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Ti ho incontrato per la prima volta... Anzi, ancora prima di guardarti sono stato colpito – letteralmente – da te, che mi sei caduta addosso inciampando sui miei piedi mentre passeggiavi.

Te lo ricordi? Era domenica, sul lungomare, tu eri con la tua amica del cuore e io con quelle bestie dei miei compari. Mi sei caduta tra le mani e hai urlato con la tua voce squillante, così acuta, quasi fastidiosa, e ho posato lo sguardo su di te.

Avevi messo la matita nera e tanto mascara, ma sudavi dietro gli occhiali e stava colando un po' tutto. Hai sollevato il viso e mi sono sentito colpito da una freccia. Mi sono fissato come uno scemo sui tuoi occhi marroni, profondi e lucidi e il mio cervello è evaporato.

Ti sei scusata in fretta, imbarazzata a morte e rossa da scoppiare, ma io mi sono alzato e mi sono avvicinato di nuovo a te, coi miei amici che bestemmiavano, straniti.

«Ale, cazzo fai? È una bambina!»

Avevi i capelli spettinati dal vento e la faccia troppo pulita per avere la mia età.

«Ehi.»

Mi hai guardato, spaventata e sconvolta, e ti si è spento il sorriso. Per la prima volta in vita mia mi sono sentito vulnerabile di fronte a una ragazzina che probabilmente andava ancora a scuola.

«Tranquilla, non ti mangio mica.»

Me la ricordo la tua amica che ti strattonava per un braccio, il rossore sulle tue guance e quell'incertezza – anzi, no: quella paura nera – cambiarti i lineamenti.

«Mi dispiace, per prima», hai detto, «stavo solo...»

Ti ho teso la mano e mi sono presentato. Tu hai sorriso e a me sembrava già di aver vinto qualcosa.

«Valeria.»

Niente numero, per carità. Eri già abbastanza terrorizzata senza che iniziassi a provarci sul serio. Ricordo di essermi chiesto se mai qualcuno ti avesse guardato come ti stavo guardando io in quel momento, se mai qualcuno ti avesse fatto sentire desiderata e voluta, così fortemente come io stavo facendo in quel momento.

«Ci rivediamo qui, sabato prossimo?»

«Sì, e io dovrei credere che sarai di nuovo qui, in questo esatto punto?»

Mi hai guardato con tutta l'innocenza della tua inesperienza e per me sei diventata una specie di sfida, una scommessa con me stesso che non avevo nessuna intenzione di perdere.

«Vedrai.»

Ci sono voluti altri due sabati, proprio lì in quell'esatto punto, prima di avere il tuo numero. Erano i tempi della summer card e consumavamo gli sms gratis sempre prima della mezzanotte.

«Quanti anni hai, Vale?»

«Sedici.»

Cazzo.

Le bestie di satana dei miei amici dopo averlo saputo hanno iniziato a fracassarmi i maroni.

«Hai ventun anni, Ale. È una bambina.»

Avevo ventun anni, ma tu eri la creatura più bella che avessi mai visto. E ti volevo nonostante la tua età, nonostante tutto.

Ci vedevamo il sabato pomeriggio, con la tua amica rompipalle sempre appresso. Di sera parlavi meglio, però. Lo schermo ti faceva sentire protetta e mi raccontavi i tuoi segreti. Era commovente il modo dolce in cui ti aprivi, il tatto con cui chiedevi di me, la delicatezza innata nell'entrare nella mia vita in punta di piedi. Ti immaginavo rannicchiata nel tuo letto col telefono in mano e mi addormentavo che sorridevo come un coglione.

Era frustrante questa relazione telematica e un giorno, 'fanculo, ti ho chiesto di fare sega a scuola, con me. Facevo il turno del pomeriggio al Carrefour, potevo stare con te fino alle due.

Eri fuori da scuola e mi cercavi con gli occhi, quella cartella pesante ricoperta di stickers. Ti hanno circondata in tre, potevano avere la tua età e ti guardavano come si guarda una preda. La conoscevo bene quella faccia di merda, l'avevo indossata io stesso nei tempi passati.

«Levati, cicciona, sei in mezzo alla strada!»

Ti sei spostata, ma i tre hanno iniziato a ridere.

«Hai paura, scrofa?» «Non puoi manco correre, lardosa!»

Ho messo in moto la macchina con una sgommata e l'ho fermata a un pelo da quei bastardi, strappando loro un paio di imprecazioni. Sono sceso senza spegnere il motore e te lo giuro su Dio, principessa, solo il modo in cui mi hai guardato quel giorno mi avrebbe potuto far venire nei pantaloni come un adolescente vergine, se non fossi stato attento.

Ho afferrato uno di quei cessi per il colletto e l'ho guardato in cagnesco.

«Ma chi cazzo sei?»

«Il suo ragazzo. Hai problemi con Valeria, pezzo di merda?»

Se la sono fatta sotto, lui e i suoi amici del cazzo. Quello che tenevo per il collo si è messo a miagolare qualcosa di incomprensibile, paonazzo.

«Si scherza.»

L'ho messo a terra e gli ho dato uno spintone.

«Scherza con qualcun altro, cacasotto. Se ti rivedo intorno a lei ti ammazzo di botte.»

Mi sono voltato verso il tuo sguardo adorante e ti ho messo una mano sul viso.

«Sali in macchina.»

Tu hai svolazzato fino al sedile e io ho preso il posto di guida. Gli stronzetti erano ancora mezzi morti e mezzi vivi, ma dopo un'altra occhiata sono entrati a scuola a testa bassa.

Tu te ne stavi con le mani in mano, tutta eccitata.

«Grazie.»

Ti ho accarezzato i capelli senza dire altro e ho parcheggiato in un posto all'ombra.

«Prima... Hai detto che sei il mio ragazzo.»

Cazzo. Non mi ero nemmeno reso conto di averlo detto.

«L'ho detto.»

Mi hai guardato con gli occhi lucidi, imploranti.

«E...?»

Avrei voluto farti di tutto. Le cose più oscene che ti vengono in mente, avrei voluto prenderti lì, su quel sedile, mentre mi guardavi con la bocca leggermente aperta e gli occhioni languidi.

«Vuoi che sia il tuo ragazzo, Vale? Vuoi metterti con me?»

Sei rimasta zitta per così tanto tempo che ho quasi temuto che mi dicessi di no. Ci sono voluti anni perché capissi che stavi solo cercando di trovare le parole nel mare di bava che ti riempiva la bocca.

«Sì, Ale.»

Mi sono avvicinato lentamente prima di baciarti. Ti ho preso il viso tra le mani e tu hai chiuso gli occhi. Ho poggiato le labbra sulle tue e l'ho capito subito che non avevi mai baciato nessuno, prima, perché ci è voluto un po' prima che aprissi la bocca e mi lasciassi entrare. Eri rigida, timida e impacciata e sapevo che non avevi idea di cosa fare. Ti ho lasciato provare, leccarmi le labbra, giocare con me. Mi sono staccato con un sorriso e tu hai aperto gli occhi. Mi hai guardato ed eri felice. Brillavi come una fiammella, tutta arrossata.

Hai nascosto la faccia contro il mio collo e io ti ho stretta in un abbraccio. Ho posato un bacio sui tuoi capelli e sono tornato indietro nel tempo, sono ridiventato un adolescente vergine e coglione e ho pensato, ti giuro, che tutto il sesso che avevo fatto non valeva quel momento lì.

Sempre stato innamorato di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora