Provai ad alzare la mano sinistra da terra nel disperato tentativo di bloccare il braccio destro, ma ormai quelle due estremità del mio corpo non mi rispondevano più. Sottostavano agli ordini di qualcun'altro, qualcos'altro. Le secche lacrime che avevano rigato il mio volto qualche istante prima fecero da apripista ai fiotti che adesso sgorgavano dai miei occhi. Dolore e paura si stavano sommando sulle mie guance, oltre che nella mia mente. Per quanto il dolore stesse cominciando a provocarmi dei conati di vomito, mi costrinsi a riportare lo sguardo sul corridoio e a riprendere la concentrazione che quell'abominevole visione mi aveva inevitabilmente strappato. Cercai di distogliere l'attenzione dal convulso movimento delle braccia, che ormai consideravo belle che perdute. Se avessi voluto fare qualsiasi cosa avrei potuto fare affidamento solo sulle mie gambe. Non appena posai gli occhi sul corridoio ebbi l'impressione che qualcosa in quel desolato e spoglio quadretto che avevo davanti fosse cambiato rispetto a qualche istante prima. Strinsi le palpebre nel tentativo di mettere a fuoco un elemento alla volta del corridoio nel tentativo di capire quale pezzo del mosaico fosse fuori posto. Oggi attribuisco al terrore quel momentaneo rallentamento delle mie capacità cognitive, ma in quel momento mi sembrava di dover cercare un ago di dimensioni microscopiche all'interno del pagliaio di proprietà di un gigante. Analizzai un soggetto alla volta.
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Reparto Follia
KorkuTi svegli nel reparto di un ospedale psichiatrico abbandonato. Ti giri, ti rigiri, ti guardi intorno e non sai dove sei o come ci sei finito. La paura ti paralizza. E dopo? Dopo realizzi di essere nel reparto della follia.