Esistono dei momenti in cui preferiresti che la tua vita fosse una tratta Roma-Milano qualsiasi, di quelle senza scali, in cui puoi affaticare gli occhi al di lá di un finestrino che pretende di essere un obló capace di vestire gli alberi sfrondati dal vento e i palazzi ingrigiti dal fumo delle fabbriche di un blu mare autentico, perché hai la consapevolezza che tutto ciò che stai facendo é unire i capi saldi di ciò che ti ha reso grande, di ciò che ti ha reso chi sei, proprio come fa il treno macinando strada nel mezzo dell'Italia.
Perché capitano, sai? Come se riuscissero a spuntare fuori dal fondo di una vecchia scatola di scarpe che ti eri promessa di dare in beneficienza al fine di appagare, anche solo per un istante, quel senso di responsabilità civile che ti impongono sin da piccolo, assieme alla necessità di essere un consumista. Divieni consumista, per poi pentirti di esserlo. Cosí succede con questi momenti: cominci a sentirti vivo, per poi pentirti di esserlo.
Ci sono situazioni, circostanze, occasioni che ti espongono alla necessitá di accendere l'interruttore dei sentimenti per riempirti di un qualcosa che non hai mai avuto, di una fumea opaca in cui non riesci a specchiarti ma che, per la prima volta, ti dá la sensazione di essere felice. Di aver raggiunto la felicità solo perché hai eliminato tutti gli spazi che ti facevano sentire vuoto e insensato. Come un salvadanaio che trova ragione di esistere quando ci infili i tuoi primi risparmi.
E cosí smetti di domandarti il perché delle cose e cominci a vivere il perché delle cose, finché ti rendi conto che anche il fumo, per quanto possa darti l'illusione di colmare i vuoti, ha un inizio e una fine circoscritti nel tempo. Si fa spazio tra gli interstizi dei denti e allarga le spalle per scappare via senza che tu te ne accorga, o possa opporti, o possa rimediare al vuoto imminente che torna a regnare dentro di te.
Rimani con un sibilo di vapore che sfugge dalle narici e la consapevolezza di essere tornato al punto di partenza, arrivando a mettere in discussione, nella maggior parte delle volte, quella felicità con cui ti sembrava di dipingere sopra le nuvole, seppur per una breve acchiapparella tra le lancette. L'unica cosa che si fa spazio sul palmo della mano é la certezza di quei momenti della tua vita in cui la felicità potevi sentirla nel sangue che si raggrumava nelle vene, assieme alla certezza rabbiosa con cui ti guardi indietro, sperando che il fumo non ti sia mai entrato dentro e non abbia corteggiato ogni parte di te.
Avvicino le ginocchia al petto puntando i talloni scalzi sul divanetto e mi stringo nella coperta, in modo tale che avvolga bene le spalle e le faccia smettere di tremare. I ciuffi d'erba a quest'ora prendono il colore del petrolio e mi fanno pensare al porto di una vecchia città in cui i ragazzi non giocano più per strada. Sciolgo i capelli e dopo averli sentiti respirare, li richiudo nella loro prigione: solo cosí si abitueranno al vero senso della vita.
La porta comincia a cigolare di colpo, con quel rumore decrescente che io ho sempre trovato confortevole, e una vampata dell'odore della sua pelle sudata si fissa agli angoli della mia bocca come ami da pesca, strappandomi un sorriso che sa di potremmo arrivare a non parlarci più, ma sapremmo sempre ritrovarci senza volerlo. Guardo di nuovo i ciuffi d'erba e ora tutto il patio esterno si veste del balconcino su cui abbiamo vissuto la nostra morte.
"Perché ridi?" mi domanda accennando un sorriso a sua volta.
Alzo la spalla e scruto ogni suo più piccolo movimento mentre incrocia le braccia dal freddo e mi cammina incontro. Ha legato i capelli in quella buffa acconciatura con una piccola cipolla alta sulla testa e nasconde una pelle meno lucida del solito dietro gli occhiali a lente rotonda. Aspetto in silenzio mentre Gaia si arresta al mio fianco e quando piega le gambe per occupare il resto del divano, riesco a sentire un Posso? che maschera subito dopo con un colpo di tosse.
Non vuoi essere ridicola, ti capisco.
Pretendere che tutto sia paragonabile a prima che associassi il blu ai tuoi occhi, quando non riesci nemmeno a sederti al mio fianco senza chiedere permesso.
Eri quel tipo di persona, credevi ancora nel bene che nasce dal male.
Ma ti capisco, sai?
Vuoi solo la cosa più facile per tutti.