Il coltello toccava il primo strato di pelle e mancava poco per far sì che toccasse il secondo, ma Janette, da ottima psicologa, decise di attuare un piano per far credere a Trina di essere davvero dalla sua parte.
"Ok, ok, basta. Sono disposta a farti scappare e so anche come." disse dunque la signorina Lee.
"Cioè?!"
Janette doveva fare in modo che quella donna finisse nelle mani di una guardia e poi dietro le sbarre della sua cella, di nuovo.
"Facciamo una cosa, io esco e cerco un uscita distraendo gli altri. Tu rimani qui."
Trina inizialmente ci rise sopra, poi diventò nuovamente seria.
"Se è una presa per il culo?"
"Non lo è."
"E se lo fosse?" insistette la detenuta.
"Ti dico che...."
Janette non ebbe il tempo di finire la frase, fu interrotta da Trina che, con aria di sfida, disse:
"Facciamo una cosa, se mi stai prendendo per il culo, questo coltello ti finirà sulla pancia e oltrepasserà tantissimi strati di pelle fino agli organi, giuro."
"V-va bene, insomma, va bene.."
Janette stava per morire dalla paura, ma cercava di non farlo notare per non sembrare troppo spaventata.
Voleva dimostrare di avere coraggio, così uscì dalla piccola stanza.
Nonostante le continue ripetizioni nella sua mente di rimanere calma, pensò subito alla possibilità che il coltello toccasse la sua pelle di nuovo.
Andò alla ricerca di Bryan, era l'unico che le stava vicino, solo lui poteva aiutarla alla perfezione.
Chiese in giro dove si trovasse il nuovo direttore delle guardie: era a prendere un caffè alle macchinette del primo piano.
Lo aspettò lì, al piano terra e al suo arrivo fu contenta come non mai di vedere il suo viso.
"Coleman!"
"Lee, che bello, ci rivediamo."
"Ho bisogno di te."
Bryan fece un sorrisetto nascosto e disse: "Ci conosciamo da un giorno e hai avuto bisogno di me già troppe volte, cosa ti serve adesso?"
"Scusa, mi dispiace, hai ragione, Trina Smirnov vuole scappare..."
Dopo avergli raccontato tutto nei dettagli, andarono, una da Trina per tenerla d'occhio e l'altro da almeno quattro guardie per agire velocemente e riportare la detenuta al suo posto.
Il capo era nei dintorni, sfortunatamente.
Il termine sfortunatamente, sta ad indicare il fatto che, ogni volta che incontrava una guardia o chiunque altro, iniziava a dialogare con questi.
Dunque, non sapendo che Coleman avesse fretta, lo fermò e gli chiese come stesse procedendo il suo primo giorno come direttore.
Bryan decise di dirgli il motivo per cui andava così di fretta e il signor Saint-Moore, non ci pensò due volte a rimproverarlo.
Tecnicamente era compito suo e, ovviamente, delle altre guardie, controllare le detenute e far in modo che non facciano casini, ma la situazione era sfuggita di mano.
"Vai ad avvisare gli altri e non fatela muovere da questo posto.
Mi raccomando, altrimenti darò la colpa a tutti voi, anche a quella nuova, la psicologa."
Mentre, Janette arrivò davanti la porta dello sgabuzzino, che era spalancata.
Non c'era nessuno.Trina era andata a cercare delle altre detenute, selezionate da lei in modo casuale, per scappare insieme a loro.
Scelse Hannah Brown, Elisa Smith e poi, voleva rischiare per un'altra persona, Vanessa.
Trina aveva un orientamento sessuale che non comprendeva l'attrazione per gli uomini, aveva un debole per Vanessa, non voleva lasciarla lì.
Così andò in isolamento con le altre due detenute, che le facevano da accompagnatrici, volenterose anche esse di vedere le luci della città.
Provò ad entrare, ma c'erano controlli e guardie dappertutto.
Chiese ad una guardia di darle un bigliettino da parte sua e questa, incosciente e incapace nel suo lavoro, non si tirò indietro.Sto scappando, con altre ragazze.
Trova un modo per uscire di lì e venire sul retro, noi siamo qui ad aspettarti, non vado via senza di te.
Trina.Vanessa non se lo fece ripetere e in poco tempo capì come uscire.
Il bordo del letto era tagliente, di ferro, avrebbe rischiato di farsi molto male, ma era la sua ultima preoccupazione, scappando avrebbe potuto pagare qualcuno per uccidere Meredith.
Era il modo più semplice per fare fuori quella pazza.
