#3 Desolation isn't for isolation

31 4 0
                                    

La luce soffusa della zona bar a provocarmi immediata stanchezza nel tentativo di mantenere le palpebre ripiegate. Credo inoltre di avere qualche occhiaia... gli eventi dell'ultimo periodo mi stanno portando ad un'estrema confusione, credo questa notte sia riuscito a dormire a mala pena cinque ore.

Si può parlare di "notti" nello spazio?
Credo i miei amici sulla Terra mi deriderebbero per questa mia, ancora, curiosità, eppure nemmeno loro sono certo abbiano la risposta.

Qui, il Sole non arriva; il calore espulso oltre le atmosfere dei pianeti vicini ー per mano delle molecole di Carbonio prodotte ー e grazie alle industrie nucleari presso i satelliti ー è stata un'idea astuta quella di non abusare, nell'immediato, di tutte le capacità territoriali dei pianeti.
A conti fatti, anche la loro stessa crosta, i loro componenti finiscono per raggiungere deturpati le ere successive, all'intrapresa del loro sfruttamento. Abusare di una terra, immettendoci un'industria, significa necessariamente condannare il suo territorio alla perdita d'utilità.

Un terreno inutile equivale alla perdita di un pianeta.
Le zolle che abbiamo a disposizione sono scarse, sfruttare le conoscenze della biochimica è stato necessario.

Mio nonno mi racconta spesso del suo passato... i suoi genitori hanno vissuto la versione più rovinata della Terra, le sue parti trattate e sfruttate al massimo possibile dall'uomo.
Mi chiedo ora, se la mia casa madre rischi ancora il pericolo scampato solo quarant'anni fa.

Non è ancora passato nemmeno un secolo... mi domando se quando potrò avere anch'io miei nipoti, avrò modo di raccontargli di un bel pianeta, non perché ormai assente, decomposto, ma per i ricordi. D'altronde, sono loro stessi a rendere maggiore riconoscenza di bellezza... quindi la Terra com'era, davvero, se mio nonno parlava d'essa disgustato?

«Amico, posso dirti comunque che... non ti crede nessuno?» Con lo sguardo fisso verso il mio boccale di birra, sono giunto a perdere la mia attenzione verso ellissi senza sentiero. La voce del barman a distogliermi, stupendomi d'improvviso.

Storco il volto, posiziono obliquamente le sue linee di posizione e raggiungo il concerno evidente nel viso del castano di fronte a me. «È così evidente?»

«Direi, amico!» Sorride mostrando trenta denti, prima di perdere il controllo dei lunghi ciuffi di capelli ai lati del suo volto. Ridendo, perde lo scomposto controllo della folta quanto sottile capigliatura.

«Ehm... sono venuto qui con degli amici.» «Mh.» Mi fa cenno di avanzare col discorso, mentre arriva un'ordinazione alle mie spalle, da parte di una voce femminile.
Il castano prende a preparare la nuova ordinazione, continuando a mantenere l'attenzione del proprio sguardo sul sottoscritto.

«... Viaggiando per la galassia, non era una tappa obbligatoria ma, alla fine, eccoci qui! - » Riprendo sfoggiando un'espressione vagamente allegra. « - Abbiamo... scoperto un mio amico avesse organizzato l'incontro per un appuntamento in questo locale, quindi abbiamo sfruttato l'occasione per allontanarci anche dal lavoro.»

Si sfrega una tempia con uno dei propri tentacoli, prima di catturare il mento fra le dita di una propria mano. «E sei deluso per questo?»

Lo guardo confuso, il mio volto a distendersi.

«Ah, scusa... intendevo, credi potrebbe essere una ragione del tuo attuale malumore, il fatto che tu sia qui a bere birra da solo mentre il tuo amico è con la sua ragazza?»

Non lo so.

