1 Monocromo

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So che le labbra delle ragazze sono rosse, molto più rosse di quelle maschili

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So che le labbra delle ragazze sono rosse, molto più rosse di quelle maschili.

E sono morbide.

Una delle cose più morbide che esistano.

Mia nonna si è sempre arrabbiata quando, da piccolo, le chiedevo com'era baciare il nonno

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Mia nonna si è sempre arrabbiata quando, da piccolo, le chiedevo com'era baciare il nonno.

«Sei un pervertito» diceva, e ci credeva veramente, anche se ero solo un ragazzino.

«Si dice "curioso"» specificavo con l'aria saccente, non capendo appieno il significato del termine da lei usato.

«Pervertito» ribadiva, e non ammetteva replica.

«Riordina questo schifo» concludeva così il discorso ogni volta, alludendo al caos che regnava solenne nella mia celletta a ogni minuto del giorno.

«Riordina questo schifo» dice ancora oggi, indicando col palmo aperto le cartacce, i vestiti e le lattine di coca sparsi ovunque. Almeno è coerente, se proprio vogliamo trovarle un pregio. Fissa poi un punto preciso, pensierosa. «Non ricordavo che il tappeto fosse colorato. Quando l'ho comprato non era grigio?» si gratta il mento mentre resta in contemplazione, immobile, come se fosse di vitale importanza ricordare la tinta originale.

«Grigio come la tua anima, nonna» la fisso serio, mentre lei stringe gli occhi e ricambia la mia frecciatina con un sorriso tirato, la fronte le si stropiccia in tante piccole rughe, poi mi dà le spalle e cerca di chiudere il discorso.

«Rimetti in ordine, è l'ultima volta che te lo dico» si rialza la mascherina e la sistema coprendosi metà volto, e lasciando solo i suoi freddi occhi grigi a guardarmi. Persino la sua mascherina è dello stesso colore.

Se il trambusto che c'è nella mia cella la infastidisce così tanto, perché viene a trovarmi? Si sente responsabile nei miei confronti? La sua coscienza la condanna per aver trasferito la sua celletta lontana dalla mia?

Si lamentava del fatto che da quando non c'è più il nonno era troppo grande per lei, costretta da allora a vivere da sola. Inoltre diceva che ogni angolo le ricordava il marito e la faceva soffrire. La verità è che odia stare sola, ma rinuncerebbe persino alla necessità impellente di compagnia pur di non avermi fra i piedi.

Ho sempre pensato che volesse solo allontanarsi da me, per non vedermi più, per dimenticarsi di quanto io la faccia vergognare. Non sono il nipote che ha sempre sognato di avere, quello che tutti gli altri hanno, e di cui si vantano.

«Sei la pecora nera della C.A.S.A!»

Mi ripete tutte le volte che la vedo. Me l'ha detto così tante volte che ormai ho smesso di starci male. Tutte le sue parole nei miei confronti sono taglienti, ma ormai non mi procurano alcuna cicatrice.

«Spero che tu abbia smesso di fare quella cosa» continua infatti, come sempre sotto forma di rimprovero, senza spostare di un centimetro gli occhi dal tappeto. «Lo sai che la regola numero dieci-».

«Lo so» la interrompo. «Basta ripetere le solite cose come se fossi ancora un bambino!» la mia voce si altera involontariamente. Avevo deciso di non arrabbiarmi più con lei, ma a quanto pare è più difficile di quanto pensassi.

«Ok, fingerò di crederti» e dà uno sguardo in giro per vedere se dovesse esserci traccia di uno qualsiasi dei miei attrezzi. «Ma se sarai così sfacciato da usare ancora pennelli e colori, allora mi vedrò costretta a-».

«A chiamare il presidente in persona» termino per lei la frase. «Nonna, per favore! Me lo dici ogni volta».

«Bene. Visto che lo sai, posso andare» si dirige verso l'uscita, dopo aver aperto qualche cassetto e aver perlustrato gli scaffali.

«Nonna... Credi che avrò mai una ragazza?» dico tutto d'un fiato. Lei si blocca e si gira di nuovo a guardarmi. Sbuffa e solleva gli occhi al cielo in un movimento che risulta meccanico. Sarà la millesima volta che glielo chiedo, ma non è colpa mia se non mi piace la sua risposta e continuo a sperare che cambi.

«No», ripete invece com'è sua abitudine. Inizio a crederci per davvero che sia un robot e che qualcuno le abbia impiantato delle impostazioni ben specifiche. «E se pure dovessi trovarla, sai benissimo che-».

«Sì, lo so» abbasso la testa fingendomi rassegnato.

«Ripulisci tutto» ripete ancora, fino a darmi la nausea.

Adesso voglio solo che esca e mi lasci solo. Sono le 8 pm, ma non è l'ora di pulire la mia stanza.

 Sono le 8 pm, ma non è l'ora di pulire la mia stanza

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È l'ora di entrare in write↭me.

Love is a virusDove le storie prendono vita. Scoprilo ora