3: Chi è Lisbona?

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Aveva appena finito di preparare il suo letto, sotto quello della donna di nome "zule", quando all'improvviso una sirena risuonò in tutto il carcere.

- E' ora della cena, gente! Forza, novellina, seguici, ti mostreremo il fantastico ristorante stellato dove mangerai per i prossimi mesi della tua vita! - esclamò la ragazza di nome Vargas, prendendosi gioco di lei.

Era la prima volta che una delle due le rivolgeva la parola, non le avevano ancora parlato da quando aveva messo piede in quella cella. Aveva però scoperto, sentendole conversare tra loro, che la donna sul letto si chiamava Zulema e la ragazza più giovane Saray.

- Smettila di chiamarmi novellina - replicò Raquél, tombale.

Saray rise, mentre Zulema si tirò a sedere sul letto (non si era più mossa dopo la conversazione con la guardia carceraria), improvvisamente incuriosita da quella conversazione.

- Beh, sentiamo allora. Come dovrei chiamarti? - la sbeffeggiò Saray.

- Non chiamarmi, è meglio. -

Saray rimase un momento interdetta, mentre Zulema scoppiò a ridere dall'alto. Raquél si voltò verso di lei, osservandola, ma non osò aggiungere altro.

- Eddai, non iniziamo subito con il piede sbagliato! Dovremo convivere per molto tempo, non credo sia una buona idea litigare subito, no? - le disse Saray, mettendole un braccio attorno alle spalle in segno di pace.

- Puoi chiamarmi Lisbona, se proprio vuoi chiamarmi. -

- Lisbona?! Che nome è Lisbona!? -

- Allora, dov'è questo fantastico ristorante stellato? Mi hanno arrestata ieri sera, sono evasa e mi hanno riarrestata questa mattina. Inizio ad avere davvero fame - tagliò corto Raquél.

- Sai, inizi già a piacermi, novellina! - le disse Saray, ma quando Raquél la fulminò con lo sguardo si corresse immediatamente - Lisbona, volevo dire, Lisbona! - aggiunse ridacchiando ed alzando le mani in segno di colpevolezza.

Le fece strada in corridoio ed entrambe si avviarono verso la mensa.

Zulema scese dal letto e le seguì, rimanendo in disparte. Quella donna appena arrivata l'aveva incuriosita non poco. Inoltre, il suo volto le era sembrato familiare non appena l'aveva vista entrare nella cella, per questo non si era opposta. Ed anche quel nome, "Lisbona", non le suonava per nulla nuovo. Ma ancora non era riuscita a ricordare dove l'avesse già vista. Si riservò, a tempo debito, di indagare più a fondo, anche se ormai non le interessava più granché delle nuove detenute. La maggior parte delle sue compagne era stata scarcerata per buona condotta, era rimasta solamente Saray, che doveva scontare ancora qualche mese e poi sarebbe stata anch'essa libera. Piano piano era rimasta sola. Anche se in realtà, si sentiva sola da molto più tempo, ormai. Da quando Fatima era caduta dall'elicottero. "Caduta", certo. Non avrebbe mai saputo la verità, e non era nemmeno sicura di volerla sapere. Ma da quel giorno, non era più stata la stessa. Niente più rivolte, niente più evasioni. La vita aveva perso valore per lei. La libertà aveva perso valore, per quanto paradossale potesse essere. La cosa a cui teneva di più al mondo non poteva competere con il lutto per sua figlia. Così, aveva iniziato a passare le giornate fissando il soffitto, smettendo di fabbricare piani di evasione, cercare di diventare la regina del carcere e costruire armi letali con oggetti circostanziali. Era diventata una detenuta qualunque. Ma per la prima volta, dopo tanto tempo, quella "novellina", che aveva deciso di farsi chiamare Lisbona, era riuscita ad risvegliare la sua attenzione.

Nella mensa vigeva un baccano terribile. Detenute che urlavano, litigavano, ridevano, si lanciavano il cibo. Raquél si fece servire una misera cucchiaiata di quella che aveva l'aria di essere purea, ma che poteva benissimo essere tutt'altro, e si andò a sedere in un tavolo libero in fondo alla stanza. Non voleva problemi. Il processo non aveva ancora avuto luogo e non sapeva quanto tempo avrebbe dovuto scontare in quel posto. Ad ogni modo, attirare l'attenzione il meno possibile era il suo obiettivo principale. Le brutte ceffe che popolavano la mensa non sembravano esattamente persone raccomandabili e se per sfortuna qualcuno l'avesse riconosciuta, sarebbe stato ancora peggio. I telegiornali avevano parlato molto di lei durante la rapina alla zecca ed anche negli ultimi giorni, durante quella alla banca.

A mi me van a recordarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora