Non era ancora finita. Le guardie cittadine erano state allertate e non potevamo più passare per le strade. Uscire dal tempio si rivelò più semplice del previsto: evidentemente non sapevano bene dove cercarci e i vari manipoli degli Scudi d'Argento erano stati sparpagliati per la città. Le guardie, però, erano in stato d'allerta. Sbirciando fuori vedemmo che stavano rastrellando la città. Azramandis disse che ritornare sui nostri passi era fuori questione, non potevamo uscire passando per il tunnel da cui eravamo venuti. Azramandis ci informò di un'uscita segreta che passava per quello che doveva essere l'area più sacra del tempio: teoricamente nessuno avrebbe potuto seguirci laggiù, dato che a nessuno era permesso entrare. Entrammo così nella sala velata: enormi tende di lino spiovevano dal soffitto altissimo, lasciando trasparire solamente una luce soffusa e smorzata, che generava una penombra quasi onnipresente; la stanza era pressoché vuota, come quella dalla quale avevamo recuperato le pergamene, con la sola differenza che lì non era presente nemmeno l'altare. Era come se, lì dentro, tutta la confusione che c'era fuori dal tempio fosse scomparsa, come se non esistesse: era come trovarsi in un altro luogo, forse addirittura in un altro tempo.
Scorsi qualcosa nelle tenebre aleggianti, un'ombra che forse poteva essere uno di quegli uomini che ci stavano cercando. Mentre gli altri tentavano di spostare un grosso blocco di pietra che celava un passaggio per andarsene, io andai a controllare. Scostai le tende e le superai, venendo abbagliato da una luce fortissima che aveva origine da qualche parte proprio di fronte a me. Quando la luce si esaurì io mi guardai attorno e vidi un corridoio davanti a me, probabilmente una via d'uscita. Mi girai per riferire agli altri la mia scoperta, ma al posto delle leggere tende di lino c'era uno spesso muro di pietra. "E' impossibile" dissi fra me e me e cominciai a tastare il muro, come per cercare inutilmente una via d'uscita. Forse ero svenuto in seguito ad un colpo alle spalle ed ero stato catturato. Ero confuso.
Sentii un rumore di passi dietro di me e mi girai di scatto: vidi una figura misteriosa muoversi velocemente, svoltando l'angolo alla fine del corridoio. Che fosse reale o meno, sentivo che non potevo restare lì, così presi a seguire i passi di quella presenza, cautamente. Il corridoio appariva sensibilmente più lungo di quel che mi aspettassi, anche se la vera sensazione era che la parete da cui ero partito si stesse allontanando. Un senso di vertigine cominciò a farsi strada nella mia testa, ingarbugliandomi lo stomaco, ma non avevo scelta: dovevo continuare ad avanzare. Non so dire dopo quanto tempo, forse anche ore, ma riuscii a raggiungere l'angolo di svolta. Incredibilmente, a circa venti passi da me, vidi ancora quella figura misteriosa. Adesso pareva essere una femmina, forse una ragazzina, che correva dietro un'altra svolta. Sembrava terrorizzata, forse proprio da me. Decisi di provare a parlare e dissi che non avevo intenzioni ostili e che volevo solamente sapere dove mi trovavo. Forse non parlava la mia lingua ed era spaventata, tant'è che prese a fuggire nuovamente da me. La seguii, sperando che conoscesse la via d'uscita. Mentre avanzavo per i corridoi, sempre regolari, mi accorsi che non solo non c'erano altre strade, ma che i corridoi componevano un quadrato, sempre uguale eppure mai lo stesso.
Mi fermai e tentai di tornare indietro, ma dove prima avevo trovato passaggio, svoltando l'angolo, ora c'era un muro impenetrabile. Udii un rumore alle mie spalle e vidi ancora quella ragazza che continuava a sfuggirmi. Decisi di dare il tutto per tutto e la inseguii correndo. Svoltato l'angolo, questa volta, mi ritrovai in una stanza enorme e spoglia, esattamente come quella da cui ero entrato e dove i miei compagni mi aspettavano. Al centro aspettava una bellissima ragazza dalla pelle olivastra, vestita di quelle stesse sottilissime tende di lino che adornavano la stanza. Non riuscii a definirne i lineamenti del viso, ma doveva essere certamente bellissima, forse una delle ninfe delle acque d'Asia. Mi avvicinai cautamente, quasi con un certo timore mentre lei, con un unico e fluido movimento soave e delicato, mi porse un calice d'argento finemente decorato, che portava scritte incise in una lingua sconosciuta e misteriosa, forse anche terribile. Quelle parole mute, infatti, instillavano in me una certa inquietudine, rendendomi tentennante e restio ad accettare il prezioso dono. "Prendi e bevi, Portatore"disse poi la ragazza dal viso celato. Ammaliato da quella voce suadente e persuasiva, mossi verso di lei quasi non fossi io a controllare il mio corpo, ma una potente e antica magia. Mentre mi avvicinavo, incantato dalla bellissima donna, un forte presentimento di pericolo incombente mi attanagliò le viscere e sentii che qualcosa, decisamente, non andava in quella situazione. Pochi passi, ormai, mi dividevano dalla ragazza, quando notai che il calice rispecchiava la mia immagine e non solo: invece della bellezza olivastra che i miei occhi vedevano, mi ritrovai a tremar dinnanzi al riflesso di una presenza terrificante, nera come la notte. Allungai velocemente la mano e scostai il velo che le celava il viso e il mio intero corpo si pietrificò quando vidi che la donna, che ancora era sinuosa e avvenente, non aveva il volto. Né occhi, né bocca né naso abitavano la faccia di quella donna misteriosa.
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L'Egida di Alessandro
Short StoryIV secolo a.C., Macedonia. Alessandro è morto e il suo impero è in frantumi: i diadochi, un tempo suoi generali, si dividono l'immenso territorio conquistato e iniziano una serie di lotte intestine, volte alla supremazia del più forte. Uno di questi...