18: La bugia

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- Fatima. Si chiamava Fatima. - disse Zulema, spezzando un silenzio durato ore. 

Raquél non rispose, capendo le stava per rivelare qualcosa di sé. Qualcosa di molto importante. Di molto doloroso, forse. 

- Me la portarono via appena nata. Non l'ho vista crescere, non l'ho vista diventare donna. Sono tornata a trovarla una volta, aveva 6 anni. E' stato uno dei momenti più dolorosi della mia vita. Fino a qualche mese fa. Quando me l'hanno strappata di nuovo. Per sempre, questa volta. -

Rimasero in silenzio per qualche minuto, poi Zulema riprese. 

- In realtà, Fatima è il nome che gli ha dato mia madre, non era il suo vero nome. Nell'ultima lettera che mi ha lasciato, ha detto che l'avrebbe resa felice sapere quale nome le avessi dato. Non ho mai avuto l'occasione di risponderle. - la sua voce si ruppe pronunciando quelle parole. 

- Come si chiamava? - mormorò Raquél, capendo che Zulema avesse bisogno di esperire quel dolore. 

- Lana. - 

- E' un bel nome. - sorrise Raquél. 

- Ho ucciso il figlio di puttana che me l'ha portata via e che le ha inflitto delle enormi sofferenze davanti ai miei occhi. Ma non è bastato a cancellare il dolore. - 

- Mi dispiace... - 

- Non voglio la tua compassione. Questa non è una stupida confessione in un momento di debolezza. - tagliò corto Zulema. 

Raquél rimase interdetta, senza parole. 

- Ti sto dicendo questo perché so che Sierra cercherà di colpirti in tutti i modi. E cercherà di farlo anche attraverso tua madre e tua figlia. Non dargli il permesso di farlo, mai. E' un male troppo grande da sopportare. Proteggi la tua famiglia a costo della tua vita, perché l'alternativa è essere divorata dal dolore. E' un consiglio, te lo devo. - 

- Non mi devi niente, Zulema. - 

- Ti devo il fatto di essere entrata in quella fottuta cella. Sarei ancora sdraiata a fissare il soffitto se non fossi arrivata. - 

Raquél non seppe cosa rispondere. Immaginava che quelle parole fossero molto difficili da pronunciare per Zulema e capì quanta importanza avessero. 

Era quasi l'alba quando l'elicottero iniziò a scendere in quota. Entrambe si erano addormentate, stremate da quegli ultimi giorni terribili e dalle ferite non ancora guarite. Si svegliarono a causa del frastuono che il vento dell'elica produceva nello scuotere gli alberi sottostanti. Si guardarono intorno, erano in mezzo ad una foresta, il sole stava sorgendo all'orizzonte ed il cielo era dipinto di sfumature rosee. Inspirarono profondamente, assaporando quei primi momenti di libertà. Finalmente sembrava reale. Finalmente, a chilometri di distanza da Cruz del Norte e da Sierra, si concessero la speranza che questa volta fosse finita davvero.

La cassa metallica fu delicatamente posata a terra, mentre l'elicottero atterrava a qualche metro di distanza. Raquél non poté credere ai suoi occhi nel vedere Sérgio in attesa, proprio davanti a lei. Non seppe resistere, gli corse incontro, gli saltò al collo e lo strinse con tutte le forze che aveva. 

- Credevo che non ti avrei più rivisto... - 

- E' tutto finito, Raquél... - le sussurrò lui. Le era mancata da morire. Il suo profumo, la sua fragilità, il suo tocco. Aveva creduto di poter crollare senza di lei al suo fianco, ma, in qualche modo, aveva trovato la forza per andare avanti e tirarla fuori. Le prese il viso tra le mani e le accarezzò la testa, scostandole i capelli. Trasalì nel vedere l'enorme solco disegnato sul suo zigomo, ma cercò di nasconderlo. Non era il momento. Ora bisognava tenere d'occhio Zulema, che, nel frattempo, era uscita dalla cassa e si stiracchiava come se nulla fosse. C'era solo lui nella foresta, insieme a Marsiglia, che scese dall'elicottero. Fece cenno a Raquél di non muoversi e si diresse verso la donna che tanto aveva odiato durante quelle settimane. 

A mi me van a recordarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora