03. Richiesta di perdono

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➴➴➴

𝐀𝐑𝐓𝐇𝐔𝐑


Guardavo Charlotte da ormai diversi minuti.

Mi ero incantato ad osservare i suoi movimenti delicati ed eleganti, perdendo così la cognizione nel tempo.

Le osservai i vestiti e poco dopo mi ricordai della promessa che le avevo fatto in macchina. Quel pomeriggio saremmo dovuti andare a fare shopping e io, quindi, avrei dovuto saltare gli allenamenti, ma Ashley non ancora era a conoscenza di questa mia scelta presa all'ultimo minuto. Quando una volta marinai gli allenamenti in palestra, mi ci fece passare il doppio delle ore. Dire che a fine giornata fui stremato, era dire poco. Non avevo potuto neanche mangiare la barretta di cioccolata che avevo nel mobiletto della mia cucina, perché lo aveva nascosto di proposito.

Allungai la mano verso la tazza, continuando a fissare Charlotte, quando ad un certo punto sentii un pizzicore sulla mano e una sua imprecazione.

Mi irrigidii subito, sia per il dolore che per l'imprecazione.

«Arthur, quante volte ti devo dire che devo fare la foto prima che tu possa cominciare a mangiare?» mi chiese, tornando a prendere la giusta angolazione per la foto.

In effetti me lo aveva detto molte volte, ma anche io le avevo detto tante volte di non imprecare.

«Amore?»

«Mh»

«Potresti evitare di dire parolacce? Almeno quando ci sono io». La guardai, ma lei non alzò lo sguardo verso di me, lo tenne basso sul telefono e non mi ascoltò.

Forse sto esagerando?

Passati un paio di secondi la guardai, cercando i suoi occhi. «Posso iniziare?».

Non mi resi conto che, osservandola, avessi messo la mano nell'inquadratura della foto.

Me ne fece rendere conto lei. Mi trucidò con lo sguardo.

«Leva quelle mani dal tavolo», sibilò lei, a denti stretti.

L'ascoltai e le misi sotto le mie cosce, mentre mi guardavo intorno nella speranza che il tempo passasse più velocemente e che lei riuscisse a fare una foto che le piacesse.

«Lotty», la chiamai dopo qualche minuto.

«Stai zitto»

Riprovai. «Lotty, amore, mi guardi?»

Alzò gli occhi verso di me, senza mai allontanare la testa dalla sua posizione. «Che vuoi, Arthur?»

«Non puoi mettere la foto di ieri? Tanto prendiamo sempre le stesse cose, è una colazione come le altre, no?».

Charlotte mi guardò come se avessi appena detto la cosa più orribile del mondo.

«Non ti rispondo neanche», disse con un tono di voce stizzito. Vidi l'ennesimo flash di quella mattinata. «Ora puoi bere il tuo tè», pronunciò tranquillamente dopo svariati secondi che mi erano sembrati un'eternità.

Poggiai i gomiti sul tavolo e mi ritrovai ad osservarla, continuava ad avere il telefono in mano. Non avrebbe finito per ora, quindi misi il mento sul palmo della mia mano e iniziai a girare la zolla di zucchero che avevo messo in precedenza all'interno della tazza, prima che Charlotte se ne accorgesse.

Il vapore che usciva dalla tazza era diminuito, rispetto a quando me l'avevano. Ciò significava che si fosse raffreddato e non mi piaceva particolarmente quando non era così bollente da pelarti la lingua al primo sorso.

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