«Non è la sua ragazza.» Arcua un sopracciglio. «Ed allora, perché essere gelosi?» Pronuncia con nonchalance, quasi come provare un qualche genere di sentimento di gelosia od invidia nei confronti del proprio migliore amico sia effettivamente accettabile.

«Okay, allora... possibile che ci sia anche qualcos'altro? Forse la birra che hai ordinato è per attuare una qualche sostituzione o cosa, in vista di una mancanza che nemmeno tu stesso sembri riconoscere d'avere!»

Dovrei farlo conoscere a mia nonna... sulla Terra c'è sempre stata la considerazione di baristi e barman come fossero coniugati a qualche ramo della psicanalisi!

Non vedendomi ancora certo, perde le speranze. «Va bene... io ci ho provato!» Tira un gomito in alto e così anche parte del numero dei propri tentacoli rosati, in tacito segno di resa. Fa un passo indietro e socchiude gli occhi, prima di raggiungere una ragazza al bancone e sorridere anche a lei, per distanziarsi.

So che siamo solo degli sconosciuti a noi stessi, ma è possibile che abbia ragione? Sto realmente rattristandomi perché in attesa inconscia di qualcosa?

Sospiro, prima di ritornare a circondare la gabbia presso cui è contenuta la mia birra.

La placca vitrea appellata, colma di compositure, incisioni e ridondanti composizioni tridimensionali ー un gioco continuo per le falangi a contatto. La superficie ormai resa calda dall'afosità di un tale locale, serale, così vivo.

Un improvviso fischio a raggiungermi.
Un ubriaco?

L'atto svolto a poca distanza, prima di pormi a scoprire il suo proprietario. Mi scopro voltarmi all'udire il mio nome richiamato per mano del timbro vocale più scuro che conosco.

«Bic!»

Inverto la mia posizione sullo sgabello, facendolo rotare per metà e ritrovandomi faccia a faccia con Frank.

Ragionandoci meglio, con la canzone in sottofondo, sarebbe stato altrimenti più difficile vedermi distogliermi dalla mia solitaria bevuta. L'incontro con la forte birra terrestre disciolto.

Sorrido all'istante, riconoscendo lacrime di sudore pendere oltre la piangente cute. La capigliatura composta di poco prima, ora evidentemente fastidiosa. «Ciao... hai caldo?» Provo con un cenno del capo, facendogli capire la mia domanda all'istante. Annuisce, prima di riaprir bocca.

«Sì. Senti, Cesare ormai è tornato a Shuttle Q venticinque-e... ti va di uscire?»

«Vuoi fare una passeggiata?» Lo guardo confuso.

«Qualcosa del genere.»

Sorrido istintivamente, prima di prendere un ultimo sorso dal boccale ordinato e sollevandomi in piedi dalla mia seduta.

Richiamo l'attenzione del barman di poco fa, per rendergli il pagamento.

Vedendo la nuova compagnia al mio fianco, istintivamente mi rende un occhiolino.

Non... non è come pensi!

...Ha... sicuramente frainteso! Q-qualunque sia il modo in cui l'ha fatto!

Arrossisco, mentre sento Frank domandare per una bottiglia di birra, per portarla con sé ora che usciamo.

«Oh, uhm, scusa se te lo chiedo ora ma... qual è il tuo nome?»

Sorride divertito per il mio improvviso, percepibile, disagio, prima d'aprir bocca. Pronuncia il proprio nome per poi donare sia a me che a Frank una, forte, stretta di mano. «Fe₫erico , piacere.»

N. d'a.
Informazione di servizio!

Ho inserito spiegazioni riguardo i termini, inventati, usati, all'interno di una raccolta pubblica sulla mia pagina!

Per gli interessati, col tempo vi inserirò anche appunti riguardo come Space Visitors ha raggiunto le sue condizioni contemporanee.

Spero inoltre sia apparsa carina la citazione, (spoiler) inutile per la trama, alla fine dei conti.

...Se il personaggio piace, potrei anche giocarci di più, forse.

Space Visitors | NicolasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora