- Keiji -
La voce severa di suo padre, risuonò dal fondo della scala.
Il ragazzo distolse lo sguardo dalla finestra, cristallina, illuminata dai caldi e dorati raggi di fine estate. - Scendo subito -, la gola era allacciata dall'eccitazione, eppure il suono della voce era il solito: calmo, basso e rispettoso.
Si allungò rapido sulla sua libreria, tirando fuori casualmente uno dei volumi consumati.Attraversò rapidamente la stanza, facendo cadere gli occhi sul titolo. Sorrise lievemente. Se lo ricordava bene, quel volume. Da bambino lo aveva letto, o meglio, fino a quando non aveva trovato la parola "astruso", e lo aveva gettato da una parte.
Tanto era cambiato in quel luogo e in Keiji, da quel tempo. Ma l'importanza di quella stanza non era minimamente diminuita, in cuore del ragazzo.
Era sempre il suo posto sicuro, ristrutturato o pieno di roba vecchia, scintillante o residenza di cumuli di polvere.
Lo aveva sempre consolato stare lì, come nessun'altro era mai riuscito a fare. Quelle mura erano le sue più fidate compagne, mentre gli altri bambini giocavano per le strade.Il posto che lui, e lui soltanto, poteva visitare.
Scese rapidamente, saltando qualche gradino, per trovarsi faccia a faccia con suo padre, il viso sempre contorto in una smorfia contrariata, ma gli occhi azzurri luccicanti.
- Sbrigati, oppure farai tardi per il tuo primo giorno di superiori.-
A quelle parole, si limitò ad annuire, un debole sorriso sul volto mentre con la mano salutava l'uomo e si approntava ad uscire. Non prima di aver ascoltato le raccomandazioni della madre, tipiche del primo giorno di scuola. Ormai le conosceva a memoria.Uscì di casa in perfetto orario, il libro ancora tra le mani.
L'espressione che portava in volto era attenta e composta, come sempre. Gli occhi di giada osservavano attorno a se con concentrazione penetrante, ma si perdevano spesso nel vuoto, mentre la mente ancora colorata con i pastelli a cera fantasticava.
Nello stomaco, una calda sensazione di speranza si annodava stretta, le gambe tremavano leggermente.
Si sentiva ridicolo, intanto che i pensieri galoppavano.
Sapeva benissimo, dentro di se, che le sciocche fantasie sarebbero rimaste sempre tali, ma non riusciva a fare a meno di immaginarsi quella ormai conosciutissima persona dal volto sfocato. Quella che rideva assieme a lui, che lo ascoltava sfogarsi e piangere, quella che apriva la bocca ogni volta che terminava di salire la rampa di scale, proprio come lui; quella che lo aiutava a cercare le parole difficili sul dizionario mentre leggevano un libro, quella con cui fare tutto quello che sempre gli era stato impedito, in gran segreto.Era un pensiero infantile, il suo, di trovare un vero amico. Uno veramente interessato alla sua stanza, l'unico che avrebbe avuto oltre a lui l'accesso per quel luogo magico.
Nessuno si era mai rivelata la persona giusta, e quindi lui continuava a raccontare i suoi dubbi alle pareti della soffitta. Di loro si fidava.Strinse di più lo zaino scuro nelle spalle, mentre le iridi catturavano il verde acceso degli alberi e l'azzurro intenso del cielo, prima di tornare a perdersi nel vuoto. Nelle orecchie, soltanto il ticchettio delle scarpe contro il cemento della strada.
Poi, anche quello terminò. In un lampo bianco e nero, i suoi piedi si ritrovarono in aria.La sorpresa fu tanta da fargli battere il cuore come una campana, mentre cadeva lungo il terreno, ciottoli e sporco sulle braccia ed i vestiti, ed un ragazzo disteso pesantemente sopra di lui.
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Happy Place : Bokuaka
Fanfiction" Find a place inside where there's joy, and the joy will burn out the pain. " - Joseph Campbell.