campo di grano durante una giornata particolarmente ventilata e sembrava aumentare costantemente d'intensità. Il cuore mi martellava furiosamente nel petto, quasi a voler aiutare gli altri muscoli a rompere quella barriera che era il mio stesso corpo. Contraevo persino ogni singola fibra del collo, ma niente. La pelle era come immobilizzata, divenuta più dura della pietra. Sentii una riga di calore accarezzarmi brevemente l'estremità dell'occhio destro e capii che era l'ennesima lacrima che stava andando a depositarsi in quello schifoso laghetto sul pavimento, una volta candido. Poi lo vidi per la prima volta. Ancora non riesco a trovare le parole per descrivere ciò che vidi e nemmeno riuscirei ad associarlo a qualche specie di essere vivente conosciuto. Poteva essere un alieno così come qualcosa di proveniente da universi paralleli. O forse era di più. Era qualcosa che trascendeva il concetto stesso di essere. Ricopriva ogni parete e sembrava un enorme tappeto ricoperto di fili di nailon che si attorcigliavano per avanzare. Quella era la cosa che mi aveva portato fin li, che mi aveva distrutto il corpo e che mi aveva fottuto con il giochetto del carrellino. Ne ero sicuro. Ancora oggi ne sono sicuro. Mi aveva messo in trappola come il ragno fa con la mosca. L'unica differenza stava nel fatto che quella cosa non si era dovuta prendere la briga di tessere ragnatele. Ero io stesso la sua ragnatela e la sua preda. Quell'essere piatto aveva ricoperto ogni cosa intorno a me. Tutto era grigio ed indefinito. Riuscivo appena a percepire la profondità e a riconoscere quelli che erano stati il corridoio, le lampade, il carrello e le porte. Quando avvertii uno strano formicolio risalirmi dal basso capii che stava per iniziare e fu allora che, forse aiutato da quella stessa cosa che, volenterosa di evitarmi un ultimo orrendo spettacolo, svenni ancora una volta. Mi svegliai sul divano di casa. Da allora sono alla disperata ricerca di quel luogo, nonostante medici e psichiatri continuino a dichiarare il mio stato di completa follia. I pazzi sono loro.
Angolo dell'autore:
Questa è la conclusione del primo di una serie di racconti brevi. Spero che altri appassionati e non possano aver apprezzato questa piccola, seppur intensa, avventura horror.
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Reparto Follia
HorrorTi svegli nel reparto di un ospedale psichiatrico abbandonato. Ti giri, ti rigiri, ti guardi intorno e non sai dove sei o come ci sei finito. La paura ti paralizza. E dopo? Dopo realizzi di essere nel reparto della follia.