Chapter Twenty Six.

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Chapter Twenty Six

*Ashton Pov*

Il corridoio dell'ospedale era lungo e completamente vuoto. L'unico rumore a farmi compagnia sono i passi degli infermieri che camminano su e giu; ogni volta ne fermo uno per sentire come sta la paziente della 187.

"La situazione è stabile."

Ogni volta, sempre la solita risposta. Ne di più, ne di meno.

Mi affacciavo alla vetrata che mi mostrava lei, la mia ragazza; era immobile. Aveva una mascherina dell'ossigeno e la flebo attaccata al braccio destro.

Era tutta colpa mia.

Avrei dovuto proteggerla.

Invece...non ci sono riuscito.

Provai ad aprire la porta, ma era bloccata, solamente da dentro oppure un infermiere dotato di carta magnetica poteva aprirla.

'Eravamo a fare una passeggiata in bosco, era tutto tranquillo e meraviglioso; quando ad un cacciatore  partì un colpo di fucile prendendo Malia nella gamba'

Tutti noi, Michael, Chiara, io...avevamo detto questa storia a Jared; e apparentemente ci aveva creduto.

Un infermiera passa velocemente nel corridoio e apre la porta di Malia chiudendola immediatamente non appena avanzai per entrare pure io.

Mi voltai e me ne tornai a sedere su quelli sgabelli ridotti male tremendamente scomodi.

Il cellulare nella mia tasca vibrò, lo presi in mano e lessi il nome sullo schermo.

"Dylan Brook!" Dissi in segno di saluto.

"Sappiamo niente?" Domandó

"La situazione è stabile" Rifilai la solita frase che ogni volta rifilano a me.

"Vorrei venire in ospedale ma mio padre mi ha bloccato in casa"

"Aspetta....non me ne frega un cazzo"

"Gentile come sempre testa di merda."

Mi voltai vedendo il dottore che ha operato Malia per l'esportazione del proiettile e  lasciai un attimo Dylan in linea.

"Testa di merda ci sei ancora?" Lo sentii dire.

"Salve sono Ashton il ragazzo della paziente Malia Shadow, vorrei entrare oppure sentire una frase diversa dalla solita 'la situazione è stabile' che mi hanno rifilato in questi due giorni."

Il dottore accenna un sorriso e si mette una penna dentro il taschino del proprio camice, dopodiché si toglie gli occhiali che ha indosso.

"La sua ragazza è molto forte."

Lo so dottore, lo so.

Ha perso molto sangue, ma ce  la sta facendo in un modo pazzesco!" Il mio volto assume un espressione sollevata e felice.

"Nel giro di poche ore, potremo farla entrare dentro. Ma per il momento vada a casa, si rinfreschi un po' e dopo torni con un bel mazzo di rose rosse, così non appena la ragazza si sveglierà avrà davanti a lei la persona che ama con i fiori più belli del mondo".

Sorrido al dottore e lo ringrazio infinitamente. Dopo mi ricordo che ho Dylan ancora in linea. Porto il cellulare all'orecchio. Sbruffando.

"Culetto ci sei ancora?"

"Un uomo da sposare." Commenta Dylan riferendosi al dottore. "Aspetta come mi hai chiamato?" Replica accorgendosi del nomignolo assegnatoli. Accenno un sorriso.

Dopo tutto non è così antipatico Dylan Brook.

"Culetto." Ripeto cercando di non ridere.

"Aspetta perchè 'Culetto' adesso?"

Già me lo immaginavo, stufo con una mano sul fianco.

"Ti sei mai visto? Hai la pelle come il culo di un neonato." Rido.

"Se non fossi chiuso in casa, testa di merda tu saresti già morto."

Attacco la telefonata e monto in macchina per poi dirigermi a casa.

Mio padre si era ripreso, non ricordava niente, forche ciò che l'ho fatto credere che sia successo.

'Sei inciampato ed hai battuto forte la testa. Tutto qui'

Entrai in casa e trovai mio padre sulla poltrona in sala con in mano una foto di mia madre e nell'altra mano una bottiglia di Whisky.

"Adesso vai a farti una doccia e posa questa bottiglia." Prendo tutto ciò che aveva in mano e lui con un lamento si dirige in bagno.

Mia madre...la mia adorata madre; guardai la foto e non feci a meno di trattenere le lacrime. Se era ancora in vita, sarebbe stata fiera di me. Avrebbe capito il mio amore verso Malia e mi avrebbe detto che non è una semplice cotta; è ben di più.

Mi metto un po' del profumo tanto amato dalla mia pulce e dopo montai nuovamente in macchina. Accesi la radio e mi lasciai trasportare dalla musica, mi è sempre piaciuta, e fin da piccolo ho sempre cantato.

Parcheggiai davanti al fioraio e scesi. Molte donne anziane parlavano del più e del meno, mentre i loro mariti ridevano e si raccontavano delle cose che l'hanno rallegrati in passato.

"Buongiorno." La fioraia anch'essa anziana sfoggiò un gran sorriso e si appoggiò al balcone. "Volevo quindici rose rosse."
"Oh ottima scelta figliolo! Scommetto che sono per la tua amata!"

Mi piaceva la parlata antica degli anziani, fanno sembrare tutto così importante e magnifico.

Ammicco un sorriso e mi gratto imbarazzato la nuca.

"Vuoi un consiglio?"
"Certo" Rispondo educatamente.
"Portale anche questi cioccolatini." Apre una vetrina piena zeppa di confezioni con dentro cioccolatini.
"La ringrazio." Sorrido e prendo in mano la confezione.

Dopo avermi dato le quindici rose rosse abbellite con un po' di vischio e averle profumate con un buon profumo pago e torno in macchina. Avrei dovuto scrivere su un  foglietto una bella frase.

Perciò prendo una penna e mi appoggio al volante pensando e ripensando ad una frase semplice ma piena di amore.

"Tutto ad un tratto non  è la gravità a tenermi attaccato al pianeta.

Sei tu."

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