Allora sfregò il dito nella parte tagliente e poi fece lo stesso in tutto il braccio, provocando una fuoriuscita eccessiva di sangue.
L'unico motivo per cui le detenute avevano il permesso di uscire dalle celle di isolamento, era la salute.
Vanessa aveva il braccio ricoperto di sangue, così la fecero uscire e la portarono in infermeria.
Guardò l'orario, era quasi sera.
ll tempo in isolamento sembrava non passare mai, non c'erano finestre per vedere la luce e non ti diceva mai nessuno se era giorno o notte.
Mentre l'infermiera le medicava il braccio, la ragazza stava attenta a tutte le uscite possibili, alle probabilità di riuscita e di fallimento di questa mossa pericolosa e poco semplice.
L'infermeria era situata al piano terra, insieme ad altre stanze importanti.
Le vetrate di questa si affacciavano nella strada principale da dove spuntava la struttura del penitenziario e nel cortile di quest'ultimo.
Dal cortile era facile raggiungere il retro, doveva solo capire come uscire da lì.
Finita la medicazione, l'infermiera le stava prescrivendo delle cure per far sì che il braccio non si infezionasse, quando, cercando di non fare rumore, Vanessa aprì la finestra scorrevole e uscì in modo silenzioso, ma veloce.
Si rese conto di non poter oltrepassare facilmente il cortile, era pieno di guardie e detenute che avrebbero potuto fare la spia.
Non aveva pensato al cortile pieno di gente e tantomeno ad un'alternativa.
Così salì sul tetto.
Aveva da poco compiuto diciotto anni, ma non aveva paura di niente.
Tramite il tetto, arrivò dritta al retro e scese dalle tubature.
Una delle guardie, Diaz, l'aveva vista e stava già provvedendo per fermarla.
Dovevano sbrigarsi.
"Scappiamo." disse Hannah e così fecero, giusto in tempo, prima che le potessero fermare.
Ci stettero un po' per uscire dal penitenziario, ma alla fine ci riuscirono.
Poco lontane dai cancelli del Saint-Moore, videro davanti a loro una figura femminile robusta che già conoscevano, Meredith Lee.
Come faceva ad essere lì?
"Pensavate di evadere senza di me?"
"Vieni qui che ti ammazzo!" disse Vanessa sovrapponendo la sua voce a quella delle altre che la calmavano.
"Ragazzina, ti converrà stare ferma e zitta se non vorrai finire come tua madre."
"Cerchiamo di calmarci." disse infine Trina riuscendo a riordinare le cose.
Non avevano una macchina, né nessun altro mezzo di trasporto per andare lontano.
Un camion che traportava scatole vuote (prima contenenti cibo confezionato), si stava allontanando verso la città.
"Vanno in una fabbrica in città, saliamo."
Trina invita tutte a salire, ma Vanessa si rifiuta e rimane lì, a piedi.
Trina non l'avrebbe lasciata sola, l'aveva giurato, ma ormai era salita e il camion era partito.
"Vanessa, cazzo!" gridò.
"Fai piano o ci beccano." disse Elisa, che finora aveva solo seguito le altre senza fiatare.
Meredith era seduta accanto ad Hannah, Elisa stava sul bordo per guardare meglio la strada e Trina voleva tornare da Vanessa.
"Verrà a piedi, fidati." la tranquillizzò Hannah.
Questa donna era una delle più forti del Saint-Moore.
Era stata violentata dal marito per ben cinque anni e, quando si decise a parlarne con qualcuno, lui la minacciò di morte.
Si trovava ormai in bilico, su un filo, tra la vita e la morte.
Se avesse parlato, quell'uomo l'avrebbe distrutta, così decise di continuare a subire, ma un giorno, stanca di soffrire così tanto, prese una corda lunga e la avvolse attorno al collo di suo marito mentre la violentava, per soffocarlo.
Tentato omicidio lo chiamarono, non legittima difesa.
Aveva 39 anni, era in quel luogo da tredici mesi, eppure nessuno conosceva bene il suo volto.
Non si dice lo stesso di Elisa, rapinatrice da anni ormai.
Consapevole dei suoi errori e responsabile di qualsiasi azione per scontare più velocemente la pena, la trentenne Smith, cambiò i suoi piani e decise di scappare con le altre.
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Saint-Moore
ActionUna giovane psicologa decide di conciliare la famiglia con il lavoro, occupandosi dello stato d'animo delle detenute del Saint-Moore, penitenziario dove si trova la sorella Meredith. Gestire quelle donne in preda alla disperazione, non è facile e Ja...