"E mia sorella?"

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Avevano compiuto omicidi, rapine e reati assurdi, ma a quanto pare, non avevano avuto il coraggio di rimanere in quella casa dopo lo sparo.
Meredith era lì distesa, circondata da un lago di sangue, ma nessuna delle donne si fermò per lei, per salvare il salvabile.
Vanessa prese un panno trovato sul lavabo sporco della vecchia casa, levò le proprie impronte e gettò la pistola in terra, vicino al corpo abbandonato di Meredith.
Scapparono come scappano i bambini quando hanno paura dei mostri, correndo senza prestare attenzione al fatto che erano quasi nude e avevano ucciso una donna.
In testa avevano tantissime cose forse, ma non facevano caso nemmeno ad una di queste.
L'unica cosa su cui ragionarono per una seconda volta, giunte in un vicolo cieco nascosto, fu quella di contattare il fratello di Vanessa.
"Hai il numero di Louis? Ci serve il suo numero." Trina si rivolse alla ragazza.
Vanessa rispose e poi fece un'altra domanda: "So il suo numero, ma non so come chiamarlo, avete un telefono?"

"Devo dire che, dopo averti vista uccidere una donna, ti credevo una ragazzina molto più intelligente di così.
Pensi che se avessimo avuto un telefono saremmo ancora qui?!" replicò Hannah.
Vanessa fece una smorfia.
"Ho la soluzione."
Trina, come un capo di quel gruppo di donne che stavano facendo fin troppi errori, le portò in un bar, dove finsero di essere povere e aver bisogno di parlare al telefono.
Sembrava filare tutto liscio, fino a quando la cassiera del bar, notò qualcosa di sospetto nella canotta di Elisa, che era macchiata di sangue.
"Fermatele!"
Le donne stavano cercando di scappare, ma ormai era troppo tardi, le avevano scoperte e avevano chiamato la polizia.
Le pattuglie, insieme a Bryan e Janette, arrivarono dopo qualche minuto nel bar, dove trovarono Hannah, Trina, Elisa e Vanessa.
Le fecero salire in macchina con la forza.
La prima fu Trina, a seguire Hannah, poi Vanessa e Elisa.
Janette si guardò intorno, Meredith non c'era.
Magari era stata tanto abile e furba da non farsi scoprire.
Non fece in tempo a dirlo ai poliziotti, perché una delle detenute si lamentava e diceva di voler parlare proprio con lei, con la psicologa.
Janette non conosceva il suo volto e le chiese di aspettare fino all'arrivo nel penitenziario, dove avrebbero potuto discutere con più calma.
Ma la detenuta insistette per parlarle subito e lei, nonostante pensasse continuamente alla sorella scomparsa, accettò.
Diedero il permesso alla detenuta di scendere dall'auto e parlare con Janette, che fu accompagnata da Bryan.
Essendo una fuggitiva, non veniva presa sul serio e Bryan temeva che potesse scappare di nuovo.
Allora i tre si allontanarono dalle pattuglie e andarono a parlare dietro il bar dove si trovavano.
"So chi sei." disse la detenuta.
"Bene, ma io non so chi sei tu.." ribadì Janette confusa.
"Mi chiamo Elisa Smith, sono al Saint-Moore per aver rapinato un negozio di gioielli e non mi pento di niente che riguardi le mie azioni, tranne di ciò che ho fatto oggi.
Non fraintendete, non mi pento di essere scappata, quel posto è un inferno e starci per tanto tempo fa impazzire.
Mi pento di non aver fatto la cosa giusta..."
"Strano, detto da una detenuta."
Bryan intervenne e Janette gli fece cenno di tacere, poi disse: "Senti, siete scappate, avete sbagliato e adesso vi prolungheranno la pena da scontare, ma ti prego, non cercare di ingannarmi, perché non funzionerà di nuovo."
Elisa prese fiato per continuare a far uscire parole dalla sua bocca, ma la psicologa non le permise neanche quella volta di parlare: "Sono scesa da quella fottuta macchina perché vì avevano beccate. Avevano beccato te, quella bastarda di Smirnov, Gilbert e Brown.
E mia sorella?...
Mia sorella Meredith dove cazzo è?!"
La detenuta questa volta riuscì a sovrastare la voce di Janette, che solitamente non parlava tanto, ma era infuriata.
Disse: "Signorina Lee, sono scesa da quella macchina con lo scopo di dirle che so che lei è la sorella di Meredith e che credo che stiamo perdendo solamente tempo.
C'è bisogno di un'ambulanza, si tratta di una ferita d'arma da fuoco..."
"Cosa stai dicendo? Portatemi da lei!"
Bryan cercò di farla calmare, ma anche chi di mestiere fa la psicologa può perdere il controllo della situazione e Janette l'aveva completamente perso.
"Calmati, ti prego. Hanno appena chiamato l'ambulanza e adesso Smith ci porta da lei, d'accordo?!" disse l'uomo.
Ma lei non ascoltava nessuno, sembrava come essersi bloccata ed essere finita in un altro luogo, da sola.
Le parlavano per farla tranquillizzare, ma aveva lo sguardo fermo e il mascara colato sugli zigomi fino alla bocca, semichiusa per lo stupore della notizia.

Erano giunti davanti alla casa, Janette corse dentro e Bryan la raggiunse.
Elisa rimase all'entrata, a guardare il sangue scuro che percorreva le cunette delle mattonelle sul pavimento.
L'uomo provò a fermarla, ma la giovane psicologa si buttò sopra il corpo seminudo della sorella.
Si sporcò fino ai capelli, ma non le importava.
Era concentrata a piangere e guardare ogni dettaglio del volto di Meredith, ripensando a tutta la loro infanzia, l'unico periodo che vissero con tranquillità.
Aveva la canottiera completamente rossa, più scura dalla parte del petto, dove si intravedeva la pallottola sprofondata nella sua pelle.
La giovane si alzò con le mani piene di sangue, le asciugò sui suoi vestiti sporchi e si rivolse alla detenuta singhiozzando: "Chi l'ha uccisa?
Te ne prego, voglio sapere il nome e il cognome dell'assassina di mia sorella."
"Vanessa Gilbert."
Janette non rimase sconvolta più di tanto, poteva immaginare che fosse stata lei, ma non voleva credere che una ragazzina appena maggiorenne potesse essere in grado di prendere in mano una pistola e addirittura uccidere qualcuno.
Vanessa ci era riuscita, l'aveva colpita dritto dove lei aveva colpito sua madre, nella parte sinistra al di sopra del cuore.
Si era vendicata per bene: non avrebbe mai riavuto sua madre, ma si sentiva meglio al pensiero di aver avuto giustizia per lei.
Nessuno sapeva però, che era stato tutto inutile.
Meredith aveva perso la vita con un colpo d'arma da fuoco che avrebbe ucciso chiunque, era stata lasciata lì per almeno un ora, sola, a perdere tutto il sangue che aveva nel corpo fino a morire dal dolore, eppure lei, non aveva ucciso nessuno.

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